Storia di una tassa che c’è dal 2019 ma non c’è
La “sugar tax” fu introdotta dal secondo governo Conte, ma la sua applicazione è stata rinviata sei volte: ora il ministro Giorgetti vuole farla entrare in vigore davvero e nel governo si litiga
Dal dicembre del 2019 in Italia esistono due tasse che non vengono applicate, nel senso che sono previste dalle leggi ma vengono puntualmente rinviate. In quasi quattro anni e mezzo, l’effettiva applicazione della plastic tax e della sugar tax è stata posticipata sei volte: e fin dall’inizio queste misure, e le scelte intorno alla loro entrata in vigore, sono state accompagnate da lunghe polemiche politiche, nelle quali a distanza di un po’ di tempo alcuni partiti assumono posizioni contraddittorie o addirittura opposte a quelle sostenute in precedenza.
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha deciso ora di rinviare pienamente solo una delle due tasse, per due anni: quindi la plastic tax, cioè quella che riguarda gli imballaggi monouso non compostabili per i prodotti alimentari, verrà applicata non prima del primo luglio 2026. Quanto alla sugar tax, invece, cioè l’imposta sul consumo di bevande analcoliche zuccherate, la volontà di Giorgetti è di farla entrare in vigore già il primo luglio di quest’anno in forma ridotta per due anni. Poi verrà applicata integralmente, dal primo luglio 2026 insieme alla plastic tax.
L’intenzione di Giorgetti si è palesata nella tarda serata di venerdì scorso, quando il ministero dell’Economia ha inviato alla commissione Finanze del Senato alcuni emendamenti voluti dal governo al cosiddetto decreto “Superbonus”, in discussione proprio in quella commissione. Ne è derivata una polemica tra Giorgetti, che è anche vicesegretario della Lega, e il ministro degli Esteri Antonio Tajani, segretario di Forza Italia, che si è detto fermamente contrario all’entrata in vigore della sugar tax. Nello scambio di critiche tra i due ciascuno ha accusato l’altro di non rispettare gli impegni precedentemente assunti. La verità è che un po’ tutti i partiti della destra, sulla sugar tax, non sono stati particolarmente coerenti.
La sugar tax, così come la plastic tax, fu introdotta dal governo PD-Movimento 5 Stelle guidato da Giuseppe Conte nel dicembre 2019 con la legge di bilancio, il provvedimento con cui si definiscono le politiche economiche per l’anno seguente. I partiti ne discussero da subito in maniera molto animata: quelli di destra, all’opposizione, erano fermamente contrari, mentre quelli della maggioranza erano comunque poco convinti: Italia Viva di Matteo Renzi contestò apertamente queste nuove tasse, una grossa parte del Partito Democratico manifestò perplessità, e alla fine anche il Movimento 5 Stelle, che ne era stato il principale fautore, convenne per un’entrata in vigore ritardata.
Secondo la retorica adottata dal Movimento 5 Stelle e da una parte del PD all’epoca, le due tasse erano state presentate come misure pensate non soltanto per aumentare gli introiti statali, ma anche per favorire comportamenti più virtuosi da parte di aziende e consumatori. Da un lato, con la plastic tax, si colpivano le imprese che utilizzavano imballaggi non compostabili, dunque più inquinanti, con l’obiettivo di incentivare pratiche più ecologiche. Dall’altro, la tassa sulle bibite zuccherate doveva favorire stili di vita più sani.
Ma si capì subito che l’applicazione di entrambe sarebbe stata difficile, e che introdurle in tempi rapidi avrebbe creato grossi problemi alle aziende coinvolte, che non avrebbero avuto il tempo di modificare le loro consolidate abitudini produttive e commerciali. Inoltre, molte importanti aziende del settore degli imballaggi hanno la loro sede in Emilia-Romagna, dove il 26 gennaio del 2020 erano previste importanti elezioni regionali. Anche per questo, di fronte alle proteste delle imprese e degli amministratori locali del PD, alla fine il governo decise di ridurre l’impatto della plastic tax e rinviarla fino al luglio del 2020. Allo stesso tempo, venne posticipata fino a ottobre del 2020 l’introduzione della sugar tax.
La sugar tax prevede un’aliquota unica di 10 centesimi al litro e si applica ai produttori di bevande con più di 25 grammi di zucchero al litro: una soglia entro la quale rientrano tutte le principali bibite analcoliche (gassate e non) in commercio. La sugar tax riguarda anche le bibite solubili, cioè i preparati in polvere che vanno poi disciolti in acqua prima di essere bevuti: in questo caso, per tutti i prodotti con oltre 125 grammi di zucchero al chilo, l’aliquota è di 25 centesimi al chilo. Secondo le stime fatte nel 2019 dal governo guidato da Conte, la tassa avrebbe garantito introiti per circa 275 milioni di euro all’anno.
