È plausibile che Israele abbia usato le armi inviate dagli Stati Uniti per violare il diritto umanitario
Lo sostiene l'ultimo rapporto del dipartimento di Stato statunitense sulla guerra in corso a Gaza, che però non arriva a conclusioni definitive riguardo a eventuali responsabilità israeliane
Venerdì il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, ha presentato al Congresso degli Stati Uniti un rapporto sulla guerra in corso nella Striscia di Gaza e in particolare sulle pratiche adottate da Israele per la tutela dei civili, l’uso delle armi e l’invio di aiuti umanitari.
Secondo il rapporto è «ragionevole valutare» che le armi e le munizioni inviate dagli Stati Uniti a Israele siano state usate in modo improprio e «non in linea» con il diritto umanitario, per esempio per uccidere o ferire i civili. Allo stesso tempo però il dipartimento di Stato non ha trovato prove inconfutabili su possibili violazioni, e ha stabilito quindi che al momento non è possibile concludere con certezza che Israele abbia violato il diritto internazionale.
Il rapporto indica vari episodi nei quali si ritiene probabile che le armi statunitensi siano state usate per ferire o uccidere civili, senza però arrivare a conclusioni definitive. A dicembre un’inchiesta del New York Times aveva dimostrato che Israele usò bombe particolarmente potenti in zone densamente popolate della Striscia di Gaza: quegli ordigni, noti come “2.000-pound bombs” (perché pesano duemila libbre, circa 900 chilogrammi) erano stati inviati a Israele anche dagli Stati Uniti.
Dall’inizio della guerra, lo scorso ottobre, nella Striscia di Gaza sono stati uccisi più di 35mila palestinesi, in gran parte civili. Secondo il dipartimento di Stato, un numero così alto di vittime civili «fa sorgere grossi dubbi» riguardo al rispetto del diritto umanitario da parte dell’esercito israeliano. Allo stesso tempo però il rapporto sostiene che Israele abbia «le conoscenze, l’esperienza e gli strumenti necessari per limitare i danni contro i civili nelle sue operazioni militari». Il New York Times ha scritto che, in alcuni passaggi, il rapporto «sembra contraddirsi da solo».
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Lo studio sostiene che Israele non abbia fatto abbastanza per permettere l’arrivo di aiuti umanitari nella Striscia, ma nemmeno in questo caso arriva ad accusare il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu di aver bloccato volontariamente le consegne.
Il documento fa riferimento al periodo che va dall’inizio della guerra allo scorso aprile. L’indagine, annunciata lo scorso febbraio, è stata condotta nell’ambito del Civilian Harm Incident Response Guidance (CHIRG), meccanismo introdotto dall’amministrazione Biden nell’estate del 2023 per monitorare eventuali abusi commessi da paesi che ricevono aiuti militari dagli Stati Uniti.
Se fosse stato confermato che Israele sta violando il diritto internazionale, gli Stati Uniti avrebbero potuto limitare o interrompere la fornitura di armi e munizioni. Al di là delle conclusioni del dipartimento di Stato, questo sta già in parte succedendo: martedì gli Stati Uniti hanno sospeso l’invio di un nuovo carico di armi che probabilmente sarebbero state usate dall’esercito israeliano nell’invasione di Rafah, la città del sud della Striscia di Gaza dove nei mesi scorsi si sono rifugiati 1,4 milioni di civili palestinesi. Il carico di armi bloccato comprendeva più di 3mila bombe.
Mercoledì inoltre Biden ha criticato duramente l’operato dell’esercito israeliano nella Striscia, dicendo per la prima volta che gli Stati Uniti sono pronti a sospendere l’invio di ulteriori carichi di armi se Israele invaderà Rafah.