Cosa ci va a fare Tadej Pogačar al Giro d’Italia
È alla sua prima partecipazione, perché fin qui aveva sempre scelto di correre il più prestigioso Tour de France: quest'anno sembra voler provare a vincerli entrambi
Del Giro d’Italia – l’edizione numero 107 partirà sabato da Venaria Reale, in Piemonte, e finirà il 26 maggio a Roma, in via dei Fori Imperiali – si dice spesso che sia “la corsa più dura nel paese più bello”. Un modo, tra le altre cose, per evitare di affrontare il fatto che negli ultimi anni la corsa ha perso rilevanza internazionale, reggendo sempre meno il confronto in grandezza, ricchezza e livello sportivo generale con il Tour de France, l’evento su cui si basano il buon andamento e gli affari di gran parte del ciclismo su strada professionistico e l’evento a cui da anni scelgono di partecipare i più forti corridori al mondo, spesso rinunciando al Giro d’Italia. Eppure quest’anno tra i 176 corridori al via del Giro ci sarà quello che secondo molti parametri può essere considerato il più forte di tutti: il 25enne sloveno Tadej Pogačar.
Ancora prima che il Giro inizi, la sola presenza di Pogačar è già di gran lunga la storia principale di questa edizione, e la sua probabile vittoria il perno attorno a cui gira gran parte delle considerazioni che riguardano l’evento, che in 21 tappe percorrerà 3.321 chilometri, con un dislivello complessivo di circa 43mila metri. Negli ultimi anni Pogačar ha vinto quasi tutto quello che si era prefissato di vincere, e quando non lo ha fatto ci è arrivato comunque molto vicino.
Soprattutto, Pogačar ha vinto i primi due Tour de France a cui ha partecipato, nel 2020 e nel 2021, ed è arrivato secondo nel 2022 e nel 2023, entrambe le volte dietro al danese Jonas Vingegaard. Era lecito aspettarsi che anche quest’anno Pogačar avrebbe strutturato la sua stagione in vista del Tour, che si corre a luglio. Per la prima volta nella sua carriera Pogačar ha scelto invece di correre il Giro, e poi ha in programma anche il Tour. Ha l’obiettivo di vincere entrambe le corse nello stesso anno, come per ultimo fece Marco Pantani nel 1998, quando Pogačar ancora doveva nascere e come da allora hanno provato a fare in tanti, finendo quasi sempre per non riuscire a vincere né il Giro né il Tour.
Perché quindi proprio Pogačar, e proprio quest’anno, ha scelto di correre il Giro d’Italia? Le ragioni sono molte e solo alcune sono state esplicitate dal diretto interessato o da chi gli sta vicino. Riguardano il modo in cui il Giro ha saputo attirare Pogačar, alcune peculiarità del percorso di quest’anno e senz’altro la straordinarietà di Pogačar stesso e la sua semplice ambizione di correre anche il Giro, oltre al Tour. Alcune hanno a che fare con quello che il ciclismo è diventato in questi anni e altre ancora con il fatto paradossale che Pogačar è un corridore talvolta descritto come pressoché imbattibile ma che al contempo ha “non-vinto” i suoi ultimi due Tour de France.
Un primo ordine di motivi per questa partecipazione di Pogačar, annunciata già a dicembre, riguarda l’eccezionalità ciclistica che rappresenta. È infatti un corridore capace di vincere con notevole costanza su percorsi tra loro diversissimi, sia nelle corse di un giorno, che richiedono esplosività e potenza, che nelle corse a tappe, in cui bisogna essere completi e resistenti. In queste ultime finora ha avuto un solo vero rivale, il danese Jonas Vingegaard, che però a differenza sua punta quasi sempre e quasi tutto solo al bersaglio grosso, il Tour. Pogačar ha vinto talmente tanto, spesso attaccando da lontano e arrivando al traguardo da solo, anche con un paio di minuti sul secondo classificato, che c’è chi si è chiesto se ci sia da essere grati di poterne ammirare le vittorie o invece quasi infastiditi per quanto è dominante, e per quanto le sue vittorie siano talvolta sembrate pressoché inevitabili. In vista del Giro, Pogačar è stato definito da siti specializzati come Cyclingnews lo «stratosferico favorito» per la maglia rosa (da quasi un secolo il simbolo del primato in classifica al Giro); Velo invece ha scritto per esempio che «solo un atto divino o molta sfortuna potrebbero impedirgli di vincere la corsa». Dopo aver provato a stare alla sua ruota (cioè a tenere il suo passo) durante i momenti decisivi della recente Liegi-Bastogne-Liegi senza riuscirci e arrivando poi al traguardo con un considerevole ritardo, il danese Mattias Skjelmose ha detto: «Se ti avvicini troppo al sole ti bruci».
