Goliarda Sapienza l’abbiamo apprezzata tardi
"L'arte della gioia", il romanzo capolavoro della scrittrice nata un secolo fa, fu ignorato per più di vent'anni dall'editoria italiana, prima di avere successo in Francia: a breve sarà anche al cinema
di Ludovica Lugli
L’arte della gioia, il lungo e avvincente romanzo di Goliarda Sapienza, è uno di quei libri che prima di essere letti e apprezzati da un gran numero di persone sono stati a lungo ignorati e rifiutati da molte case editrici. Scritto tra il 1967 e il 1976, non fu mai pubblicato interamente durante la vita della sua autrice, di cui oggi ricorre il centesimo anniversario della nascita. Solo dopo essere diventato un caso editoriale in Francia nel 2005, nove anni dopo la morte di Sapienza, ricevette grandi attenzioni anche in Italia e nel 2008 fu infine pubblicato da un grande editore, Einaudi.
Da allora anche gli altri libri di Sapienza sono tornati nelle librerie in nuove edizioni e sono stati analizzati da un gran numero di studiose di letteratura e questioni di genere, insieme a quella di altre autrici novecentesche trascurate per molto tempo. L’arte della gioia è diventato un longseller, cioè un libro che continua a essere acquistato in modo continuativo: nell’ultimo decennio ne sono state vendute più o meno 10mila copie ogni anno. E prossimamente potrà essere conosciuto da un pubblico ancora maggiore perché l’attrice e regista Valeria Golino ne ha tratto una serie tv, prodotta da Sky, che sarà proiettata al cinema dal 30 maggio.
Dal punto di vista di oggi non è immediato capire come mai L’arte della gioia fu rifiutato da numerosi editori e rimase un libro nel cassetto per circa vent’anni. È infatti un romanzo che ha al centro un personaggio femminile molto forte e una trama da saga familiare ambientata nel Sud Italia, caratteristiche che lo accomunano a vari libri di grande successo commerciale degli ultimi anni, dalla quadrilogia dell’Amica geniale di Elena Ferrante a La saga dei Florio di Stefania Auci.
All’inizio della storia la protagonista, Modesta, nata il primo gennaio 1900, è una bambina povera e analfabeta, abusata sessualmente dal padre: nelle successive 500 pagine diventa un’intellettuale e la matriarca di una grande famiglia che oggi qualcuno potrebbe definire queer, passando per omicidi, un’istruzione in convento, numerose relazioni sentimentali e sessuali con uomini e donne, lotte politiche e giornalistiche. All’uscita in Francia, L’arte della gioia venne descritto come una via di mezzo tra Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e un romanzo rosa. Stilisticamente è pieno di dialoghi e alterna una narrazione in prima persona dal punto di vista di Modesta a una in terza, ma è una lettura del tutto accessibile.
La sua tarda pubblicazione può stupire anche perché Sapienza aveva due caratteristiche che nel contesto contemporaneo facilitano molto l’accesso alla pubblicazione. Innanzitutto era una persona nota nell’ambiente culturale. Aveva avuto piccoli ruoli da attrice in vari film ed era a lungo stata legata sentimentalmente al regista Citto Maselli, per poi pubblicare con Garzanti due romanzi autobiografici. Anche se nessuno dei due ottenne grandi attenzioni di critica e pubblico, il primo, Lettera aperta (1967), era stato candidato al Premio Strega dal poeta Attilio Bertolucci e da Natalia Ginzburg, che aveva vinto alcuni anni prima con Lessico famigliare, e venne consigliato come libro dell’anno da Elsa Morante sul Corriere letterario.
In aggiunta a questo Sapienza aveva ottenuto una certa notorietà sui giornali perché nel 1980 era stata arrestata per aver rubato dei gioielli a casa di un’amica ricca e nobile, e aveva passato alcuni giorni nel carcere femminile di Rebibbia. Nel 1983 Rizzoli pubblicò un suo breve libro ispirato da questa esperienza, L’università di Rebibbia, di cui Sapienza parlò anche in televisione in una trasmissione di Enzo Biagi; ma questo non bastò a spingere Rizzoli o altre case editrici a pubblicare L’arte della gioia.
