Chi sono gli altri indagati nell’inchiesta di Genova, oltre a Giovanni Toti
Ci sono il presidente dell'autorità portuale e alcuni imprenditori, ma anche politici locali che secondo la procura avrebbero fatto gli interessi di un clan mafioso di Caltanissetta
Martedì un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Genova ha portato agli arresti domiciliari del presidente della Liguria Giovanni Toti. Le dimensioni della notizia sono dovute soprattutto al coinvolgimento di Toti, ma in realtà ha portato a varie misure restrittive per altre nove persone, tra cui alcuni imprenditori noti e importanti e anche il capo di gabinetto di Toti, Matteo Cozzani. L’inchiesta ruota intorno a ipotesi di corruzione elettorale e scambi di favore, in un presunto contesto di illegalità finalizzato tra l’altro a favorire gli interessi di un clan mafioso originario di Caltanissetta, in Sicilia, ma con diramazioni anche a Genova e in Lombardia.
Toti per molti anni è stato giornalista e conduttore sulle reti Mediaset. A lungo stimato da Berlusconi, nel 2014 entrò in politica con Forza Italia e nel 2015 si candidò alla presidenza della Liguria vincendo. Negli anni successivi uscì da Forza Italia, in dissenso con la linea secondo lui troppo morbida nei confronti della deriva estremista dell’allora leader del centrodestra, Matteo Salvini, e si dedicò a far nascere vari movimenti politici di centro. Nel 2020 venne riconfermato per un secondo mandato. Nel 2022 si alleò con Maurizio Lupi, leader del partito centrista conservatore Noi Moderati, di cui Toti è presidente.
Toti è accusato di corruzione. Per lui il procuratore capo di Genova, Nicola Piacente, ha chiesto gli arresti domiciliari, disposti dal giudice per le indagini preliminari. Martedì mattina, poco dopo la diffusione della notizia sull’inchiesta, alcuni agenti della Guardia di Finanza hanno perquisito casa sua in centro a Genova, alla presenza dello stesso Toti e del suo avvocato.
Secondo un comunicato diffuso dalla procura di Genova, a Toti viene contestato di avere accettato da due imprenditori, Aldo e Roberto Spinelli, le promesse di vari finanziamenti in cambio di alcuni favori. In particolare, i finanziamenti sarebbero stati dati al Comitato Giovanni Toti, nato nell’aprile del 2015 per sostenere la campagna elettorale di Toti e poi rimasto attivo per raccogliere finanziamenti per la sua attività politica, in Liguria e non solo. In tutto sono cinque versamenti fatti tra il dicembre 2021 e il marzo 2023 per il valore complessivo di 74.100 euro. Versamenti che, in gran parte, non sono riportati nei rendiconti di quegli anni del Comitato (gli Spinelli e le loro società figurano, ma per importi molto più bassi).
Secondo la procura, in cambio di questi finanziamenti Toti avrebbe promesso dei favori agli Spinelli, per esempio «trovare una soluzione» per rendere privata la spiaggia libera di Punta dell’Olmo, tra Celle Ligure e Varazze in provincia di Savona. Oppure agevolare le procedure di approvazione di una pratica edilizia pendente negli uffici della regione, relativa a un complesso immobiliare in quella stessa area, per il quale gli Spinelli avevano manifestato interesse.
Aldo Spinelli è un noto imprenditore della logistica portuale, famoso anche per essere stato presidente di alcune importanti squadre di calcio come Genoa e Livorno. Sempre secondo le accuse, Toti avrebbe promesso a lui e a suo figlio Roberto di accelerare la pratica di rinnovo per altri trent’anni della concessione del Terminal Rinfuse, il principale gate d’accesso al porto di Genova dove è possibile imbarcare merci non imballate e spedirle in Europa via nave: questo rinnovo, approvato nel dicembre del 2021, avrebbe avvantaggiato la Terminal Rinfuse Genova srl, la società che ce l’ha attualmente in gestione e che è controllata per il 55 per cento del capitale sociale dalla Spinelli srl, una società degli Spinelli.
Nell’inchiesta è coinvolto anche Paolo Emilio Signorini, presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale, cioè l’ente pubblico che amministra la gran parte dei lavori e delle attività che riguardano appunto il porto di Genova.
Uomo di estese relazioni, apprezzato da esponenti di partiti di diversi orientamenti per la sua abilità e la sua competenza in materia di infrastrutture, Signorini ha una lunga carriera di dirigente pubblico: fu responsabile di importanti uffici del ministero dell’Economia e dei Trasporti tra il 2001 e il 2008, poi fino al 2013 ebbe un ruolo di responsabilità all’interno del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) della presidenza del Consiglio dei ministri. È considerato vicino a Ettore Incalza, probabilmente il più importante dirigente pubblico al ministero dei Trasporti degli ultimi trent’anni, coinvolto in varie inchieste giudiziarie – una ventina – da cui è sempre stato prosciolto.