L’oggettiva eccezionalità di Pogačar è però solo una precondizione della sua partecipazione al Giro; ci sono anche ragioni più pratiche. Anzitutto i progressi negli allenamenti e nella pianificazione con cui si programmano picchi di forma e di intensità, oltre che nel modo in cui gli atleti si alimentano durante le corse e recuperano tra una e l’altra. Tutto questo rende quantomeno plausibile il tentativo di vincere il Giro d’Italia, riposare un mese e poi presentarsi al Tour de France per percorrere altre migliaia di chilometri in altre 21 tappe. Si fa in questo caso l’esempio dello statunitense Sepp Kuss, che nel 2023 ha corso (da gregario, in aiuto e in supporto ai suoi capitani) il Giro e il Tour, per poi andare a vincere a settembre la Vuelta di Spagna (altre 21 tappe per altre tre settimane di corse).
Pogačar corre per una squadra, il Team UAE Emirates, che anche in conseguenza delle sue tante vittorie negli ultimi anni si è molto rafforzata, costruendo così un folto gruppo di corridori di alto livello che potranno dividersi nel supportarlo sia al Giro che al Tour. Corridori che in certi casi hanno dimostrato, in assenza di Pogačar, di poter puntare loro stessi alle primissime posizioni nella classifica finale di corse di tre settimane come Giro, Tour e Vuelta.
Va poi considerato com’è fatto il Giro d’Italia di quest’anno: il percorso cambia a ogni edizione e stavolta ha elementi che potrebbero rendere meno ostica l’accoppiata Giro-Tour. Ci saranno infatti più chilometri a cronometro rispetto alla maggior parte delle edizioni degli ultimi anni, tappe in media più brevi, meno salite e una settimana finale un po’ meno dura rispetto al passato. Questo vuol dire che Pogačar avrà molto terreno per sfruttare la sua superiorità a cronometro (dove spesso bastano anche solo pochi chilometri per guadagnare molti secondi) e un percorso che potrebbe offrirgli la possibilità di avvantaggiarsi sin dai primi giorni, per poi provare a gestire il vantaggio accumulato attraverso tappe quasi mai troppo lunghe e che, sebbene nell’ultima settimana ci saranno comunque le solite tappe alpine, finirà meno in crescendo rispetto al passato. L’ideale, insomma, per chi dovesse voler finire il Giro pensando già al Tour de France.
Non ci sono elementi certi per sostenere che RCS Sport, che organizza il Giro d’Italia, abbia disegnato così il percorso per invogliare Pogačar a venire a gareggiare in Italia. Nella scelta di un percorso lungo migliaia di chilometri entrano in gioco molte variabili, ed è probabile che, senza Pogačar, un percorso come questo avrebbe potuto creare una gara molto avvincente e equilibrata. È però certo che la presenza di Pogačar fa parecchio comodo al Giro in termini di immagine, rilevanza e raccolta pubblicitaria. Se infatti si racconta che quasi un secolo fa gli organizzatori del Giro avessero pagato Alfredo Binda per non partecipare in quanto troppo forte e favorito, ora è nell’interesse del Giro che un atleta come Pogačar ci partecipi, e pure che lo stravinca.
