A Modena per la destra sarà molto difficile vincere, anche stavolta
La città è stata amministrata per 79 anni dal centrosinistra: Fratelli d'Italia prova a rompere la tradizione con un candidato civico, il cui lavoro principale è nell'agenzia funebre gestita da suo padre
Luca Negrini, il candidato della destra alle amministrative di Modena, non nega che sarà difficile vincere dopo 79 anni di governo di centrosinistra e dopo gli ultimi dieci da sindaco di Gian Carlo Muzzarelli, del Partito Democratico: «Ma non è impossibile». Tra gli esponenti di Fratelli d’Italia, il partito di cui Negrini è leader locale, in vista delle elezioni comunali dell’8 e del 9 giugno ha ripreso a circolare la mappa che mostra la suddivisione dell’Emilia-Romagna nelle varie province per colore politico, forse per scaramanzia o come gesto motivazionale. Michele Barcaiuolo, senatore e coordinatore regionale del partito di Giorgia Meloni, ha messo l’immagine come copertina sulla sua pagina Facebook, per ricordare che alle elezioni politiche del 2022 solo Bologna e Reggio Emilia furono vinte dal centrosinistra. Nella regione “rossa” per eccellenza, il resto è tutto “blu”.
Al di là dell’entusiasmo di circostanza, gli stessi esponenti di Fratelli d’Italia ammettono che l’obiettivo è proibitivo. Alle politiche il collegio uninominale della Camera di Modena, dove Partito Democratico e Alleanza Verdi e Sinistra avevano candidato il sindacalista Aboubakar Soumahoro, venne vinto a sorpresa dalla candidata di Fratelli d’Italia Daniela Dondi, presidente dell’ordine provinciale degli avvocati, conosciutissima in città. Ma il collegio di Modena comprendeva anche i comuni intorno al capoluogo, e il centrosinistra era diviso in tre. Nel solo comune di Modena, 185mila abitanti, PD e Verdi presero comunque il 12% in più della coalizione di destra.
Per la destra vincere nel modenese non è più un tabù. Nel 2016 vinse clamorosamente a Finale Emilia. Tre anni più tardi andarono alla destra anche San Felice sul Panaro e Mirandola, e soprattutto Sassuolo. L’8 e il 9 giugno si voterà in 34 dei 47 comuni della provincia, «in un’elezione che potrebbe forse ridisegnare un po’ la geografia politica della zona», dice Michele Barcaiuolo. Oltre che su Modena punta sulla vicina Carpi, anche quella rimasta sempre a sinistra, dove la candidata della destra è sua moglie Annalisa Arletti. Ma un conto è la provincia, un conto è la città.
Alle regionali del gennaio 2020 i comuni della “bassa”, come viene chiamata la pianura a Modena, e quelli dell’Appennino votarono in larga parte a destra. Erano le elezioni in cui sembrava che Matteo Salvini stesse per dare «la spallata» al governo guidato dal PD e dal Movimento 5 Stelle, e che invece portarono alla conferma del presidente uscente Stefano Bonaccini. Nonostante il buon risultato nelle zone intorno, però, nel comune di Modena Bonaccini quasi doppiò l’avversaria leghista Lucia Borgonzoni, e resta anche alle prossime amministrative «il fortino rosso da espugnare», come lo chiamano in Fratelli d’Italia.
Inoltre stavolta la sinistra è compatta: “campo larghissimo”, come si dice in questi casi, cioè che va dal Movimento 5 Stelle a Italia Viva, da Verdi e Sinistra di Nicola Fratoianni fino ad Azione di Carlo Calenda, col PD nel mezzo a tenere insieme i pezzi: un compito che secondo Barcaiuolo non sarà facile. «Per esempio sui temi ecologici, o sulle infrastrutture da realizzare tipo la bretella autostradale da Campogalliano a Sassuolo, come è possibile conciliare le visioni dei verdi e dei grillini con quelle dei renziani?», dice.
Massimo Mezzetti, il candidato scelto dal centrosinistra, non è d’accordo, anche perché «averla messa insieme, questa coalizione, è stato più facile del previsto». Mezzetti si fa vanto di quel che per i suoi avversari di destra è una colpa: non essere espressione di alcun partito, di essere «più a sinistra del PD». «Proprio il fatto di non avere tessere di partito in tasca, al contrario, mi ha permesso di agire più autonomamente nella costruzione delle alleanze, soprattutto col Movimento». Così il M5S, che è stato all’opposizione della giunta Muzzarelli negli ultimi cinque anni, si è progressivamente lasciato convincere a entrare in coalizione.
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C’è poi una critica che riguarda invece le sue origini. Nacque a Roma nel 1962, e lì è rimasto fino al 1989, quando si trasferì a Modena seguendo sua moglie sposata due anni prima, che voleva tornare nella città d’origine. La sua carriera politica è iniziata un po’ casualmente. «Il segretario regionale della FGCI, la Federazione dei giovani comunisti italiani, Danilo Zacchiroli, era stato improvvisamente chiamato per la leva militare, e Pietro Folena, che dirigeva la giovanile del PCI, mi chiese di sostituirlo». Doveva essere questione di qualche mese. «Invece l’incarico s’è prolungato più del previsto».
