Altre due persone sono indagate per la morte dei cinque operai a Casteldaccia, vicino a Palermo

Parenti degli operai morti a Casteldaccia, sul luogo dell'incidente
Parenti degli operai morti a Casteldaccia, sul luogo dell'incidente (ANSA/IGOR PETYX)

Altre due persone sono indagate con l’accusa di omicidio colposo plurimo per l’incidente sul lavoro avvenuto il 6 maggio scorso a Casteldaccia, in provincia di Palermo, in cui sono morti cinque operai: Epifanio Assazia, 71 anni, Ignazio Giordano, 57 anni, Giuseppe Miraglia, 47 anni, Roberto Raneri, 51 anni, e Giuseppe La Barbera, 26 anni.

Gli operai facevano parte di una squadra di nove persone impegnate in un intervento di manutenzione di alcuni tombini intasati, che ostruivano un tratto della rete fognaria. Uno dopo l’altro si erano calati in una “stanza” dell’impianto fognario, dove sono morti a causa dell’inalazione di idrogeno solforato (o più correttamente solfuro di idrogeno), un gas tossico e infiammabile che in concentrazioni elevate provoca irritazioni alle vie respiratorie.

Inizialmente la procura di Termini Imerese aveva indagato solo Nicolò Di Salvo, il titolare di Quadrifoglio Group, l’azienda per cui lavoravano quattro dei cinque operai morti e che operava in subappalto per conto di Tek Infrastrutture, che aveva ottenuto l’appalto per la manutenzione delle fognature da AMAP, l’Azienda municipalizzata acquedotto di Palermo che gestisce le reti idriche e fognarie della città. Ora sono indagati anche Gaetano Rotolo, direttore dei lavori del cantiere e responsabile della sicurezza di AMAP, e Giovanni Anselmo, amministratore unico di Tek Infrastrutture.

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