Tutte le estreme destre d’Europa
Se ne parla spesso come di un blocco unico, anche per i sondaggi favorevoli un po' ovunque, ma le cose sono più complicate di così: tra partiti ci sono differenze anche significative e qualche antipatia reciproca
Con l’avvicinarsi delle elezioni europee che si terranno fra il 6 e il 9 giugno 2024 si sta parlando sempre di più del successo che potrebbero ottenere i partiti di destra ed estrema destra europei, ossia quelli che fanno parte o vorrebbero entrare nei gruppi del Parlamento europeo di Identità e Democrazia (ID) e dei Conservatori e dei Riformisti Europei (ECR). In molti paesi questi partiti sono primi o secondi nei principali sondaggi nazionali ed è probabile che possano ottenere un’influenza nel Parlamento europeo assai superiore a quella registrata finora, salendo dal 18 al 25 per cento.
Questa crescita si verificherà molto probabilmente a scapito dei partiti di sinistra, centrosinistra e liberali, e potrebbe avere un’altra conseguenza rilevante: potrebbe spingere il Partito popolare europeo (PPE), il principale gruppo di centrodestra del Parlamento europeo e il più grande in assoluto per dimensioni, a spostarsi a destra su diverse questioni, con l’obiettivo soprattutto di ottenere l’appoggio di ECR. La prospettiva di un avvicinamento tra PPE ed ECR era stata suggerita anche dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, che fa parte del PPE e che aveva detto che sarebbe stata disposta a farsi sostenere dall’ECR. Da ormai un anno e mezzo c’è fra i due gruppi una convergenza sempre maggiore in materia di politiche migratorie.
Una collaborazione maggiore tra PPE e ECR non è comunque scontata. La stessa von der Leyen ha ribadito che dipenderà molto «dalla composizione del Parlamento e da chi fa parte di quale gruppo». In particolare ha detto di escludere un’alleanza con chi è «contro lo stato di diritto» e con gli «amici di Putin», ossia tutti quei partiti filorussi che si oppongono al sostegno dell’Ucraina da parte dell’Unione, alcuni dei quali rientrano in ECR (anche se la maggior parte è dentro a Identità e Democrazia).
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I partiti che fanno parte di ID ed ECR hanno molte idee in comune, ma fra di loro e anche al loro interno persistono grosse differenze. Sono accomunati da una retorica nazionalista incentrata sulla difesa dei confini e generalmente contraria all’estensione dei diritti civili delle minoranze. Al progetto di un’Europa federale in cui i governi nazionali hanno sempre meno potere contrappongono quello di una “Europa delle nazioni”, dove ogni stato mantiene più autonomie rispetto a quelle attuali, specialmente, di nuovo, nell’ambito delle politiche migratorie.
Tuttavia, sia al loro interno che fra i due gruppi non esiste un consenso riguardo alla posizione sulla guerra della Russia in Ucraina e specialmente ECR è composto sia da partiti che stanno cercando di istituzionalizzarsi e apparire più moderati, come Fratelli d’Italia, sia da partiti con tendenze fortemente illiberali, come Reconquête! dell’intellettuale e politico di estrema destra francese Éric Zemmour e lo spagnolo Vox con il suo capolista ultracattolico ed euroscettico Jorge Buxadé. Fra i partiti più estremi che fanno già parte del gruppo c’è anche il partito Soluzione greca guidato da Kyriakos Velopoulos, a favore del ripristino della pena di morte, contrario all’invio di armi in Ucraina e che in passato aveva proposto di mandare a vivere su isole disabitate i richiedenti asilo in attesa della loro espulsione.
Le posizioni di alcuni partiti di ECR sulla guerra in Ucraina non sono le uniche ragioni che potrebbero tenere il PPE distante: come ha detto von der Leyen, un altro ostacolo alla collaborazione riguarda il mancato rispetto dello “stato di diritto”, cioè di quel principio secondo cui anche il potere politico deve rispettare le leggi.
Uno dei partiti che hanno già mostrato di non voler rispettare lo stato di diritto è Diritto e Giustizia (PiS), che guida ECR insieme a Fratelli d’Italia e che ha governato la Polonia in maniera semi-autoritaria fino alla fine del 2023, quando le opposizioni hanno di fatto vinto le elezioni legislative. La capolista del PiS per le elezioni europee è Beata Szydlo, prima ministra dal 2015 al 2017 e responsabile di alcune delle numerose riforme che avevano portato all’indebolimento e alla perdita dell’indipendenza del sistema giudiziario polacco (quindi all’erosione dello stato di diritto). Fra i candidati di punta ci sono anche l’ex ministro dell’Interno Mariusz Kaminski e il suo vice Maciej Wasik, condannati a due anni di carcere per abuso d’ufficio ma graziati dal presidente Andrzej Duda, anche lui membro del PiS.
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Anche il ruolo di Fidesz, il partito del primo ministro dell’Ungheria Viktor Orbán, potrebbe essere d’ostacolo a un avvicinamento tra PPE ed ECR: oggi Fidesz non fa parte di alcun gruppo, ma chiede da tempo di entrare in ECR.
