Il completamento della Pedemontana e la questione dei costi per il Veneto
La superstrada tra Vicenza e Treviso è un rischio per i bilanci regionali, che per 39 anni dipenderanno dall'aumento del traffico e dai pedaggi
L’apertura del raccordo di Brendola, in provincia di Vicenza, era molto attesa dalla Regione Veneto. Questo tratto di strada di poco più di un chilometro, inaugurato venerdì 3 maggio, è considerato essenziale per completare la Superstrada Pedemontana Veneta (SPV). Il nuovo raccordo collega la Pedemontana all’autostrada A4 Brescia-Padova e consente di attraversare il Veneto – da Vicenza alla provincia di Treviso – senza passare dallo snodo di Padova e Mestre, spesso trafficato. Il presidente del Veneto Luca Zaia sostiene che il collegamento porterà sempre più auto e camion sulla Pedemontana: è un traffico di cui la Regione ha urgente bisogno per dare un senso all’investimento miliardario fatto negli ultimi 20 anni.
Della necessità di una nuova strada tra la provincia di Vicenza e Treviso si discuteva già alla fine degli anni Ottanta, come soluzione al mancato sviluppo dei collegamenti dopo la crescita della piccola industria. Gli spostamenti tra i due poli produttivi di Bassano del Grappa e Montebelluna erano lenti e complicati per via del passaggio obbligato nei centri storici dei paesi. Negli anni Novanta l’idea della Regione era di costruire una strada più larga e senza caselli, un progetto semplice e poco costoso.
La proposta venne stravolta all’inizio degli anni Duemila, quando l’allora assessore regionale Renato Chisso, negli anni successivi coinvolto nell’inchiesta sul Mose, propose di realizzare un’autostrada finanziando i cantieri con il project financing, ossia con fondi garantiti da privati che poi avrebbero potuto guadagnare incassando i pedaggi. I primi tentativi di costruire la strada con una società costituita per la maggioranza da enti pubblici (Pedemontana Veneta spa) furono fallimentari. A metà degli anni Duemila divenne a maggioranza privata con l’ingresso di alcune aziende costruttrici, tra cui Impregilo (che ora si chiama Webuild).
Dopo diversi ricorsi al tribunale amministrativo regionale e al Consiglio di Stato, la gara di appalto fu vinta dal consorzio di aziende SIS formato da aziende del gruppo piemontese Fininc e dei gruppi spagnoli Sacyr Vallehermoso e Itinere Infraestructuras SA. I lavori sono iniziati nel 2012 e continuati fino alla scorsa settimana, con diverse interruzioni e ritardi. Negli ultimi anni la Regione ha aperto via via alcuni tratti pronti, ma per arrivare alla conclusione definitiva serviva l’apertura del collegamento con l’autostrada A4.
Nella sua versione finale la Pedemontana è lunga 95 chilometri e va da Montecchio, in provincia di Vicenza, a Spresiano, in provincia di Treviso, a cui si aggiungono 68 chilometri di nuove strade gratuite. Attraversa 36 comuni e ha 14 caselli. Anche se per percorrerla bisogna pagare un pedaggio, è tecnicamente una superstrada per via di alcune sue caratteristiche nella struttura, che non rispettano i criteri per essere classificata come autostrada: il limite di velocità è fissato a 110 chilometri orari.
In tutto la Pedemontana è costata 2,2 miliardi di euro, di cui circa 1,3 investiti da imprese private, 615 milioni messi dallo Stato e 300 milioni dalla Regione Veneto. La concessione ai privati per la gestione della superstrada durerà 39 anni e farà incassare alla Regione una cifra complessiva di 12 miliardi di euro.