Nel maggio del 2020, però, tra le misure per il sostegno all’economia durante la pandemia di Covid contenute nel cosiddetto decreto “Rilancio”, venne approvata anche la prima proroga: la sugar tax, così come la plastic tax, sarebbe entrata in vigore dal primo gennaio 2021. Nella legge di bilancio approvata a dicembre di quell’anno il termine fu ulteriormente posticipato al primo gennaio 2022. Poi fu il governo guidato da Mario Draghi a rinviare due volte l’introduzione delle due tasse.
Giorgia Meloni, che le aveva criticate molto duramente definendole «un imbroglio» e accusandole di indurre il trasferimento all’estero di aziende e stabilimenti coinvolti come la Coca-Cola, arrivò al governo nell’ottobre del 2022. Decise subito di rinviare le due tasse, come avevano fatto i suoi predecessori: ne rimandò l’introduzione al primo gennaio del 2024, ma con l’obiettivo dichiarato di abolirle nel giro di un anno. Nella legge di bilancio del dicembre del 2023, però, anziché eliminarle, il governo si limitò a ritardarle di nuovo, prevedendone l’introduzione effettiva nel luglio del 2024. Arriviamo quindi alla scadenza su cui in questi giorni sta litigando il governo.
L’emendamento scritto dal governo al decreto Superbonus, infatti, conferma l’introduzione della sugar tax a partire dal luglio di quest’anno, prevedendo però che fino al 2026 la tassa si applichi con aliquote dimezzate: 5 centesimi di euro al litro per le bevande zuccherate e 13 centesimi al chilo per i prodotti solubili contenenti zucchero oltre i limiti stabiliti. Tajani e Forza Italia contestano questa scelta, minacciando di non votare al Senato l’emendamento del governo di cui fanno parte, e annunciando possibili ulteriori correzioni al testo del provvedimento.
Giorgetti ha ricordato come la proroga al luglio 2024 fosse stata votata da tutti i partiti di destra nell’ultima legge di bilancio, e dunque l’emendamento del governo non fa che confermare quella data per quanto riguarda la sugar tax. Tajani ha ribattuto dicendo che il parlamento aveva impegnato il governo a ritardare ulteriormente. «La Camera con il parere favorevole del governo ha approvato un ordine del giorno per rinviare di un paio di anni la sugar tax», ha detto lunedì il ministro degli Esteri in un’intervista al Corriere della Sera.
Tajani si riferisce agli ordini del giorno – cioè pronunciamenti non vincolanti con cui il parlamento suggerisce al governo di fare o non fare alcune cose – connessi all’ultima legge di bilancio. Ma il suo ricordo non è preciso. Gli ordini del giorno, approvati nella seduta del 29 dicembre, furono due: uno di Forza Italia e l’altro di Fratelli d’Italia, sostanzialmente uguali. Impegnavano il governo «a valutare l’opportunità [dunque non obbligavano in alcun modo il governo, ndr] di predisporre i necessari interventi normativi per risolvere lo stato di incertezza derivante dai continui rinvii dell’imposta». Una formulazione piuttosto vaga, anche perché il governo, prima di dare il proprio parere favorevole affinché la maggioranza votasse gli ordini del giorno, aveva imposto una modifica. Forza Italia e Fratelli d’Italia chiedevano che le modifiche alla norma avvenissero «nel prossimo provvedimento utile»; il ministero dell’Economia aveva fatto rimuovere questo inciso, rendendo dunque il tutto ancora più fumoso.
#Salvini: se qualcuno crede di salvare i bilanci dello Stato tassando le bibite zuccherate ha evidentemente dei problemi.
📺 #QuartaRepubblica @QRepubblica pic.twitter.com/y6aXrehClu— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) October 14, 2019
Il ministero dell’Economia ora spiega che la fermezza di Giorgetti nel voler introdurre, sia pure in versione dimezzata, la sugar tax ha anche a che vedere con le esigenze di tenere in ordine i conti pubblici: l’introduzione della tassa garantirebbe alle casse dello Stato circa 139 milioni di euro nel 2024 e 288 nel 2025. I funzionari del ministero si dicono disposti a rinunciare a questa misura, purché Forza Italia trovi un’analoga copertura, così da non causare ammanchi nel bilancio dello Stato.
Peraltro questa intransigenza di Giorgetti, in linea con la condotta adottata fin dall’inizio del suo mandato, contraddice le dichiarazioni fatte negli anni da Matteo Salvini, leader del partito di Giorgetti, a proposito della sugar tax. «Se qualcuno crede di salvare i bilanci dello Stato tassando le bibite zuccherate ha evidentemente dei problemi», disse Salvini nell’ottobre del 2019.