Tra il 1979 e il 1981 L’arte della gioia fu rifiutato da Rizzoli, Einaudi, Feltrinelli, Editori Riuniti e Rusconi, nonostante le raccomandazioni dello scrittore Enzo Siciliano e della giornalista e femminista Adele Cambria, e addirittura di un intervento dell’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini, che nel 1944 era evaso dal carcere di Regina Coeli durante l’occupazione nazista di Roma anche grazie alla collaborazione dell’avvocato socialista Giuseppe Sapienza, padre di Goliarda e successivamente membro dell’Assemblea costituente.
Le ragioni di questi rifiuti sono state analizzate e spiegate da vari studiosi, tra cui Domenico Scarpa, che ha scritto la postfazione al romanzo nell’edizione Einaudi, e Alessandra Trevisan, autrice di due monografie su Sapienza. Scarpa definisce gli anni Settanta «insieme con gli anni venti la più antiromanzesca delle decadi del 20esimo secolo» e riconduce il disinteresse dell’editoria di quel periodo alla tendenza a privilegiare una narrativa più sperimentale.
Nel 1974 La Storia di Elsa Morante, che aveva una lunghezza simile a quella di L’arte della gioia e come questo era scritto in una lingua accessibile non solo alle persone più colte, aveva ottenuto un grandissimo successo di pubblico ma era anche stato duramente criticato da gran parte degli intellettuali. L’anno successivo Mondadori aveva provato a ottenere un riscontro di pubblico simile con l’ancora più lungo Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo, che però era una lettura più difficile e vendette molto meno. Lo stesso anno Rizzoli aveva pubblicato Il porto di Toledo di Anna Maria Ortese, altro romanzo letterario e lungo più di 500 pagine: anche quello non aveva avuto grande riscontro nel pubblico. L’arte della gioia insomma venne proposto agli editori nel momento sbagliato: Rizzoli sarebbe anche stata disposta a pubblicarlo, ma solo se Sapienza l’avesse accorciato di molto, cosa che la scrittrice si rifiutò di fare.
Secondo Trevisan c’entrano anche l’impegno economico richiesto agli editori per pubblicare un romanzo lungo come L’arte della gioia, e altri fattori: il fatto che tutto sommato Sapienza fosse marginale nel contesto culturale dell’epoca, per quanto conoscesse molte persone, che ambisse a pubblicare con un grande editore (che peraltro avrebbe avuto maggiori mezzi economici per investire nella pubblicazione di un libro lungo) e che scelse di «sottrarsi a certi contatti con cui forse avrebbe potuto insistere di più» per pubblicare il romanzo. Nel 1985 smise di provarci.
Sia in Francia che in Italia è stato detto che la ragione per cui il romanzo non venne pubblicato quando Sapienza lo propose agli editori era legata agli aspetti “scandalosi” della trama, come la bisessualità della protagonista e l’erotismo, ma anche vari matricidi. Per Trevisan non è così: negli anni Settanta e Ottanta furono pubblicati molti romanzi con temi altrettanto divergenti rispetto alla morale tradizionale di stampo cattolico.
Per L’arte della gioia le cose cominciarono a cambiare poco tempo prima della morte di Sapienza. Nel 1994 Angelo Pellegrino, marito della scrittrice, ottenne la pubblicazione della prima parte del romanzo, lunga un centinaio di pagine, nella collana “Millelire più” della casa editrice Stampa Alternativa, con la rinuncia al diritto d’autore e quindi a un compenso economico. Per la più nota collana “Millelire”, composta da brevi libri tascabili venduti appunto al prezzo di mille lire, Pellegrino aveva tradotto la Lettera sulla felicità di Epicuro.
Sempre nel 1994 Sapienza venne intervistata per la Rai da Anna Amendola e Virginia Onorato, per la serie di documentari Soggetto Donna, e alcuni suoi amici, tra cui Cambria, provarono a farle ottenere il vitalizio pubblico previsto dalla Legge Bacchelli, quello per il sostegno a cittadini che si siano resi meritevoli in ambito scientifico, culturale, sportivo o sociale e che si trovino in stato di necessità economica. Non ci riuscirono. Il 30 agosto 1996 Sapienza morì improvvisamente nella sua casa di Gaeta, in provincia di Latina. Aveva 72 anni.
