I molti tentativi di censura in Rai raccontati dai giornalisti in sciopero
I condizionamenti nella tv pubblica non sono nuovi, ma alla conferenza stampa del sindacato Usigrai ne sono usciti fuori diversi, tutti volti a favorire il governo
Lunedì l’Usigrai, il principale sindacato delle giornaliste e dei giornalisti della Rai, ha convocato una conferenza stampa alla sede dell’Associazione della stampa estera, a Roma, per spiegare le ragioni dello sciopero indetto nella stessa giornata di lunedì. Per il tasso di adesione e per il fatto di essere esteso a tutta la programmazione giornaliera delle varie reti, è uno degli scioperi più consistenti degli ultimi anni in Rai.
Alla base dello sciopero ci sono le proteste contro le scelte adottate dall’azienda in questi mesi: mancata stabilizzazione dei lavoratori precari, mancata sostituzione dei giornalisti che vanno in pensione o delle giornaliste che vanno in maternità, taglio degli stipendi e dei premi di risultato. Ma accanto a queste istanze, abbastanza ricorrenti nelle relazioni sindacali della Rai, c’è anche la censura voluta dalla Rai nei confronti del monologo dello scrittore Antonio Scurati sul 25 aprile, e in generale i tanti tentativi di condizionamento più o meno evidenti messi in pratica da dirigenti e direttori nei confronti dei giornalisti, con l’obiettivo, secondo il sindacato, di compiacere il governo di Giorgia Meloni.
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Su alcuni di questi episodi si sono soffermati i giornalisti della Rai presenti alla conferenza stampa, sollecitati in particolare da alcuni cronisti stranieri. I casi più rilevanti citati, oltre a quello di Scurati raccontato dalla conduttrice Serena Bortone, hanno riguardato Rai News 24, la rete televisiva all news della Rai, dedicata cioè in maniera esclusiva alle notizie per tutto il giorno. Le scelte del direttore Paolo Petrecca, molto vicino a Fratelli d’Italia e a Meloni, sono state contestate più volte dal comitato di redazione – il cosiddetto CDR, l’organo di rappresentanza sindacale dei giornalisti di una testata – di Rai News 24 negli scorsi mesi. La conferenza stampa di lunedì ne ha ricordati alcuni.
Daniele Macheda, segretario dell’Usigrai e dipendente di Rai News 24, ha raccontato per esempio un episodio relativo a una dichiarazione del procuratore di Napoli, Nicola Gratteri. A fine marzo Gratteri aveva polemicamente commentato la scelta del governo di introdurre dei test psicoattitudinali nei concorsi pubblici di selezione per i magistrati, dicendo che piuttosto erano i politici a doversi sottoporre a quei test, insieme ad altri per rilevare l’uso di sostanze stupefacenti. Quella notizia, ha raccontato Macheda, «a un certo punto è sparita» dai programmi di Rai News 24.
L’intervento più animato l’ha fatto Enrica Agostini, giornalista di Rai News 24 che da molti anni segue la cronaca parlamentare. Nei due decenni di esperienza fatta al servizio politico della Rai, ha detto Agostini, «non ho mai subito delle pressioni e delle censure come quelle che sto subendo in questo periodo».
Agostini ha ricordato che Rai News 24 non diede la notizia della fermata eccezionale chiesta e ottenuta dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida mentre era in viaggio su un Frecciarossa da Roma a Napoli, se non dopo molte ore che altre testate l’avevano diffusa e dopo che il comitato di redazione aveva protestato formalmente col direttore; lo stesso era accaduto poi con il caso dei fuorionda del conduttore Andrea Giambruno, allora compagno della presidente del Consiglio Meloni, diffusi da Striscia la notizia. «È un corpo a corpo quotidiano», ha detto Agostini, raccontando come spesso ci siano dei colleghi che ritirano la firma – cioè evitano di attribuirsi un articolo o un servizio televisivo, prendendone così le distanze e protestando contro le scelte editoriali dei superiori – quando viene loro assegnato un pezzo troppo morbido o celebrativo nei confronti del governo di Meloni.
