La rivoluzione senza fine di Gian Piero Gasperini
Negli ultimi otto anni ha cambiato la storia dell'Atalanta, rendendo una modesta squadra provinciale stabilmente una delle migliori del campionato, e ora anche una finalista europea
di Gianluca Cedolin
Giovedì sera l’Atalanta ha vinto 3-0 contro il Marsiglia e ha raggiunto la finale di Europa League, la seconda coppa europea di calcio per importanza, che giocherà il 22 maggio a Dublino contro il Bayer Leverkusen. Sarà la prima finale europea nei suoi 116 anni di storia: una storia che è cambiata decisamente dall’estate del 2016, quando a Bergamo arrivò come allenatore Gian Piero Gasperini. In questi otto anni, Gasperini ha reso una squadra di bassa classifica, il cui obiettivo era stato per anni quasi esclusivamente quello di non retrocedere in Serie B, una squadra in grado di competere per le prime posizioni della Serie A, quelle che valgono la qualificazione alle coppe europee, fino ad arrivare con l’Atalanta in finale di una di queste coppe. Mercoledì prossimo l’Atalanta giocherà anche la finale di Coppa Italia contro la Juventus.
Gasperini ci è riuscito facendo giocare l’Atalanta sempre in maniera coraggiosa, moderna, con principi di gioco che oggi anche grazie alla sua influenza vengono utilizzati da molti allenatori, in Serie A e all’estero (l’aggressività nel pressing, le marcature a tutto campo, la libertà di muoversi data ai giocatori più creativi, il coinvolgimento di tutti i calciatori nelle azioni offensive). In un’intervista a Gasperini del maggio del 2020 il Guardian, autorevole quotidiano britannico, definì l’Atalanta «una delle squadre più divertenti al mondo». Oggi è una squadra molto diversa rispetto a quella, forse un po’ meno entusiasmante, ma la bravura di Gasperini in questi anni è stata anche quella di riuscire ad aggiornarsi sempre, a cambiare e a far cambiare l’Atalanta per valorizzare al meglio i nuovi calciatori che sono arrivati man mano: spesso molti di questi hanno reso oltre le aspettative, proprio perché messi nelle migliori condizioni possibili dal contesto creato da Gasperini.
Quando Gasperini arrivò a Bergamo, l’Atalanta aveva appena finito il campionato al tredicesimo posto. Ancor prima, nella stagione 2014-2015, era arrivata diciassettesima: con quattro punti in meno, sarebbe retrocessa in Serie B. Gasperini veniva da tre anni positivi al Genoa, una squadra in cui tornò dopo averla lasciata nel 2011, quando passò all’Inter. L’esperienza con l’Inter fu negativa ma anche molto breve: perse quattro partite su cinque (compresa la Supercoppa italiana contro il Milan) e venne esonerato dopo soli 73 giorni. In molti dissero che Gasperini era un buon allenatore, ma non adatto a una squadra con grandi ambizioni come l’Inter.
Anche all’Atalanta partì molto male, perché in campionato perse quattro delle prime cinque partite. Dopo la sconfitta contro il Palermo alla quinta giornata di Serie A si parlò di esonero, ma la dirigenza decise di confermarlo, e da quel momento la squadra cambiò completamente: vinse otto delle successive nove partite, tra cui quelle contro Napoli, Inter e Roma. Alla fine del campionato 2016-2017, a sorpresa, l’Atalanta arrivò quarta, il miglior piazzamento della sua storia.
Soprattutto dopo aver perso le prime partite, Gasperini scelse di dare fiducia a diversi giocatori cresciuti nell’Atalanta, storicamente uno dei migliori settori giovanili d’Italia, come Mattia Caldara, Andrea Conti e Roberto Gagliardini, e ad altri calciatori giovani e fino a quel momento semisconosciuti come Leonardo Spinazzola, Franck Kessié e Andrea Petagna. Esordì in prima squadra anche il difensore Alessandro Bastoni, allora 17enne, oggi titolare dell’Inter e della nazionale italiana e considerato uno dei migliori al mondo nel suo ruolo.
