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  • Mercoledì 15 maggio 2024

La lettera dei genitori della giovane carabiniera suicida a Firenze

Beatrice Belcuore frequentava il secondo dei tre anni di corso della Scuola Marescialli: secondo la sua famiglia mostrava «forte stress psicofisico» per le dure regole imposte agli allievi

La facciata della Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri a Firenze
La Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri a Firenze, il 24 settembre 2016 (ANSA/MAURIZIO DEGL INNOCENTI)
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Il sindacato dei carabinieri Unarma ha pubblicato sul proprio sito una lettera della famiglia della carabiniera di 25 anni che, lo scorso 22 aprile, si è suicidata con la pistola d’ordinanza all’interno della Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri di Firenze. La lettera elenca alcune delle regole molto severe imposte agli allievi della scuola, e descrive come fossero fonte di disagio per la carabiniera, Beatrice Belcuore, che frequentava il secondo dei tre anni di corso previsti dalla formazione nella Scuola Marescialli e Brigadieri. I genitori di Belcuore dicono di aver condiviso il racconto «con la speranza che si possa fare seriamente luce sul fenomeno suicidario che coinvolge uomini e donne in uniforme». Tra le altre cose hanno ricordato un altro suicidio avvenuto nella Scuola nel 2017.

Secondo la lettera, nei giorni precedenti alla morte, la carabiniera mostrava «sintomi attribuibili a una condizione di forte stress psicofisico». Ad esempio, aveva detto a sua madre di stare perdendo i capelli: «Doveva necessariamente tenere i capelli raccolti, tirati al punto che li stava perdendo, anche per andare in piscina». Diceva anche di faticare a sottostare alle regole della scuola che riguardavano ogni aspetto della quotidianità, compreso il tipo di scarpe da indossare. Uno dei messaggi scritti dalla carabiniera ai genitori diceva: «Le ragazze NON possono indossare stivaletti tipo Dottor Martens [sic] o Timberland durante le libere uscite». Aveva anche detto che frequentare la scuola le stava «rovinando la vita».

All’interno della lettera è raccontato anche un episodio in cui era stato coinvolto il padre della carabiniera, a sua volta brigadiere dei Carabinieri. Nell’ottobre dell’anno scorso Belcuore si era ammalata di Covid, e sebbene avesse la febbre e altri sintomi era comunque tenuta a partecipare all’adunata mattutina delle 6:15. Suo padre aveva telefonato per chiedere spiegazioni in merito all’ufficiale comandante di plotone della figlia, che si era risentito e aveva detto ai propri superiori di essere stato importunato e aggredito. Successivamente il padre di Belcuore aveva ricevuto una telefonata dall’ufficiale comandante della compagnia che gli aveva detto che «in qualità di subalterno non doveva permettersi di chiamare la scuola e che avrebbe dovuto rispettare la scala gerarchica».

Quando poi il padre di Belcuore aveva scritto un’email di scuse per chiudere la vicenda, l’ufficiale comandante della compagnia gli aveva risposto dicendo tra le altre cose che gli ufficiali della scuola facevano «di tutto per far star bene i giovani allievi».

La lettera dei genitori di Belcuore dice anche che la morte della carabiniera è stata comunicata al padre al telefono, mentre «si trovava in auto», e che in generale gli ufficiali della scuola non hanno avuto «la capacità di manifestare empatia nei confronti della famiglia».

Quando i genitori di Beatrice sono giunti alla Scuola, mentre la madre riferiva tra le lacrime al Generale Comandante che Beatrice ultimamente era molto stressata e che stava perdendo i capelli, costui, oltre a ribadire nuovamente che nella scuola c’erano più di “X” allievi, gli rispondeva che anche le altre allieve perdevano i capelli. […]

Se a una mamma che piange disperata la morte della propria unica figlia le viene risposto che anche le altre hanno le stesse difficoltà e non trova minime parole di conforto o semplicemente di sostegno, come potrà trovarle anche altrove? Quale Maresciallo vogliamo sulle strade? Tra la gente? Quale umanità
stiamo coltivando?

Nella conclusione della lettera i genitori di Belcuore dicono che le forze dell’ordine «hanno il dovere di interrogarsi continuamente sullo stato di salute mentale del proprio personale» e «di guardare negli occhi gli uomini e le donne in uniforme, ancor prima di guardare il grado che indossano».

Belcuore non ha lasciato lettere o altri messaggi prima di uccidersi. Il sindacato Unarma ha diffuso la lettera della sua famiglia dicendo di voler favorire l’adozione di «misure efficaci volte a garantire il benessere psicologico e la salute mentale di tutti i suoi membri». Il comando generale dei Carabinieri non ha risposto alla lettera. Il comandante della Scuola Marescialli e Brigadieri, il generale Pietro Oresta, ha solo parlato di «profonda disperazione per la morte di questa giovane carabiniera», riporta il Corriere Fiorentino.

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Dove chiedere aiuto
Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 02 2327 2327 oppure via internet da qui, tutti i giorni dalle 10 alle 24.
Puoi anche chiamare l’associazione Samaritans al numero 06 77208977, tutti i giorni dalle 13 alle 22.