Israele è tornato ad attaccare il campo profughi di Jabalia, nel nord della Striscia di Gaza
Da cui si era ritirato lo scorso febbraio: l'esercito israeliano dice che Hamas lo starebbe di nuovo usando come base operativa
L’esercito israeliano ha avviato un’operazione militare nel campo profughi di Jabalia, nel nord della Striscia di Gaza, da cui si era ritirato lo scorso febbraio dopo mesi di bombardamenti. Ci sono notizie di persone civili uccise e ferite, anche se al momento è difficile capire quante, e di molte che stanno scappando dalle proprie case. Quello di Jabalia è il più grande campo profughi della Striscia di Gaza e prima della guerra ci vivevano più di 100mila persone: non è chiaro quante ce ne siano adesso, ma dopo averlo bombardato nel fine settimana l’esercito israeliano aveva ordinato l’evacuazione di 100-150mila persone, e poi tra domenica e lunedì è entrato con i carri armati.
Al contrario di quello che potrebbe far pensare la definizione, i campi profughi palestinesi non hanno tende e baracche ma assomigliano piuttosto a città con strade ed edifici, anche se fatiscenti e senza molte infrastrutture di base: si chiamano così perché nacquero decenni fa come temporanei, ma sono ormai diventati insediamenti permanenti. Buona parte di quello di Jabalia in ogni caso è distrutta per via degli attacchi israeliani dei mesi scorsi, compiuti nel contesto dell’invasione della Striscia di Gaza iniziata da Israele dopo il violento attacco del gruppo radicale palestinese Hamas in territorio israeliano del 7 ottobre 2023.
Al momento le informazioni su quello che sta succedendo all’interno del campo sono piuttosto confuse: domenica l’esercito israeliano aveva solo detto di aver iniziato un’operazione militare a Jabalia, motivandola con informazioni d’intelligence secondo cui Hamas starebbe tentando di allestire nuove infrastrutture in quella zona: la presenza di infrastrutture di Hamas nel campo era la motivazione citata anche per gli attacchi dei mesi scorsi, avvenuti nonostante nel campo vivessero moltissimi civili. Oltre a questa spiegazione Israele non ha aggiunto altro sull’operazione in corso.
Non ci sono nemmeno dati precisi su quante persone siano state uccise e ferite: il personale medico delle ambulanze che lavora nella Striscia ha detto ai media palestinesi che nei bombardamenti del fine settimana sarebbero state uccise almeno 20 persone e che decine sarebbero state ferite.
Negli ultimi giorni l’esercito israeliano aveva ripreso anche i bombardamenti e gli attacchi di artiglieria nel distretto di Zeitoun, nella città di Gaza, anche in questo caso nel nord della Striscia, dopo mesi in cui il grosso degli attacchi si era concentrato al sud.
A Jabalia, dopo i bombardamenti, l’esercito israeliano è entrato all’interno del campo profughi, ha circondato le aree residenziali e secondo l’agenzia di stampa Safa, legata ad Hamas, si è scontrato con alcuni gruppi di miliziani armati nella zona del mercato, dove si trovano anche diverse scuole gestite dalle Nazioni Unite che dall’inizio della guerra sono usate come rifugi da molti civili.
L’arrivo dei carri armati israeliani ha spinto moltissime persone a scappare frettolosamente dalle proprie case e a cercare di andarsene dal campo profughi con sacchi e valigie.
Il campo profughi di Jabalia si trova circa 4 chilometri a nord della città di Gaza: è molto densamente popolato e ha un’estensione di 1,4 chilometri quadrati. Come altri campi profughi palestinesi fu creato nel 1948, anno della fondazione dello stato d’Israele, ricordato dai palestinesi come la nakba, la catastrofe, per via della distruzione di decine di villaggi palestinesi e dell’esodo forzato di moltissimi civili dalle proprie abitazioni.
Prima dell’inizio della guerra nel campo profughi di Jabalia c’erano 32 strutture gestite dell’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di fornire assistenza umanitaria ai profughi palestinesi: 26 scuole, un centro di distribuzione per il cibo, due centri medici, una biblioteca e sette pozzi per l’acqua. Ora molti di questi edifici sono distrutti.