Come Bastoni, molti di quei giocatori nelle stagioni successive passarono in squadre più ricche e attrezzate (il Milan, l’Inter, la Juventus), avviando un meccanismo virtuoso che l’Atalanta non ha mai smesso di alimentare in questi anni, e cioè quello di acquistare a basso prezzo calciatori giovani e poco noti (o di farli crescere direttamente nelle sue giovanili), metterli in un contesto che permetta loro di eccellere, e poi venderli per cifre molto più alte. L’Atalanta ha ottenuto risultati eccezionali rimanendo una delle poche squadre di Serie A e non solo finanziariamente sostenibili, con i conti a posto. Già nel 2017 il lavoro di Gasperini e del direttore dell’area tecnica Giovanni Sartori, oggi al Bologna, e la gestione della famiglia Percassi (proprietaria del club fino al 2022, e ancora azionista di minoranza dopo l’acquisto da parte di un gruppo statunitense) erano visti come un esempio per la Serie A.
Dall’arrivo dei Percassi, nel 2010, l’Atalanta ha incassato più di 500 milioni di euro di plusvalenze, cioè la differenza tra i soldi ottenuti dalla cessione di un giocatore e quelli spesi per il suo acquisto. Dopo quella prima stagione Gagliardini andò all’Inter per 22 milioni di euro, Conti e Kessié al Milan rispettivamente per 24 e 32 milioni. Negli anni successivi all’Atalanta riuscirono tante altre operazioni del genere. L’attaccante danese Rasmus Højlund, arrivato nell’estate del 2022 per 20 milioni di euro dallo Sturm Graz, dopo una sola stagione con Gasperini all’Atalanta fu acquistato dal Manchester United per 74 milioni di euro. Lo svedese Dejan Kulusevski fu comprato per 3,5 milioni di euro quando aveva 16 anni: tre anni dopo, la Juventus lo acquistò per 39 milioni. Amad Diallo, pur avendo giocato solamente quattro partite in Serie A con l’Atalanta, quando aveva 19 anni passò al Manchester United per 21 milioni di euro.
Oltre al cosiddetto player trading, la pratica cioè di sostenersi economicamente con le cessioni dei calciatori, l’Atalanta ha acquistato dal comune di Bergamo lo stadio Atleti Azzurri d’Italia, che oggi si chiama Gewiss Stadium (per ragioni di sponsorizzazione) e sta venendo restaurato un settore alla volta, per permettere alla squadra di continuare a giocarci con buona parte del pubblico. In Serie A sono poche le squadre proprietarie del loro stadio (la Juventus, l’Udinese, il Sassuolo e il Frosinone), le altre sono tutte in affitto: in Europa ci sono molte dimostrazioni del fatto che avere lo stadio di proprietà permette di guadagnare molto di più, perché i ricavi delle partite e di altri eventi organizzati allo stadio vanno direttamente alla società proprietaria. I risultati quasi sempre al di sopra delle aspettative e le partecipazioni alle coppe europee sono un altro fattore determinante nel rendere l’Atalanta un modello.
Nel 2017-2018 giocò per la prima volta l’Europa League (uscì ai sedicesimi di finale) e arrivò settima in campionato. Le tre stagioni successive furono quelle in cui la dimensione e le prospettive dell’Atalanta cambiarono definitivamente: per tre anni di fila la squadra arrivò terza in campionato, un piazzamento che le permise di esordire in Champions League, la più prestigiosa competizione europea per club. Tutta l’Europa iniziò a conoscere Gian Piero Gasperini, il suo calcio intenso e i suoi giocatori, soprattutto quelli capaci di giocate più spettacolari come i trequartisti Alejandro Gómez (conosciuto da tutti come il Papu) e Josip Ilicic (il primo è argentino, il secondo sloveno).
Entrambi arrivarono all’Atalanta non più giovanissimi (Gómez a 26 anni, Ilicic a 29), come giocatori talentuosi ma incostanti, che mai erano riusciti a imporsi in squadre forti. Gasperini li trasformò in due calciatori divertenti da veder giocare e soprattutto decisivi, tra i migliori in Europa. Nel 2020, dopo che segnò 4 gol al Valencia agli ottavi di finale, molti cominciarono a dire che sarebbe stato giusto considerare Ilicic tra i potenziali vincitori del pallone d’oro. L’Atalanta andò molto vicina alla semifinale di Champions League (perse ai quarti di finale con il Paris Saint-Germain subendo una rimonta nei minuti finali). Nella stagione 2019-2020, quella in cui il Guardian la definì una delle squadre più divertenti al mondo, segnò 116 gol in tutte le competizioni, un numero davvero eccezionale.
