Giovanni Toti è accusato anche di aver falsificato i dati del Covid
Insieme al suo capo di gabinetto Matteo Cozzani, il presidente della Liguria avrebbe gonfiato i numeri trasmessi alla struttura commissariale per avere più vaccini
C’è un altro reato di cui è accusato il presidente della Liguria Giovanni Toti, agli arresti domiciliari da martedì scorso su richiesta della procura di Genova per un’estesa indagine su tangenti in cambio di favori ad alcuni imprenditori. A Toti è stato contestato il reato di falso perché avrebbe manipolato i dati della sorveglianza epidemiologica della pandemia di Covid per ottenere più vaccini. La procura ha formulato l’accusa sulla base delle intercettazioni di telefonate e conversazioni nell’ufficio del suo capo di gabinetto, Matteo Cozzani, anche lui agli arresti domiciliari.
Dagli atti dell’inchiesta e dal contenuto delle intercettazioni non è chiaro quali dati sarebbero stati manipolati. In una telefonata Cozzani parlava dei dati relativi ai contagi, in altre dei dati sulle coperture vaccinali per fascia d’età, cioè la percentuale di persone vaccinate sul totale degli abitanti in Liguria. In entrambi i casi l’obiettivo era ottenere più vaccini dalla struttura commissariale, che nella primavera del 2021 gestiva la distribuzione delle dosi alle regioni.
All’epoca in Liguria, come in altre regioni, ci furono proteste per le lunghe code ai centri vaccinali: da poche settimane la campagna vaccinale era stata estesa da alcune categorie a tutta la popolazione, e in pochi giorni decine di migliaia di persone si presentarono per ricevere la prima dose. C’erano tre tipi di vaccino – AstraZeneca, Pfizer e Moderna – e la struttura commissariale poteva inviarne alle regioni quantità limitate, inferiori rispetto alle richieste.
In un colloquio con Maurizio Caviglia, segretario generale della Camera di commercio della Regione Liguria, Matteo Cozzani raccontò un’incomprensione avuta con Toti proprio sull’invio dei dati alla struttura commissariale, necessari per stabilire il fabbisogno di vaccini. Dal dialogo emerge una gestione quantomeno opaca di quei dati. «Devono darci i vaccini. Il problema qual è stato: che io avevo già truccato, lui li ha presi e li ha riaumentati. Quando me li ha rimandati, ho guardato e gli ho scritto: “ma cazzo pres, ma sono fuori”. Ha detto: “Ma no, li ho un po’ aumentati”. “Ma l’avevo già fatto io”, gli ho detto. “E cazzo, dimmelo che l’hai già fatto te, aspetto un secondo”».
Pochi minuti prima di questo dialogo tra Cozzani e Caviglia, gli investigatori avevano intercettato una telefonata tra Cozzani, Filippo Ansaldi, all’epoca dirigente dell’azienda sanitaria ligure (ALISA) che sarebbe diventato direttore generale pochi mesi dopo, e Barbara Rebesco, dirigente dell’azienda sanitaria. Ansaldi chiese ironicamente a Cozzani di inviargli i dati delle coperture vaccinali «stimati con tanta sagacia e precisione». Cozzani rispose che i dati erano stati calcolati «con un sistema statistico abbastanza – diciamo – definito. Perché Toti li ha voluti in dieci minuti. Se vuoi te lo enuncia anche qual è il modello: a c…».
In un’altra telefonata Rebesco avvertiva Cozzani e Ansaldi dei controlli fatti dalla struttura commissariale, che chiese conto all’azienda sanitaria ligure di alcune incongruenze proprio sui dati. Rebesco dice che «uno scagnozzo» del generale Francesco Figliuolo, a capo della struttura commissariale per l’emergenza Covid, aveva detto che la Regione Liguria aveva mandato dati non allineati rispetto a quelli inviati in precedenza. «Dobbiamo solo, diciamo un attimo, riconciliare perché qui era un militare, cioè ci ha rotto parecchio le palle», disse Rebesco al telefono.
Secondo gli investigatori la Regione trasmetteva questi dati attraverso canali informali, o comunque non tracciati, per cui è complicato risalire agli atti per dimostrare il falso. Inoltre, i funzionari della struttura commissariale hanno chiarito che i dati utilizzati per distribuire la quota di vaccini alle regioni seguivano altri criteri rispetto ai contagi o alle coperture vaccinali. Per questo i magistrati potrebbero chiedere l’archiviazione per il reato di falso, non prima di aver chiesto informazioni a Toti e Cozzani durante eventuali interrogatori.
Un’altra parte dell’inchiesta, sempre legata alla sanità, riguarda i finanziamenti di alcune strutture sanitarie private ai comitati elettorali di Toti. Gli investigatori hanno chiesto di fare approfondimenti su alcuni contributi ricevuti da aziende che gestiscono strutture private convenzionate, cioè che garantiscono servizi al pubblico attraverso una convenzione gestita dalla Regione Liguria; nei primi quattro mesi dell’anno la Regione ha finanziato esami e visite nelle strutture private per 50 milioni di euro. La Guardia di Finanza che si occupa delle indagini dovrà verificare se tutti i finanziamenti siano stati fatti in modo regolare. La dinamica ipotizzata è simile a quella che sarebbe avvenuta con gli altri imprenditori dell’area portuale e dei supermercati: finanziamenti ai comitati elettorali in cambio di favori e agevolazioni, in questo caso sovvenzioni alla sanità privata.
Un’altra accusa riguarda le forniture di mascherine durante l’emergenza Covid. Gli investigatori, ha scritto l’agenzia Ansa, hanno scoperto una presunta frode da un milione e 200mila euro sulle forniture sanitarie, in particolare le mascherine, molto difficili da trovare nei primi mesi dell’epidemia. Nel frattempo in settimana il giudice per le indagini preliminari (gip) inizierà gli interrogatori alle persone coinvolte nell’inchiesta.
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