Non ci sono nemmeno elementi certi per dire che RCS Sport abbia pagato Pogačar o la sua squadra per incentivarlo a partecipare al Giro, ma alcuni giornali del settore hanno fatto notare determinati legami tra RCS e gli Emirati Arabi Uniti (e quindi con il Team UAE Emirates). È comunque prassi che un evento come il Giro d’Italia cerchi in vari modi di rendersi il più appetibile possibile, attraverso molte vie, agli atleti più forti e rappresentativi.
Restando agli aspetti più sportivi, e più direttamente vicini allo stesso Pogačar, bisogna poi tenere conto della sua età e, di nuovo, del suo potenziale. A 25 anni, l’età a cui fino a qualche anno fa un ciclista iniziava ad affermarsi, Pogačar ha già vinto 70 corse, diverse delle quali più volte: ha già vinto tre delle cinque cosiddette classiche monumento, le corse di un giorno con più storia e importanza, ed è tra i pochi nella storia a poter almeno pensare di vincerle tutte e cinque. Già il Trofeo Senza Fine (il trofeo dato a chi vince il Giro) sarebbe una notevole aggiunta al suo curriculum; ancora di più lo sarebbe l’accoppiata Giro-Tour. E provandoci già ora, da atleta giovane e con pochi acciacchi, Pogačar può portarsi avanti con il lavoro o comunque lasciarsi lo spazio per altri tentativi futuri qualora non dovesse riuscirci quest’anno. In passato, invece, succedeva spesso che i corridori più forti puntassero a vincere quanti più Tour possibili e solo dopo, a fine carriera, provassero a puntare anche al Giro e quindi all’accoppiata Giro-Tour.
Più che in molti altri sport, nel ciclismo il passato è spesso un metro di paragone per gli atleti contemporanei, un parametro attraverso cui valutarne la grandezza in termini assoluti. Per Pogačar questo sembra valere ancora più che per altri: dopo una delle sue recenti vittorie Alexandre Roos ha scritto sull’Équipe che Pogačar «non sembra essere in competizione con i suoi rivali quanto impegnato in una sfida con la storia». Pogačar stesso ha detto di essere arrivato «a un punto in cui l’obiettivo è provare a essere il migliore di sempre», e farlo vuol dire provare a vincere tutto, compreso il Giro, e se possibile anche il Giro e il Tour nello stesso anno, come nella storia hanno fatto solo sette corridori, due dei quali erano Fausto Coppi ed Eddy Merckx.
Un altro, in questo caso dichiarato, motivo per cui Pogačar correrà il Giro è la voglia di cambiare: in parte per provare qualcosa di nuovo rispetto al passato e in parte, ancora più banalmente, per cambiare routine di allenamento e preparazione. «Tadej voleva una nuova sfida, non voleva ripetere lo stesso programma, avere lo stesso approccio mentale, fare le solite gare; e noi abbiamo visto che quando trova nuovi stimoli dà il meglio di sé», ha detto di lui Joxean Fernàndez Matxin, general manager del Team UAE Emirates.
La nuova sfida non è quindi il Giro in sé, ma il Giro in vista del Tour, dove peraltro Vingegaard e altri due forti corridori come Primož Roglič e Remco Evenepoel arriveranno non al meglio della forma per le conseguenze dell’incidente che hanno avuto a inizio aprile al Giro dei Paesi Baschi.
Ma questo Pogačar non lo sapeva quando, unico tra i più forti corridori al mondo, aveva già deciso di correre sia Giro che Tour. A ogni modo, sebbene il suo Giro sia già raccontato come soltanto la prima metà (e la metà più facile) di qualcosa di più grande, vincerlo non sarà comunque semplice, con tutto quello che può succederci in tre settimane e oltre tremila chilometri di strade. Intervistato nel 2022 dal sito sloveno Siol Pogačar aveva risposto così a una domanda sulla fattibilità dell’accoppiata Giro-Tour: «È possibile, ma vincere entrambi richiede molto al fisico. Si possono vincere entrambi, ma poi se ne possono sentire le conseguenze. È una cosa che potrebbe far finire una carriera, è una sfida, ma è molto difficile».