I progetti intorno al porto di Genova che hanno portato agli arresti in Liguria
L'idea dell'imprenditore Aldo Spinelli era di creare un unico grande terminal unendo più concessioni, secondo la procura ottenute in cambio di tangenti
Il porto di Genova, tra i più importanti in Italia per il traffico delle merci, è al centro dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Genova che ha portato agli arresti domiciliari del presidente della Liguria Giovanni Toti. La maggior parte delle accuse riguarda presunte tangenti pagate dall’imprenditore Aldo Spinelli in cambio della concessione di un terminal, cioè gli spazi del porto assegnati ad aziende private per far approdare le navi e gestire le merci. Oltre a Toti e Spinelli è stato arrestato anche l’ex presidente dell’autorità portuale di Genova, Paolo Emilio Signorini, per cui è stata ordinata la custodia cautelare in carcere. L’inchiesta ha compromesso in un solo giorno i piani sul futuro del porto per cui Spinelli, Toti e Signorini avevano lavorato per anni, secondo la procura in modo illecito, con favori in cambio di tangenti.
A Genova, come in tutti i porti del mondo, lo spazio è uno dei beni più ambiti. Gli spedizionieri, gli armatori e i terminalisti ne vogliono sempre di più perché dallo spazio dipendono gli affari: più ce n’è e più navi possono sbarcare, e più merci si possono importare o spedire. Aldo Spinelli, in passato presidente delle squadre di calcio di Genoa e Livorno, ora ai domiciliari, è un importante terminalista: gestisce cioè alcuni degli enormi piazzali dove le gru accatastano le merci sbarcate dalle navi in attesa di caricarle su treni o tir.
Il porto di Genova è il primo in Italia per merci trasportate nei container. Nel 2022 da Genova sono passati 2,5 milioni di TEU, che sta per twenty-foot equivalent unit. È l’unità corrispondente alla capacità di un container di 6,1 x 2,4 x 2,6 metri ed è considerata lo standard nel trasporto marittimo. È il secondo in Italia per il traffico chiamato Ro-Ro, da roll-on/roll-off, che interessa veicoli su ruote caricati sulle navi senza essere alzati e spostati dalle gru, come i container. Nel 2022 il porto ha gestito 9,5 milioni di tonnellate di merci Ro-Ro contro i 14,8 milioni di tonnellate passati dal porto di Livorno.
Se si osserva il porto di Genova dall’alto, l’area dedicata alle merci si sviluppa a nord dell’imboccatura. Il primo grande piazzale è il terminal chiamato Bettolo, gestito totalmente dal gruppo Msc. Il secondo è il terminal noto come Rinfuse, sulla cui assegnazione a una società composta al 55% dal gruppo Spinelli e al 45% da Msc si è concentrata l’attenzione della procura. Le cosiddette rinfuse sono le merci trasportate direttamente nella stiva delle navi, senza essere caricate su container o su camion, e possono essere liquide come il petrolio, gli oli e i prodotti chimici oppure solide come il carbone o i cereali. Accanto al terminal Rinfuse c’è il piazzale noto come ex Carbonile Enel, anche questo interessato dall’inchiesta. Viene poi il terminal Genoa Port, di 189mila metri quadri, che il gruppo Spinelli gestisce dal 2001. Il terminal Genoa Port è il più importante per le attività di Spinelli.
Il 2 dicembre del 2021 l’autorità portuale assegnò la concessione del terminal Rinfuse alla società formata dal gruppo Spinelli e da Msc fino al 2051, per 30 anni, dieci in meno rispetto alle richieste. Secondo i magistrati l’assegnazione è stata favorita dall’intervento di Toti, in cambio di un finanziamento illecito concesso da Spinelli al comitato elettorale del presidente. Durante una telefonata intercettata dalla procura, Spinelli disse a Toti che avrebbe finanziato il suo comitato elettorale in parte ufficialmente attraverso il sistema del due per mille, in parte in altri modi. «Tutto il resto dopo», disse Spinelli. La procura sostiene che sei giorni dopo l’assegnazione della concessione Toti ottenne un finanziamento illecito da 40mila euro in cinque bonifici fatti da società riconducibili a Spinelli.
Della concessione si sarebbe interessato anche Signorini, all’epoca presidente dell’autorità portuale. A lui la procura ha contestato di aver ricevuto 15mila euro in contanti nel luglio del 2022. Spinelli avrebbe fornito a Signorini anche 22 soggiorni di lusso in un hotel di Monte Carlo per un valore complessivo di 42mila euro, nonché fiches per giocare al casinò, una borsa di Chanel, un bracciale di Cartier. Spinelli avrebbe offerto a Signorini anche una consulenza da 300mila euro e un ufficio a Roma al termine del mandato da presidente dell’autorità portuale.
