Il battaglione israeliano 8219, che distrugge case ed edifici nella Striscia di Gaza
Ne ha fatti esplodere più di 600 dall'inizio della guerra, senza dare specifiche giustificazioni: il sito investigativo Bellingcat ha ricostruito le esplosioni analizzando i video celebrativi pubblicati dai soldati israeliani sui social
La guerra condotta da Israele nella Striscia di Gaza dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre ha finora ucciso oltre 34mila palestinesi. Ha anche portato alla distruzione di grandi parti della Striscia: case, palazzi, scuole, moschee e ogni altro tipo di edificio pubblico o privato sono stati bombardati, fatti esplodere o distrutti con i bulldozer dall’esercito israeliano. I leader militari hanno perseguito l’obiettivo di «distruggere Hamas», i suoi tunnel e le sue strutture militari procedendo alla distruzione di interi quartieri, senza fornire giustificazioni o motivazioni, se non generiche.
Nell’esercito israeliano ci sono alcune unità specializzate nella distruzione delle «infrastrutture del nemico», battaglioni di ingegneria militare, che nella denominazione italiana chiameremmo di “genio militare”: uno di questi, il Commando 8219 (della 98ª Divisione dell’esercito), è stato particolarmente attivo a Gaza. I suoi membri hanno frequentemente postato online video, foto e descrizioni dei loro movimenti e delle loro operazioni. Un capitano del battaglione ha tenuto una sorta di diario su Facebook: questa attività online ha fornito molte più informazioni sulle attività di demolizione e distruzione delle infrastrutture di Gaza rispetto ai comunicati ufficiali.
Il sito di giornalismo investigativo Bellingcat, in collaborazione con il canale televisivo Scripps News, ha analizzato video, immagini satellitari, post dei soldati e comunicazioni ufficiali per ricostruire l’attività del battaglione 8219 fra novembre e gennaio. Secondo le ricostruzioni, confermate da video e dichiarazioni di membri del gruppo, in 84 giorni avrebbe distrutto, oltre a 49 tunnel, più di 660 edifici. Lo stesso capitano nel suo diario online ha scritto che un ufficiale gli ha detto che «non esistono precedenti di un’attività del genere» nella storia dell’esercito israeliano.
Il battaglione 8219 ha cominciato le sue attività nel nord di Gaza: i soldati hanno spesso documentato le esplosioni controllate con video celebrativi. In una singola operazione sono stati distrutti 34 condomini residenziali da 7-10 piani, dopo che in un’abitazione erano stati ritrovati dei razzi. Non è mai stato spiegato perché il ritrovamento avrebbe dovuto causare una distruzione così generalizzata: in seguito è diventata sistematica anche in altre zone.
In un’altra operazione di inizio dicembre l’obiettivo è stata la moschea Alislah, nonostante gli edifici religiosi abbiano un particolare status, protetto dal diritto internazionale.
In seguito il battaglione si è spostato nella città di confine di Khuza’a, a sud-est di Khan Yunis: in questo caso le distruzioni generalizzate sono state giustificate con la necessità di creare una zona “cuscinetto” prima del confine con Israele. A gennaio la stessa unità militare è stata responsabile della distruzione di un intero quartiere di Khan Yunis, utilizzando oltre 400 cariche di esplosivo.
Secondo il diritto internazionale, ogni distruzione di edifici civili dovrebbe essere formalmente giustificata e motivata. Questo non è accaduto nell’attuale guerra. I leader militari israeliani si sono limitati a descrivere le operazioni come necessarie a «distruggere infrastrutture terroristiche nascoste in mezzo ad aree civili» e a garantire la sicurezza dei cittadini israeliani in futuro.
Nei post dei soldati emergono talvolta volontà di vendetta per gli attacchi del 7 ottobre («Distruggiamo la città degli assassini»), la convinzione che ogni mezzo sia giustificato («Ogni casa, ogni scuola, ogni chiesa è stata usata per fini terroristici»), motivazioni religiose («Celebriamo lo shabbat», cioè il giorno sacro per le persone di religione ebraica, il sabato) e un generale compiacimento, sottolineato da brindisi, battute e sorrisi durante le esplosioni. Il capitano del battaglione di cui Bellingcat riporta il diario il 28 dicembre ha scritto: «Abbiamo sviluppato una dipendenza dalle esplosioni».
Da un punto di vista militare la distruzione totale di interi quartieri potrebbe avere la funzione di evitare che gli edifici di superficie nascondano ingressi dei tunnel o infrastrutture utilizzabili da Hamas. In molti casi però le case, le scuole e le moschee fatte esplodere erano totalmente vuote, già perlustrate e in parte già danneggiate.
Utilizzando le immagini satellitari, organismi di indagine indipendenti hanno stimato che oltre il 50 per cento degli edifici di Gaza sia stato distrutto o danneggiato: si tratta di oltre 70.000 abitazioni. Al momento gli sfollati nella Striscia sono 1,7 milioni, su una popolazione totale di 2,1 milioni: la stragrande maggioranza è quindi rimasta senza casa.
La diffusa e indiscriminata distruzione di infrastrutture nella Striscia di Gaza è un possibile crimine di guerra, secondo molti osservatori internazionali. Il professor Balakrishnan Rajagopal, relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto a un alloggio adeguato e professore di diritto e sviluppo presso il Massachusetts Institute of Technology, ha sostenuto che rientrerebbe nella casistica “volontà di rendere un luogo inabitabile”, indicata appunto fra i crimini di guerra. L’ONU ha definito la distruzione sistematica delle abitazioni dei palestinesi “domicidio”. Per l’ampiezza dei danni alle infrastrutture, per i palestinesi sarà molto difficile tornare ad abitare nel nord di Gaza, anche dopo la fine della guerra.
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