A Tbilisi, in Georgia, decine di migliaia di persone hanno protestato contro la proposta di legge sui cosiddetti “agenti stranieri”

(AP Photo/Zurab Tsertsvadze)
(AP Photo/Zurab Tsertsvadze)

Domenica a Tbilisi, la capitale della Georgia, decine di migliaia di persone hanno protestato contro la proposta di legge del governo sui cosiddetti “agenti stranieri”.

È una proposta di legge presentata dal governo guidato dal partito populista Sogno Georgiano, e modellata su una legge simile in vigore da anni in Russia, che il regime di Vladimir Putin ha usato per far chiudere media indipendenti, ong e associazioni della società civile. Prevede che i media e le ong che ricevono almeno il 20 per cento dei propri fondi dall’estero debbano registrarsi come entità che «perseguono gli interessi di una potenza straniera»: è la stessa legge, con lievi modifiche, che era stata proposta poco più di un anno fa e poi ritirata dopo grandi proteste popolari.

Già un anno fa l’opposizione riteneva che la sua approvazione favorisse una svolta autoritaria simile a quella portata avanti dal presidente Vladimir Putin in Russia: oggi come allora uno dei principali slogan della protesta è infatti “No alla legge russa”. Una volta identificati come “agenti stranieri” media e ong possono essere soggetti a controlli specifici e a limitazioni nei finanziamenti, nelle loro attività e in generale delle libertà democratiche. In Russia la definizione di “agenti stranieri” è stata strumentale per una progressiva introduzione di leggi e regolamenti sempre più repressivi.

Lunedì è in programma la terza lettura della legge nel parlamento georgiano, quella definitiva. In Georgia, per poter essere approvata, una legge deve passare attraverso tre “letture” nel parlamento unicamerale del paese: semplificando, con la prima lettura la proposta di legge viene introdotta e presentata ai deputati e alle deputate; la seconda lettura è un passaggio perlopiù cerimoniale che avviene quando la proposta di legge è ancora sotto esame della commissione competente; con la terza lettura la proposta di legge viene dibattuta in parlamento e poi votata.

La presidente del paese, Salomé Zourabichvili, è fortemente contraria alla proposta e ha già annunciato che userà il potere di veto se la legge verrà approvata in terza lettura. La presidente ha però un ruolo perlopiù cerimoniale, e il potere di veto le permette solo di posticipare l’entrata in vigore della legge: la maggioranza di governo ha infatti abbastanza voti per respingere il veto e far approvare ugualmente la legge.

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