Un’altra contestazione della procura riguarda l’ex Carbonile Enel, di cui Spinelli aveva assunto via via il controllo negli ultimi anni. Spinelli già occupava quell’area del porto, ambita da altre aziende, e aveva chiesto all’autorità portuale di poter estendere all’ex Carbonile la concessione del suo terminal Genoa Port, in scadenza nel 2056.
L’obiettivo di Spinelli era di unire tutti gli spazi ottenuti in concessione, e realizzare così un’unica grande area controllata dal suo gruppo per le operazioni di sbarco e imbarco dei container, le più remunerative. Attraverso il controllo diretto o con accordi con altre aziende, come Msc, l’idea era di gestire tutto il porto di Genova dal terminal Bettolo fino al Genoa Port.
Per farlo Spinelli invocò pubblicamente un altro progetto di cui a Genova si è discusso molto negli ultimi anni, e che secondo la procura sarebbe stato agevolato da Toti e Signorini. Si tratta del tombamento della calata chiamata Concenter, cioè il riempimento dello spazio di mare tra le banchine del terminal Rinfuse e dell’ex Carbonile. La calata Concenter è poco utilizzata, sfruttata solo come approdo per qualche chiatta. Il suo riempimento garantirebbe nuovi spazi per la gestione delle merci.
Nel 2023 il tombamento della calata Concenter fu inserito dall’autorità portuale tra le opere di un piano straordinario di interventi, concessi in deroga nell’ambito delle opere per il rilancio della città dopo il crollo del ponte Morandi del 2018. A questo progetto furono assegnati 30 milioni di euro. Sempre lo scorso anno fu superato anche il vincolo paesaggistico messo nel 2001 durante la valutazione di impatto ambientale (VIA) del piano portuale. La copertura di questo tratto di mare era stata vietata fino a quel momento, perché considerata una modifica sostanziale del paesaggio della Lanterna, il faro simbolo della città. L’autorizzazione fu concessa dal ministero dell’Ambiente.
Il progetto definitivo, sostenuto anche dal sindaco di Genova Marco Bucci, prevede il riempimento di altre due calate, la Giaccone e l’Inglese, per la creazione di un porto in linea. Questa nuova impostazione permetterebbe alle portacontainer di ormeggiare lateralmente e non più di poppa o di prua, evitando manovre lunghe e rischiose.
Tutti questi progetti dipendono da un altro grande piano, gestito in prima persona da Paolo Emilio Signorini fino a quando è stato a capo dell’autorità portuale: la nuova diga foranea, una delle opere pubbliche più costose approvate negli ultimi anni, di cui Bucci è commissario straordinario. La nuova diga, di cui sono iniziati i lavori un anno fa, è più lontana dalla costa rispetto a quella attuale, e permette alle grandi navi portacontainer di entrare nel porto con più facilità. Grazie alle nuove distanze le grandi navi possono accostare alle banchine e avere lo spazio necessario per fare manovra ruotando su se stesse.
Secondo le stime fatte dall’autorità portuale la diga costerà 1,3 miliardi di euro, di cui 500 milioni stanziati dal fondo complementare del PNRR finanziato con risorse nazionali, 100 milioni di euro dal fondo per le infrastrutture portuali, 264 milioni dalla banca europea degli investimenti (BEI) e 86 milioni di euro dall’autorità portuale e dalle amministrazioni locali. L’appalto per la costruzione è stato vinto da un consorzio di imprese guidato dal gruppo Webuild, a cui partecipano anche Fincantieri Infrastructure Opere Marittime, Fincosit e Sidra.
Nell’agosto del 2023 la procura di Genova aveva aperto un’inchiesta sull’appalto di quest’opera. Al momento non sembra avere a che fare con le presunte tangenti dell’inchiesta, le accuse sono diverse: i reati ipotizzati dalla procura sono abuso di ufficio, turbativa d’asta e attentato alla sicurezza della navigazione, mentre secondo la Corte dei Conti potrebbe esserci un danno erariale per il mancato rispetto di alcune norme. In sintesi, la procura ritiene che l’appalto sia stato predisposto su misura per il consorzio di imprese che poi l’ha vinto, in violazione delle norme sulla concorrenza.
Lo scorso anno, pochi giorni dopo la diffusione delle contestazioni sull’appalto da parte dell’autorità anticorruzione, Paolo Emilio Signorini è stato nominato amministratore delegato dell’Iren, una delle più importanti società multiservizi italiane. Fino ad allora Signorini era stato il presidente dell’autorità portuale e commissario per la costruzione della diga, e aveva seguito tutte le fasi dell’appalto.
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