Ma in un ordinario project financing il titolare della concessione compensa le spese – e fa profitto, in genere – attraverso i pedaggi, mentre per la Pedemontana questa impostazione è stata ribaltata nel 2017. All’epoca i privati non riuscivano a ottenere prestiti dalle banche per finanziare i cantieri, la Regione quindi propose una soluzione inedita: si accollò il rischio di impresa e si impegnò lei a versare ogni anno un contributo ai privati, in media circa 300 milioni di euro all’anno per 39 anni. In cambio i privati la gestiranno per tutto il periodo della concessione, occupandosi della manutenzione, della vigilanza e di riscuotere i pedaggi. La Regione spera poi di compensare i soldi versati con i ricavi dei pedaggi, che a questo punto le spettano.
Per raggiungere il pareggio serve molto traffico, ma finora le previsioni non hanno dato molte certezze. Nel 2003 i promotori della gara di appalto indicarono un traffico giornaliero medio di 33mila veicoli, che nel 2016 diventarono 28.600. La società pubblica Cassa Depositi e Prestiti ne stimò molti meno, 15.200, una quota insufficiente per ripagare gli investimenti. Nel 2017 la Regione stabilì di raggiungere un traffico medio giornaliero di 20mila veicoli con la possibilità di raggiungere i 27mila grazie ad alcuni sconti sui pedaggi.
Il consigliere regionale del Partito Democratico Andrea Zanoni ha ottenuto i dati relativi agli incassi nei tratti già aperti, senza il collegamento con l’A4. Nel 2023 la Regione ha incassato 63 milioni di euro, a gennaio poco più di 7 milioni di euro, a febbraio 6,2 milioni. Se il traffico non aumenterà, nel 2024 si ricaveranno circa 80 milioni di euro, troppo pochi per compensare la quota da versare ai privati. «Bisogna che la regione vada con le carte in mano dai privati e dica loro che gli stiamo dando troppo perché i flussi di traffico scritti nelle convenzioni del 2017 erano esagerati», dice Zanoni. «È stato fatto un grandissimo errore. Chi copre il buco che serve per arrivare a 300 milioni in media all’anno se dai pedaggi ne arrivano solo 80? Si rischiano 8 miliardi di euro di perdite». Anche la Corte dei Conti del Veneto ha segnalato i rischi alla Regione.
A queste critiche Zaia e i suoi assessori hanno sempre risposto che fin dal 2017 era stato previsto di raggiungere il pareggio entro 9 anni dall’inizio della concessione, e che per avere una stima affidabile dei conti serviva aspettare il collegamento con l’autostrada A4. Solo nei prossimi mesi, insomma, si potrà capire se le entrate aumenteranno. La Regione sostiene che grazie al nuovo raccordo il traffico aumenterà del 20%.
Un ulteriore rischio è rappresentato dai pedaggi, piuttosto alti per una superstrada di 95 chilometri: nei 45 minuti di auto da Montecchio Sud a Spresiano si pagano 15,7 euro in auto, 17,5 euro per un camion a due assi, fino a 40,8 euro per i camion dei trasporti straordinari con più di 5 assi. Secondo Michele Varotto, presidente dei trasportatori di Confartigianato Veneto, la Pedemontana è utile per le imprese, è comoda, veloce, e fa risparmiare gasolio e freni. «Ma costa un botto, chiedo scusa per la franchezza», ha detto al Corriere del Veneto. Il risultato è che molti camionisti la considerano un’alternativa costosa all’A4, da utilizzare solo in caso di emergenza o di ritardo.
La Regione ha commissionato uno studio per studiare una riduzione delle tariffe nei tratti più brevi con l’obiettivo di rendere la Pedemontana più competitiva, aumentare il traffico e di conseguenza i ricavi. Un’altra proposta fatta dall’assessora regionale alle Infrastrutture Elisa De Berti prevede l’introduzione di una tariffa unica per tutte le strade a pagamento del Veneto, per «trovare il giusto equilibrio». Il direttore generale dell’A4 Bruno Chiari, che gestisce la Brescia-Padova dove ogni giorno transitano 350mila veicoli, ha detto che mettere d’accordo tutti i concessionari è un’utopia.