I rapporti tra Giovanni Toti e il centrodestra erano complicati da tempo
Anche per questo i partiti della coalizione, in particolare Fratelli d'Italia, non sono così fermi nel difendere il presidente della Liguria agli arresti domiciliari
Dopo che il presidente della Liguria Giovanni Toti è stato messo agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione elettorale, martedì, le reazioni degli esponenti politici della destra in sua difesa non sono state compatte. Se Forza Italia e Lega hanno ribadito più o meno la fiducia nei confronti di Toti, in Fratelli d’Italia sono stati più cauti. Nelle prime ore che hanno seguito la pubblicazione della notizia sull’inchiesta della procura di Genova – che coinvolge tra gli altri anche il capo di gabinetto di Toti, Matteo Cozzani – il deputato di FdI Matteo Rosso, coordinatore del partito in Liguria, non aveva escluso l’ipotesi di elezioni anticipate, e dunque di dimissioni in tempi rapidi di Toti. Anche Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, non si è sbilanciato.
«L’istituto delle dimissioni appartiene alla sfera personale», ha detto Foti. «Solo la sfera personale può valutare come sono andati i fatti. Per quanto ci riguarda, confidiamo che vi possa essere la massima velocità nell’affrontare una situazione difficile, per chiarire quanto viene contestato». Il responsabile nazionale dell’organizzazione del partito, Giovanni Donzelli, ha utilizzato invece parole più esplicite per confermare la fiducia nei confronti di Toti, tuttavia tra i parlamentari della coalizione di destra c’è imbarazzo e incertezza sugli sviluppi politici della vicenda. Nell’aula della Camera, tra l’altro, c’è stata una lite tra lo stesso Matteo Rosso e Ilaria Cavo, deputata genovese molto vicina a Toti, del partito centrista Noi Moderati.
Del resto, i rapporti tra Toti e i dirigenti liguri e nazionali degli altri partiti della destra e del centrodestra che sostengono la sua giunta sono da tempo burrascosi. Alcune tensioni hanno a che fare con vecchie ruggini e antiche rivalità; altre, più significative, sono sorte in tempi più recenti e hanno a che vedere coi modi autoritari e accentratori con cui Toti ha governato la regione, forte di un notevole consenso personale.
La carriera politica di Toti è stata fin dall’inizio abbastanza clamorosa. Dopo un’esperienza da giornalista in Mediaset lunga e di successo, che lo aveva portato a diventare direttore dei telegiornali di Rete 4 e Italia 1, nel 2014 fu convinto a entrare nella dirigenza di Forza Italia direttamente da Silvio Berlusconi, che volle puntare su di lui come “volto” del partito, e anche per questo lo costrinse a mettersi a dieta e a perdere molti chili. Candidato al Parlamento Europeo nel maggio del 2014, ed eletto con quasi 150mila preferenze, divenne di fatto uno dei vice di Berlusconi entrando a far parte di quello che venne indicato come “il cerchio magico”, cioè un gruppo molto ristretto di suoi collaboratori e consiglieri. E in questo ruolo ebbe ripetuti e duri scontri con l’attuale ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, che contestava la linea politica di Forza Italia. Fitto lasciò il partito nel 2015, avvicinandosi e poi aderendo a Fratelli d’Italia, di cui ora è uno dei più importanti dirigenti nazionali.
Dentro Forza Italia c’era già all’epoca chi apprezzava poco il protagonismo di Toti, ma è soprattutto in tempi recenti che i rapporti coi suoi compagni di partito si sono progressivamente guastati. Dopo aver vinto le elezioni regionali nel 2015, sempre più in cerca di un ruolo politico anche a livello nazionale, Toti uscì dal partito di Berlusconi e fondò un suo movimento centrista, “Cambiamo!”. Era il giugno del 2019, e Forza Italia attraversava un periodo travagliato, in cui perfino la stessa sopravvivenza del partito sembrava non essere del tutto scontata: Toti, nominato nel giugno del 2019 coordinatore nazionale insieme a Mara Carfagna, dopo aver invocato un radicale cambiamento del partito, in agosto abbandonò Forza Italia lamentandosi del suo immobilismo.
Pur tra molte polemiche interne alla coalizione di centrodestra, Toti riuscì comunque a ottenere la riconferma alla presidenza della Liguria nel 2020, grazie soprattutto al successo della sua lista, di gran lunga la più votata col 22,6 per cento dei voti (a fronte del 17 per cento della Lega, il 10,9 per cento di Fratelli d’Italia e il 5 per cento di Forza Italia). Proprio la volontà di affermare questo primato personale, dimostrandosi autonomo rispetto alle richieste e alle pressioni degli altri partiti, indusse Toti a scelte poco gradite dai suoi alleati. Innanzitutto non concesse posti in giunta a Forza Italia: e questo, unito ai malumori per il suo recente abbandono del partito, rovinò i rapporti con Berlusconi e Antonio Tajani, l’attuale leader. In secondo luogo, molte delle decisioni prese sulle nomine nella sanità e nelle società partecipate dalla regione vennero prese da Toti senza un reale confronto con la Lega e con Fratelli d’Italia, che anzi spesso lo accusarono di costruire intese sottobanco col centrosinistra.