Agostini ha anche raccontato delle difficoltà che ogni giorno i cronisti politici della Rai incontrano. Ormai ai politici «non facciamo nemmeno più domande: mandiamo alla politica dei video autoprodotti di propaganda», ha detto, aggiungendo che oggettivamente questo atteggiamento è riservato perlopiù ai politici di destra, mentre ai politici di sinistra «riusciamo ancora a fare delle domande». Ha poi insistito, raccontando che quando la mattina arriva a Montecitorio, la sede della Camera, è costretta a una negoziazione in cui «contratto la parola da mettere nel pezzo», nel senso che ogni singola espressione può essere oggetto di contestazioni e di richieste di modifica da parte dei direttori. Un condizionamento, questo, che viene esercitato soprattutto sui colleghi più giovani e meno esperti «che non ce la fanno a dire di no», mentre lei che è più navigata riesce a difendersi meglio: «Sono una vecchia stronza che gliel’ha sempre detta a chiunque».
È intervenuta anche Federica Bambagioni, della redazione “società” del TG2. Ha raccontato un episodio di tentata censura che l’ha riguardata. Circa un anno fa, mentre stava realizzando un servizio sul turismo, aveva ottenuto da una associazione di categoria dei dati che testimoniavano da un lato un grande incremento degli arrivi di viaggiatori stranieri in Italia, e dall’altro un calo delle partenze degli italiani all’estero a causa dell’inflazione. Un caporedattore le disse di non mettere questo secondo dato, perché «dà un’idea negativa». Bambagioni minacciò di ritirare la firma, e solo allora le richieste cessarono.
Non è la prima volta che i giornalisti della Rai denunciano condizionamenti della politica sul lavoro e condizioni contrattuali sfavorevoli. Lo stesso Vittorio Di Trapani, presidente della Federazione nazionale della stampa italiana (FNSI, il sindacato unitario di tutti i giornalisti), lo ha ribadito. Di Trapani prima di essere presidente della FNSI era stato a lungo segretario dell’Usigrai. Proprio per confutare la tesi secondo cui le agitazioni sindacali di questo periodo sarebbero mosse da un’ostilità verso la destra, ha detto che «avremmo potuto fare in questi anni attività sindacale con le fotocopie dei comunicati fatti negli anni scorsi», alludendo al fatto che i problemi denunciati oggi sono analoghi a quelli già segnalati in passato.
Ha anche aggiunto, però, «che così come abbiamo protestato e lottato sempre contro ogni tentativo di “bavaglio” e di limitazione della libertà, vorrei dire anche in maniera molto chiara che quello che sta avvenendo in questi mesi non ha precedenti». A differenza che in passato, secondo lui, «oggi sta accadendo altro: e sta accadendo che in Rai, così come in altri luoghi di cultura, si sta tentando un’operazione che è di revisionismo storico, politico, culturale e sociale per riscrivere la storia di questo paese».
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Molte delle proteste dei giornalisti dell’Usigrai si sono concentrate anche su come la direzione della Rai e alcuni suoi dipendenti abbiano reagito alla proclamazione dello sciopero. La Rai ha dato notizia della protesta che ci sarebbe stata lunedì durante i telegiornali della domenica, ma affiancando al consueto comunicato di protesta dell’Usigrai una replica ufficiale dell’azienda, piuttosto insolita, che confutava le tesi del sindacato e sosteneva che l’iniziativa dell’Usigrai avesse ragioni «ideologiche e politiche». Inoltre, alcune decine di giornalisti della Rai iscritti a una associazione parasindacale di destra, Unirai, hanno deciso di sabotare lo sciopero, invogliando altri colleghi a non aderire e a lavorare regolarmente. Unirai è nata nel novembre del 2023, proprio in opposizione alla presunta deriva politica antigovernativa dell’Usigrai: ne fanno parte circa 300 o 400 giornalisti della Rai, a fronte degli oltre 1.600 iscritti all’Usigrai. La scelta di sabotare questo sciopero è per certi versi il primo atto politico compiuto da Unirai: anche grazie a questo, lunedì, la Rai è riuscita a trasmettere i telegiornali delle principali reti, sia pure in forma ridotta e con una programmazione rivisitata.