Due anni dopo Pellegrino riuscì a far pubblicare L’arte della gioia nella sua interezza, per quanto in poche copie, sempre da Stampa Alternativa. Una di quelle copie arrivò a Loredana Rotondo, regista della Rai e una delle autrici del celebre Processo per stupro (1979). Dopo la lettura Rotondo commissionò un documentario su Sapienza alla regista Manuela Vigorita: Goliarda Sapienza, l’arte di una vita venne trasmesso su Rai Educational nel 2002, all’interno del programma Vuoti di memoria, dedicato a persone rilevanti del Novecento a rischio di essere dimenticate nell’immaginario collettivo.
L’attenzione data al personaggio di Sapienza dal documentario portò Stampa Alternativa a fare una nuova edizione dell’Arte della gioia, nel 2003. Pellegrino ne affidò alcune copie all’agente letteraria Silvia Brunelli che si occupava dei paesi di lingua tedesca e provò a proporre il romanzo a editori stranieri alla Fiera del Libro di Francoforte, la più importante fiera dell’editoria mondiale: lì la fortuna del romanzo cambiò.
In tutti i resoconti sulla vicenda il merito è attribuito a Waltraud Schwarze, all’epoca editor dell’importante casa editrice tedesca Aufbau Verlag. Fece leggere il romanzo ad Amelie Thoma, sua assistente, che conosceva meglio l’italiano, e le chiese di scrivere una valutazione del libro.
Racconta Thoma: «Ne rimasi colpita, però non era facile convincere i capi a farlo tradurre e pubblicare perché la sua “rinascita” trionfale era ancora lontana: allora era un libro grosso e molto strano, pubblicato da una piccolissima casa editrice da un’autrice morta». Thoma e Schwarze riuscirono a farlo tradurre in tedesco, ma non a farlo pubblicare nel modo migliore: «Purtroppo uscì in due tomi, di cui il secondo con un titolo e un disegno di copertina che non esprimevano per niente il suo carattere particolare», continua Thomas, «due titoli per i due tomi, poi un terzo per i tomi riuniti, un casino! Quindi in Germania non ebbe successo. Per fortuna Waltraud Schwarze, che aveva scoperto anche Fred Vargas per la Germania era molto amica di Viviane Hamy e le parlò di Goliarda Sapienza».
Viviane Hamy è un’editrice francese, proprietaria della piccola casa editrice omonima, che in quegli anni pubblicava appunto i gialli di Vargas. Dopo il consiglio di Schwarze, Hamy e il suo editor Frédéric Martin chiesero un parere alla traduttrice dall’italiano Nathalie Castagné, che apprezzò moltissimo L’arte della gioia e insistette perché fosse pubblicato anche in francese. A quel punto la storia del libro e della considerazione della sua autrice cambiò.
La traduzione in francese di Castagné uscì nel settembre del 2005, con una copertina su cui compariva un ritratto di Sapienza da giovane, e insieme a numerose recensioni positive sui giornali francesi, a partire da Le Monde. Solo nei successivi quattro mesi furono vendute più di 76mila copie del romanzo, un risultato notevole per un’autrice morta e sconosciuta in Francia, sebbene probabilmente la fama di “romanzo maledetto” e l’eccentricità della biografia di Sapienza avessero contribuito al marketing.
Col grande successo in Francia arrivò una nuova edizione di Stampa Alternativa, nel 2006, e poi quella attuale di Einaudi due anni dopo. Queste sono poi state seguite da nuove edizioni dei romanzi già pubblicati di Sapienza e pubblicazioni di suoi testi inediti, curati da Pellegrino, erede oltre che vedovo della scrittrice: i romanzi Io, Jean Gabin (2010) e Appuntamento a Positano (2015) e i diari scritti tra il 1976 e il 1992.