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Alcune di queste accuse di consociativismo, per esempio, hanno riguardato anche i rapporti tra Toti e uno degli indagati nell’inchiesta della procura di Genova, e cioè Mauro Vianello, presidente della cooperativa Santa Barbara attiva nel porto di Genova e accusato di corruzione. Uno dei responsabili amministrativi della Santa Barbara è infatti Simone D’Angelo, segretario del PD a Genova. L’ex segretario provinciale del PD, Alessandro Terrile, è stato invece nominato nel maggio del 2022 amministratore delegato dell’Ente Bacini, una società controllata dall’autorità portuale che opera nel porto di Genova e di cui è presidente lo stesso Vianello.
Da questo punto di vista, le critiche rivolte a Toti da alcuni esponenti del centrodestra su come ha amministrato la regione non sono molto diverse da quelle dei suoi oppositori: cioè aver gestito in maniera disinvolta relazioni di potere con imprenditori e amministratori pubblici, il tutto con l’obiettivo di affermarsi un po’ come il dominatore della politica ligure. Anche la presunta richiesta di finanziamenti per il suo movimento politico personale, al di là dell’esistenza dei reati ipotizzati dalla procura, è un segnale di questa dinamica. Anche per questo gli alleati di Toti non sono così fermi nel difenderlo.
Ma non c’è solo la Liguria: Toti ha avuto rapporti tribolati con altri leader del centrodestra negli ultimi anni anche per la sua ricerca di uno spazio politico a livello nazionale. Accusato inizialmente di essere troppo accondiscendente con certe iniziative radicali di Matteo Salvini tra il 2016 e il 2018, Toti ha poi abbandonato Forza Italia proprio rimproverando, al contrario, alla dirigenza un eccessivo allineamento con la destra sovranista. Da lì in poi, molto spesso Toti ha criticato Salvini per la sua incapacità di proporsi come un leader credibile della coalizione. «A furia di dare spallate, finisci col lussarti la spalla», era una frase che il presidente ligure spesso ripeteva per descrivere la mancanza di abilità politica di Salvini.
Le tensioni arrivarono a un punto di rottura durante il voto per il presidente della Repubblica, nel gennaio 2022, quando la gestione fallimentare delle trattative portate avanti da Salvini venne apertamente criticata da Toti, in particolare per come Salvini allestì l’operazione che avrebbe dovuto far eleggere Maria Elisabetta Alberti Casellati, e che si risolse in una netta sconfitta. Edoardo Rixi, massimo dirigente della Lega in Liguria e uomo di fiducia di Salvini, accusò Toti di aver tradito la coalizione, dando sfogo anche a risentimenti pregressi. In quei giorni l’attuale presidente del Senato, Ignazio La Russa di Fratelli d’Italia, descrisse Toti come una sorta di sabotatore del centrodestra.
Anche con Fratelli d’Italia i rapporti di Toti sono stati sempre abbastanza complicati. Nell’intento di rappresentare un elettorato di centrodestra più moderato, in questi anni Toti ha spesso biasimato le scelte del governo di Meloni: sulla limitazione al Superbonus, il costosissimo piano di agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie che Meloni vuole limitare e che Toti ritiene necessario preservare, per garantire occupazione e crescita economica; sulla concessione del terzo mandato per i presidenti di regione, ipotesi verso cui Fratelli d’Italia è scettica e che invece Toti vorrebbe, cosa che ha manifestato con toni perentori e anche sferzanti nei confronti del governo; sui temi etici e in particolare sul diritto all’aborto, tema su cui c’è stato uno scontro tra Toti e Fratelli d’Italia anche in consiglio regionale, nel settembre 2022.
Nel frattempo, Toti ha cambiato più volte partito. Dopo aver fondato Cambiamo!, nell’estate del 2021 creò insieme al sindaco di Venezia Luigi Brugnaro il movimento Coraggio Italia. In vista delle elezioni politiche del settembre 2022, entrambi aderirono al cartello elettorale di Noi Moderati, guidato da Maurizio Lupi, che si è poi costituito come un partito eleggendo proprio Toti come presidente.
Se l’obiettivo è rimasto sempre lo stesso, cioè creare un partito moderato centrista nell’orbita del centrodestra, il modo con cui raggiungerlo è stato spesso ondivago, soprattutto negli ultimi mesi. Toti aveva infatti scommesso sul progressivo disfacimento di Forza Italia, ma ora che quel partito sta dimostrando di saper resistere, diventa difficile per Toti ritagliarsi uno spazio politico. Peraltro alcuni importanti esponenti liguri ed ex berlusconiani che avevano deciso di aderire ai movimenti di Toti nel 2019, come Angelo Vaccarezza, ora stanno tornando in Forza Italia.