Con l’attuale sindaco uscente, Muzzarelli, Mezzetti si trovò a confrontarsi nel 2001. «Congresso provinciale dei DS, i Democratici di Sinistra», ricorda. «Un congresso cruento. Lo persi per 8 voti, ma con una relazione che ancora oggi la gente si ricorda, e a volte mi chiedono di condividerla perché era stata in un certo senso profetica nel descrivere come la sinistra si stesse lasciando condizionare da certi potentati economici locali». All’epoca però non venne granché apprezzata, Mezzetti nel partito rimase un po’ isolato. Rifiutò di aderire al PD e nel 2010 scelse invece Sinistra Ecologia Libertà (SEL) di Nichi Vendola, dove rimase fino al 2017. «Da lì in poi, nessun nuovo partito».
Forse anche perché si definisce un «eretico» e si rifiuta di seguire qualsiasi leader – inclusa l’attuale segretaria del PD, Elly Schlein – la sua candidatura non era scontata, anzi. Il più accreditato all’inizio sembrava Andrea Bortolamasi, assessore alla Cultura; poi c’era l’ipotesi di Giulio Guerzoni, capo di gabinetto di Muzzarelli, che aveva fatto un accordo con un’altra possibile candidata, l’assessora alle Politiche economiche Ludovica Carla Ferrari. Alla fine a metà gennaio i dirigenti del PD locale, riuniti nella sala della polisportiva San Faustino, hanno scelto Mezzetti.
Mezzetti ha qualche esperienza da amministratore: fu assessore comunale negli anni Novanta, poi per dieci anni assessore regionale alla Cultura, prima con Vasco Errani e poi con Stefano Bonaccini. Dal 2020 fa il consulente per eventi e pianificazione culturale.
La cultura in effetti è uno dei temi su cui punta di più, non solo lui, ma anche il suo avversario di Fratelli d’Italia, Negrini. Entrambi i candidati dicono di aver raggiunto «un’intesa tra gentiluomini» per un «confronto sui fatti concreti», per usare le parole di Mezzetti. Anche Negrini parla di «una campagna elettorale civile», ma aggiunge che «il fatto che anche loro, a sinistra, riconoscano alcune difficoltà, significa che l’amministrazione Muzzarelli qualche bel problema alla città lo ha lasciato». Su tutti, forse il più sentito è la gestione dei rifiuti, che anche secondo Mezzetti non è andata come avrebbe dovuto. Tuttavia per Negrini il problema più grave della città sarebbe la sicurezza.
Un anno fa, coi suoi compagni di Fratelli d’Italia, ha realizzato persino quella che Fratelli d’Italia ha chiamato “mappa del degrado”, consultabile sul sito del partito. Sulla mappa gli episodi di spaccio di stupefacenti sono indicati con un’icona di una mano e delle pillole, mentre per segnalare gli “allarmi” relativi a quartieri dove c’è prostituzione è stato messo un simbolo di gambe accavallate con tacchi e calze a rete. La fonte di questa mappa sono articoli di siti e giornali locali come ModenaToday e la Gazzetta di Modena, ma anche altri meno noti, come Gaiaitalia.com. Non è chiaro che logica abbiano utilizzato per sceglierli e catalogarli, e in base a quali criteri (una mappa simile si potrebbe fare probabilmente per quasi ogni città d’Italia).
«In generale è la decadenza della città che ci preoccupa», dice Barcaiuolo. «Nella cultura Ferrara conta ben più di noi; sull’agroalimentare, nonostante le nostre tante eccellenze, siamo stati superati da Parma nell’immaginario collettivo; sui trasporti, la scelta di far passare l’alta velocità da Reggio Emilia ci ha tagliato fuori dalla direttrice più importante». La campagna elettorale si concentrerà soprattutto su questo, con due candidati per certi versi speculari.
Mezzetti infatti si definisce «un uomo di politica ma non di partito», e similmente Negrini rivendica la sua natura di «civico prestato alla politica». Quest’ultimo lavora nell’agenzia di onoranze funebri gestita dal padre, e non ha il classico profilo del militante storico della destra radicale entrato poi nel partito di Meloni. Il nonno paterno, comunista, fu uno storico esponente della CGIL locale; la famiglia di sua madre ha invece un orientamento più liberale. «Il mio debutto in politica è stato con una lista civica a Modena nel 2019, in Fratelli d’Italia sono approdato l’anno seguente. Difficile, anche per i miei detrattori, descrivermi come un fascista», dice Negrini. «Comunque dovessero andare le cose, so che il martedì dopo il voto potrò tornare al mio lavoro in agenzia».