Fidesz fu espulso dal PPE nel 2021, dopo che il governo ungherese era stato accusato di violare lo stato di diritto e le libertà dei suoi cittadini. In generale, da tempo il partito e il suo leader sono molto criticati dalle istituzioni europee, che sostengono che Orbán abbia creato un sistema politico, economico e giudiziario estremamente corrotto e illiberale. L’Ungheria è inoltre contraria a fornire aiuti militari all’Ucraina e gli esponenti di Fidesz hanno spesso espresso opinioni filorusse. I tentativi di Fidesz di entrare in ECR potrebbero però essere aiutati da Fratelli d’Italia – Orbán e la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni hanno un rapporto stretto – e anche dai membri di Diritto e Giustizia.
Un altro partito che mira a entrare nell’ECR è il partito euroscettico e ultranazionalista rumeno Alleanza per l’unità dei rumeni (AUR).
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A destra dei Conservatori e dei Riformisti Europei si trova poi Identità e Democrazia, un gruppo composto da partiti di estrema destra in cui rientra anche la Lega di Matteo Salvini. Nonostante Ursula von der Leyen abbia escluso categoricamente un’alleanza con ID, molti suoi partiti sono sempre più popolari nei loro paesi e secondo tutti i principali sondaggi il gruppo dovrebbe guadagnare più di 25 seggi rispetto a quelli che aveva dopo le elezioni del 2019: secondo il sito di news Politico, ID potrebbe passare da 58 a 85 europarlamentari, superando ECR che invece ne dovrebbe guadagnare solo 7, passando da 67 a 74 seggi.
Il presidente del gruppo è l’europarlamentare leghista Marco Zanni ed è affiancato da due vicepresidenti: Jordan Bardella, popolare presidente del partito di estrema destra francese Rassemblement National (RN, il partito di Marine Le Pen), e il politico Gunnar Beck del partito di estrema destra tedesco Alternative für Deutschland (AfD). Le due forze politiche sono molto popolari nei loro rispettivi paesi, ma non vanno molto d’accordo.
In Francia, Rassemblement National è primo nei sondaggi per le elezioni europee di giugno con il 32 per cento: una parte di questo successo è attribuibile al suo giovane presidente, Bardella. Bardella ha solo 28 anni e da quando è alla guida del partito ha ridato slancio a un processo di “normalizzazione” che era già stato avviato da tempo da Marine Le Pen, volto a dare un’immagine più moderata e rassicurante al Rassemblement National per lasciarsi alle spalle, almeno apparentemente, una pesante eredità razzista e antisemita e per espandere la sua base elettorale. Con i suoi comizi che assomigliano a delle feste e vengono aperti da canzoni di rapper marsigliesi, la sua presenza quotidiana su TikTok e il suo linguaggio semplice, cortese, ma diretto, Bardella è sempre più popolare, soprattutto fra i giovani, ed è stato definito da Politico «il testimonial perfetto per il rebranding del partito».
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Dall’altra parte c’è invece Alternative für Deutschland, il secondo partito più popolare in Germania. AfD esiste da una decina d’anni e nonostante negli ultimi mesi stia cercando di raccontarsi come più moderato rispetto alle origini, diversi suoi leader e attivisti rimangono in contatto con ambienti neonazisti e illiberali. Da tempo i servizi segreti tedeschi hanno messo sotto sorveglianza il partito per valutarne la pericolosità e ad aprile è iniziato un processo contro Björn Höcke, uno dei suoi esponenti più radicali, accusato di aver usato uno slogan nazista durante un comizio del 2021.
A inizio gennaio la notizia che alcuni leader del partito avevano discusso di un piano con noti attivisti neonazisti per espellere richiedenti asilo e cittadini tedeschi di origine straniera aveva provocato grosse manifestazioni a favore della democrazia. L’incontro, inconciliabile con l’immagine di un partito sempre più moderato, non era piaciuto affatto ai leader di Rassemblement National, specialmente a Marine Le Pen, che da allora hanno cercato il più possibile di prendere le distanze da AfD.
Nelle ultime settimane AfD ha dovuto inoltre affrontare un altro grosso problema: a fine aprile uno degli assistenti del suo capolista alle elezioni europee, Maximilian Krah, è stato arrestato con l’accusa di essere una spia per conto della Cina. Poco dopo è stato reso noto che anche Krah è stato oggetto di due indagini preliminari su presunti finanziamenti da parte di Cina e Russia. Krah è molto vicino a Björn Höcke ed è stato inoltre già sospeso due volte da Identità e Democrazia per appropriazione indebita. Non è amato dagli altri europarlamentari del suo gruppo per le sue posizioni filocinesi e per il suo sostegno a Éric Zemmour, diretto rivale di Rassemblement National.
Identità e Democrazia include inoltre il Partito della Libertà dell’olandese Geert Wilders, che alle ultime elezioni nei Paesi Bassi è stato a sorpresa il più votato e il partito belga Vlaams Belang, il secondo partito più popolare del paese. Vlaams Belang è meno contrario rispetto agli altri componenti del gruppo rispetto all’invio di armi in Ucraina, anche se diversi suoi esponenti hanno posizioni filorusse e scettiche nei confronti della NATO, l’alleanza militare che comprende la maggior parte dei paesi occidentali.
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