Nel 2019-2020 Ilicic segnò 21 gol, gli attaccanti colombiani Luis Muriel e Duván Zapata 19 a testa, Mario Pasalic 12 e l’esterno difensivo Robin Gosens 10
Durante la stagione seguente, Gasperini e Papu Gómez, che era il capitano dell’Atalanta, litigarono e il giocatore fu messo fuori squadra. L’argentino raccontò che, durante la partita di Champions League contro il Midtjylland, non ascoltò il suo allenatore quando gli chiese di spostarsi dalla fascia sinistra a quella destra: secondo quanto disse Gómez, a fine primo tempo i due ebbero una discussione durante la quale Gasperini tentò di colpirlo. Da quel momento il rapporto tra il giocatore più rappresentativo dell’Atalanta (sia perché era il capitano che per le sue qualità tecniche superiori alla media) e il suo allenatore si deteriorò e Gómez fu infine ceduto in Spagna, al Siviglia.
La carriera di Papu all’Atalanta, sorprendente ma un po’ malinconica per com’è finita, è emblematica di che allenatore sia stato, in questi anni, Gian Piero Gasperini. Un allenatore preparato e brillante, un trascinatore, ma anche una persona spigolosa, esigente, con cui non è facile rapportarsi. Può cambiare radicalmente la carriera ai giocatori, come ha fatto tante volte, ma in cambio chiede che loro si affidino pienamente a lui e pretende la massima dedizione. Non è uno molto disposto a compromessi e per questo è successo altre volte che dei giocatori se ne andassero dall’Atalanta perché il loro rapporto con l’allenatore era ormai irrecuperabile.
Anche la sua relazione con l’esterno (la stampa, gli arbitri, gli avversari) è stata ed è spesso tesa. Gasperini ha avuto comportamenti e uscite fuori luogo, nevrotiche, un po’ goffe. In un articolo uscito su Rivista Undici nel febbraio 2021 (e intitolato, emblematicamente, “Perché tutti odiano Gasperini?”), Francesco Gerardi scriveva che il suo problema stava nella scarsa comprensione del contesto. Nell’articolo veniva problematizzata la grande differenza tra la lucidità delle sue scelte tattiche e la sfocatura dei suoi atteggiamenti fuori dal campo: «All’avveniristica visione con la quale ha portato l’Atalanta nella élite del calcio italiano ed europeo corrisponde un’opinione sull’attualità spesso di una banalità sorprendente, quindi avvilente», si diceva, in riferimento ad alcune sue dichiarazioni molto discutibili sul razzismo.
Questo lato di Gasperini è forse quello che ne ha in parte limitato la carriera, o che quantomeno gli ha impedito di essere amato anche al di fuori di Bergamo. Tutti riconoscono il suo eccezionale lavoro, ma negli stadi italiani è spesso uno degli allenatori più fischiati: «Nell’asimmetria che c’è tra l’allenatore e l’opinionista sta l’origine dell’affetto dimezzato che circonda Gasperini». Non è così ovviamente all’Atalanta, della cui storia Gasperini è diventato la figura nettamente più importante, il simbolo di come una squadra provinciale sia diventata una squadra europea.
Quest’anno in Europa League l’Atalanta ha eliminato avversarie forti e preparate come lo Sporting Lisbona, il Marsiglia e il Liverpool, battuto addirittura 3-0 in casa, nello storico stadio di Anfield, in un’altra eccezionale serata europea. Dopo quella partita, il giornalista britannico James Horncastle, che segue il calcio italiano per l’autorevole sito specializzato The Athletic, disse che in questi anni Gasperini e l’Atalanta «hanno reso normale lo straordinario» e che è incredibile come l’allenatore abbia costruito e ricostruito ogni volta l’Atalanta, arrivando a definirlo «l’allenatore più influente della Serie A negli ultimi 15 anni».
Fino a questo momento, l’Atalanta non ha vinto nessun trofeo con Gasperini (ha perso due finali di Coppa Italia, nel 2019 contro la Lazio e nel 2021 contro la Juventus). Riuscire a vincere la Coppa Italia o l’Europa League, oppure entrambe, sarebbe una cosa indimenticabile per i tifosi e secondo molti il giusto riconoscimento per Gian Piero Gasperini e il suo lavoro di questi anni. Anche due eventuali sconfitte nelle finali, però, non inficerebbero la bontà del lavoro fatto in questi otto anni.