Signorini è accusato di corruzione e per questo arrestato in via cautelare, cioè per evitare che possa intralciare le indagini o che possa fuggire: secondo la procura avrebbe illecitamente favorito alcune attività degli Spinelli ricevendo in cambio dei benefici. Tra gli altri, la consegna di 15mila euro in contanti il 14 luglio del 2022, nonché una ventina di soggiorni nel lussuoso Hotel de Paris di Monte Carlo, per un totale di 42 notti e vari servizi extra (puntate al Casinò, serate di gala, biglietti per la finale dell’importante torneo di tennis locale, trattamenti estetici e altro) per un totale di 42mila euro, e poi una borsa Chanel e un bracciale d’oro da 7.200 euro. Spinelli avrebbe inoltre messo a disposizione le proprie carte di credito a Signorini, durante un viaggio fatto da quest’ultimo a Las Vegas nel dicembre 2022, e avrebbe infine promesso un incarico da 300mila euro all’anno una volta che Signorini avesse terminato il proprio mandato di presidente dell’Autorità portuale.
Signorini avrebbe ricevuto favori anche da Mauro Vianello, un altro imprenditore che controlla la Santa Barbara srl, attiva nel porto di Genova: tra le altre cose il pagamento di 6.600 euro per l’organizzazione del banchetto di matrimonio di sua figlia.
Tra gli indagati c’è anche Matteo Cozzani, capo di gabinetto del presidente Toti e suo uomo di fiducia. Insieme a Toti, Cozzani avrebbe agevolato lo sblocco di due pratiche pendenti da anni negli uffici regionali per autorizzare l’apertura di due punti vendita di Esselunga, in cambio di un presunto finanziamento illecito promesso loro da Francesco Moncada, consigliere di amministrazione di Esselunga e marito di Marina Caprotti, presidente esecutivo della società (lei non è indagata).
Il finanziamento sarebbe avvenuto nel 2022 nella forma di un pagamento occulto di spazi pubblicitari a fini elettorali, un pannello luminoso installato sulla terrazza Colombo, in cima alla Torre Piacentini, il grattacielo più alto di Genova. Moncada avrebbe pagato la pubblicità elettorale in cambio dell’impegno di sbloccare due pratiche per l’apertura di due punti vendita a Sestri Ponente e Savona, ferme negli uffici della Regione Liguria.
Le accuse a Cozzani sono particolarmente pesanti perché nel suo caso il reato di corruzione elettorale sarebbe stato commesso, secondo i magistrati, per agevolare l’attività della mafia, in particolare del clan del mandamento di Riesi, radicato nella provincia di Caltanissetta ma attivo anche in Lombardia e nella città di Genova. A Cozzani viene contestato di aver fatto un accordo illecito con Italo Maurizio Testa e suo fratello Arturo Angelo Testa, rappresentanti della comunità di Riesi a Genova, anche se attivi politicamente perlopiù nella provincia di Bergamo. In occasione delle elezioni regionali del 2020, i Testa si sarebbero impegnati a convogliare i circa 400 voti dei riesini e dei siciliani residenti a Genova verso la lista “Cambiamo con Toti Presidente” e alcuni suoi candidati, in particolare verso Stefano Anzalone, eletto consigliere regionale (e indagato in questa inchiesta).
I Testa hanno ora l’obbligo di restare nel loro comune di residenza, cioè Boltiere, a sud di Bergamo. Italo Maurizio Testa ha un passato in Alleanza Nazionale e ora è un dirigente locale di Forza Italia. Nel luglio del 2011, da vicesindaco di Boltiere, fu coinvolto in una polemica dopo che fu resa pubblica una foto che lo ritraeva mentre omaggiava col saluto romano Benito Mussolini nella sua città natale, Predappio. Più di recente i fratelli Testa hanno sostenuto le iniziative politiche di Alessandro Sorte, deputato e coordinatore regionale lombardo di Forza Italia, tornato nel partito di Berlusconi alla fine del 2021 dopo esserne uscito nel 2019 per aderire al movimento centrista di Toti, “Cambiamo!”.
Se i fratelli Testa sono i rappresentanti della comunità riesina a Genova, secondo la procura il vero referente del clan di Caltanissetta nella città sarebbe Venanzio Maurici, ex dirigente sindacale della CGIL ligure e da anni al centro di polemiche locali per le sue presunte vicinanze ad ambienti mafiosi. A Maurici viene contestato il reato di corruzione elettorale con l’aggravante mafiosa. Secondo l’accusa avrebbe garantito voti alla lista “Cambiamo con Toti Presidente”, in cambio della promessa di un posto di lavoro per il compagno di sua figlia. Come i Testa, anche Maurici era tra i principali animatori di un’associazione che mette in contatto i riesini emigrati nel Nord Italia.