Le violente proteste degli indipendentisti in Nuova Caledonia
Nel territorio francese del Pacifico hanno saccheggiato negozi e bruciato veicoli, contestando una riforma costituzionale che potrebbe diminuire il peso politico delle popolazioni indigene: in risposta è stato imposto il coprifuoco
Martedì in Nuova Caledonia, territorio francese in Oceania, è stato dichiarato il coprifuoco notturno, il divieto di ogni incontro pubblico e la chiusura delle scuole e dell’aeroporto. La decisione è stata presa dall’Alto commissario della Repubblica, una sorta di prefetto locale, dopo le grandi proteste avvenute nella notte fra lunedì e martedì, con automobili date alle fiamme e negozi saccheggiati. Le proteste sono iniziate per contestare la riforma costituzionale in discussione in Francia che dovrebbe ampliare l’accesso al voto nell’arcipelago: secondo il fronte indipendentista, con la nuova legge verrebbe diminuito il peso politico della popolazione indigena Kanak.
La Nuova Caledonia è un arcipelago che fa parte della Melanesia, una delle regioni dell’Oceania, e si trova circa 1.500 chilometri a est dall’Australia. È un territorio piccolo, con una superficie totale inferiore a quella della Sardegna e con meno di 300mila abitanti, ma è da sempre al centro di forti tensioni e rivalità tra paesi stranieri, oltre che tra fazioni politiche e gruppi etnici interni al territorio. La Nuova Caledonia fa parte della Francia dal 1853 e ha votato dal 2018 al 2021 tre referendum per decidere se diventare indipendente, tutti vinti da chi voleva restare nella Francia. L’esito dell’ultimo referendum non è stato accettato dagli indigeni Kanak, che lo boicottarono perché si svolse durante la pandemia da coronavirus.
I referendum erano frutto di un accordo trovato nel 1998 per una riforma dello status dell’arcipelago: dopo l’esito del terzo e ultimo referendum il presidente francese Emmanuel Macron aveva confermato di voler riformare le regole di voto e l’ordinamento della Nuova Caledonia, anche per riaffermare l’importanza del territorio per la Francia. Nella regione del Pacifico sono in corso tentativi da parte della Cina e degli Stati Uniti per consolidare o aumentare le proprie influenze.
La riforma in discussione al Senato prevede fra le altre cose l’estensione del diritto di voto, attraverso la revisione delle liste elettorali per le elezioni provinciali (quelle che definiscono il governo locale), che sono rimaste bloccate al 1998. La legge inizialmente prevedeva che potesse votare chi risiede nell’arcipelago da almeno dieci anni, ma nel 2007, in vista di una riforma costituzionale, il presidente Jacques Chirac escluse chiunque non risiedesse sull’isola da almeno dieci anni nel 1998 (quindi chi non risiedesse sull’isola dal 1988), in virtù di precedenti accordi con esponenti dei Kanak.
Quella modifica è rimasta in vigore e, secondo il governo, ciò fa sì che circa un quinto dei residenti in Nuova Caledonia sia privato del diritto di voto. Gli indipendentisti ritengono invece che concedere il voto ai nuovi residenti, per lo più provenienti dalla Francia, sia un modo per aumentare il sostegno politico dei rappresentanti pro-Francia.
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Per protestare contro questa riforma lunedì sera alcuni gruppi di persone, per lo più giovani mascherati o incappucciati, hanno preso d’assalto negozi e vari edifici, fra cui concessionari di auto e un’azienda di imbottigliamento. Circa una trentina di negozi è stata assaltata, mentre i pompieri hanno dovuto rispondere a 1.500 chiamate e hanno dovuto spegnere circa 200 incendi, soprattutto di veicoli. I disordini maggiori sono stati a Nouméa, la città principale. Ci sono stati anche scontri con la polizia, con 36 arresti e 30 poliziotti feriti.
Le misure restrittive resteranno in vigore inizialmente fino alle 6 di mattina di mercoledì, mentre le discussioni parlamentari sulla riforma sono state rinviate: il voto decisivo doveva essere martedì, ma lunedì il dibattito si è prolungato e non è stato concluso a causa di un gran numero di emendamenti presentati dal partito di sinistra La France insoumise, accusato da alcuni esponenti della maggioranza di fare ostruzionismo.