È da un bel po’ che l’Italia non ha un vero ambasciatore in Russia
L'ambasciata di Mosca è guidata da un diplomatico di grado intermedio, perché il governo russo rifiuta di dare il “gradimento” a Cecilia Piccioni, designata a dicembre
Da quasi cinque mesi l’Italia non ha un vero ambasciatore in Russia. Da quando all’inizio di dicembre scorso Giorgio Starace ha terminato il suo mandato, l’ambasciata italiana a Mosca è diretta da Pietro Sferra Carini, un diplomatico di lungo corso ma di grado intermedio, che svolge la funzione di incaricato d’affari, quella tradizionalmente attribuita a chi fa le veci dell’ambasciatore titolare nei periodi di transizione o in casi eccezionali. Il governo italiano ha in verità scelto la nuova ambasciatrice già a dicembre: è Cecilia Piccioni, ex responsabile della diplomazia italiana in Vietnam e attualmente vice capo di gabinetto del ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Solo che Piccioni non ha ancora ricevuto dalla Russia il cosiddetto “gradimento”, che è una sorta di attestazione ufficiale tramite la quale il paese che dovrà ospitare l’ambasciatore o l’ambasciatrice (in questo caso la Russia) accetta formalmente la nomina e la ritiene adeguata dandone comunicazione all’altro paese (in questo caso l’Italia).
Il ministero degli Esteri sapeva che le procedure per arrivare alla nomina definitiva di Piccioni sarebbero state complesse, benché i consiglieri di Tajani confidassero di risolvere la faccenda nel giro di due o tre mesi. In primo luogo perché le relazioni diplomatiche tra Italia e Russia sono malmesse dopo più di due anni di guerra in Ucraina, e questo complica molto quel lavoro preliminare che di solito accompagna la nomina di un ambasciatore: un paese deve infatti condividere in via preliminare il nome della persona con il paese che dovrà riceverla, chiarire i motivi della scelta, e fare insomma in modo che le pratiche e i controlli vengano svolti già prima della nomina vera e propria. Per rendere tutto più facile serve quindi che tra i due paesi ci sia una certa fluidità di comunicazioni, e tra Italia e Russia questa fluidità non c’è, principalmente per il convinto sostegno del governo italiano alla NATO e alla resistenza ucraina.
Inoltre, i russi si lamentano del trattamento subìto dal loro ambasciatore, Alexei Paramonov, rimasto in attesa delle credenziali per alcuni mesi prima di ottenere il gradimento dell’Italia.
Paramonov era stato indicato dal governo russo nell’estate del 2022 come sostituto di Sergej Razov, un diplomatico spesso sopra le righe e incline a iniziative clamorose già in anni passati, e che aveva poi platealmente manifestato l’ostilità russa nei confronti delle decisioni dei governi italiani dopo l’invasione in Ucraina: tra le altre cose aveva denunciato alcuni giornalisti italiani accusandoli di fare propaganda contro il suo paese, e aveva inviato lettere vagamente minatorie ai parlamentari italiani per persuaderli a non assecondare le scelte del governo di Mario Draghi a sostegno dell’Ucraina.
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L’Italia non aveva interessi, dunque, a ritardare il suo avvicendamento. Tuttavia il sostituto individuato dalla Russia, cioè Paramonov appunto, aveva mostrato toni e atteggiamenti altrettanto ostili all’Italia in varie sue interviste ad agenzie di stampa russe. E lo aveva fatto poco prima di essere designato come nuovo ambasciatore. Questo aveva reso controversa la sua nomina: il ministro degli Esteri e la presidenza della Repubblica, le istituzioni che devono fornire il gradimento diplomatico in Italia, avevano atteso più del previsto prima di accettare la sua nomina, che divenne effettiva solamente ad aprile del 2023, cioè dopo più di sette mesi.
È probabile dunque che la Russia adesso stia facendo la stessa cosa come forma di ritorsione diplomatica. Peraltro quest’anno l’Italia presiede il G7, la riunione delle sette democrazie più influenti al mondo, ed è dunque maggiormente esposta sul piano internazionale. Però i due casi non sono del tutto paragonabili.
Infatti Razov era rimasto a Roma, nella residenza di Villa Abamelek tradizionalmente riservata agli ambasciatori russi, fino alla vigilia dell’arrivo di Paramonov. L’ambasciata a Mosca è invece priva di un ambasciatore nel pieno delle sue funzioni da dicembre. Starace, infatti, a capo dell’ambasciata in Russia dall’ottobre del 2021, aveva raggiunto il limite d’età previsto per i diplomatici, 65 anni. Lui stesso, insieme ad alcuni suoi colleghi, aveva sollecitato l’approvazione in parlamento di una deroga o di un innalzamento dell’età pensionabile, lo scorso autunno: ma il tentativo non era andato a buon fine. Del resto alcuni dirigenti di Fratelli d’Italia e diversi funzionari del ministero degli Esteri non avevano apprezzato la sua condotta nell’ultimo periodo della sua permanenza a Mosca, considerata troppo conciliante con la Russia.
Al ministero ritengono che lo stallo non si risolverà in tempi brevi: con ogni probabilità la nomina ufficiale di Piccioni resterà in sospeso, in attesa del gradimento, ancora per settimane, forse mesi. Anche per questo Piccioni è rimasta pienamente operativa nelle sue funzioni di vice capo di gabinetto di Tajani, e di recente ha ottenuto anche un periodo di ferie da trascorrere a Washington per motivi familiari: un segno del fatto che non si aspettano una soluzione prima di due o tre mesi. L’ambasciata italiana a Mosca resterà dunque guidata dall’incaricato d’affari Sferra Carini: è lui che è andato a deporre i fiori sul memoriale del dissidente Alexei Navalny, morto a febbraio; è lui che ha coordinato i lavori di ricerca degli italiani in seguito all’attentato al teatro Crocus di Mosca (nella capitale russa risiedono circa 2.700 italiani e il rischio che alcuni di loro fossero coinvolti nell’attentato era alto).
L’operatività dell’ambasciata italiana non è compromessa, tuttavia oggi l’Italia è l’unico grande paese europeo e l’unico del G7 a non aver ricevuto in tempi rapidi il gradimento per un proprio ambasciatore designato.
C’è voluto poco più di un mese, tra l’agosto e il settembre del 2023, perché la Russia approvasse la nomina del nuovo ambasciatore del Regno Unito a Mosca, Nigel Casey. Poco prima, il tedesco Alexander Graf Lambsdorff aveva dovuto attendere un paio di mesi, tra giugno e agosto del 2023, per avere il gradimento. Il governo francese aveva invece deciso nel giugno del 2022 di prorogare di due anni il mandato di Pierre Levy, ambasciatore in Russia dal gennaio 2020, che resterà dunque in carica fino all’agosto del 2024. La nomina di Lynne Tracy, ambasciatrice statunitense, è stata altrettanto rapida: annunciata dal presidente Joe Biden il 20 settembre del 2022 e approvata il 21 dicembre dal Senato, com’è prassi negli Stati Uniti, è entrata definitivamente in servizio a Mosca il 9 gennaio del 2023. La canadese Sarah Taylor, nominata dal governo di Justin Trudeau il 15 novembre 2023, è entrata pienamente in servizio all’ambasciata a Mosca a fine dicembre. Il Giappone ha designato Akira Muto come nuove ambasciatore in Russia a fine ottobre, e la nomina è stata approvata poco più di un mese dopo.