Il catalano si parla sempre meno
Mentre l'uso del castigliano, quello che generalmente chiamiamo spagnolo, è rimasto costante negli anni: e la questione linguistica è diventata nel tempo sempre più politica
La Catalogna è una comunità autonoma nel nordest della Spagna in cui una parte della popolazione parla il catalano, una lingua diversa da quella del resto del paese, cioè il castigliano, quello che in generale definiamo spagnolo. Il castigliano è l’unica lingua ufficiale della Spagna, ma la Costituzione prevede l’esistenza di lingue cosiddette co-ufficiali, perché sono da ritenersi ufficiali soltanto nelle regioni in cui sono parlate. Il catalano è dunque lingua co-ufficiale in Catalogna, ma è parlata sempre meno e ha sempre meno influenza. I motivi sono molti e diversi tra loro, ma sulle soluzioni per promuoverla non c’è alcun accordo. Anzi: diversi partiti di centrodestra e di destra che sono contrari all’indipendentismo della Catalogna, o a un grado maggiore di autonomismo rispetto all’attuale, intendono disincentivarla.
Da un’indagine del 2022 sulla diffusione delle lingue in Spagna risultava che il catalano fosse usato abitualmente solo dal 25 per cento della popolazione tra i 15 e i 34 anni rispetto al 48,8 per cento che, nella propria quotidianità, usava invece il castigliano: la situazione tra i giovani era simile a quella delle persone di altre età. L’uso del catalano sta diminuendo da anni in modo piuttosto rapido e drastico, mentre la diffusione del castigliano è rimasta costante e vicina al 50 per cento.
I motivi per cui questo sta accadendo sono diversi. «La migrazione è un fattore chiave», ha spiegato al quotidiano El País il sociolinguista Miquel Àngel Pradilla: «Arrivano molte persone da fuori e il mosaico linguistico mette a dura prova la comunicazione dei catalani». Ci sono poi le questioni che hanno a che fare con un mondo del lavoro sempre più globalizzato e con il fatto che molti imprenditori stranieri percepiscano il catalano come non necessario.
Contano, infine, anche la trasformazione demografica, quella dei consumi, e una generale mancanza di offerta di contenuti in lingua catalana. El País scrive che un’intera generazione di giovani catalani è cresciuta con un’offerta audiovisiva in catalano praticamente inesistente. Parallelamente a questo sono cambiate anche le abitudini e il pubblico si è spostato verso i contenuti a pagamento dove le produzioni sono soprattutto in castigliano. Anche sui social network prevale il castigliano: il catalano ha insomma perso la propria attrattiva tra i giovani «perché non riescono a trovarlo nello spazio digitale», dice Pradilla.
Per cercare di invertire la tendenza alcuni partiti autonomisti o indipendentisti locali hanno proposto di modificare il modello educativo e di intervenire dunque nelle scuole. Ma l’ambito dell’istruzione, da questo punto di vista, è da almeno dieci anni al centro di enormi discussioni politiche e procedimenti giudiziari.
Tra gli anni Ottanta e Novanta erano state approvate diverse leggi a favore della cosiddetta “immersione linguistica”, leggi che avevano cioè permesso il ritorno del catalano nelle scuole in maniera quasi predominante rispetto al castigliano relegando l’insegnamento di quest’ultimo alle ore di lingua, al pari di francese o inglese. Questa predominanza era stata però messa in discussione più volte: nel 2021, dopo che decine di famiglie si erano rivolte ai tribunali, la Corte Superiore di Giustizia della Catalogna (TSJC) aveva stabilito l’obbligo dell’aumento dell’uso del castigliano nelle materie fondamentali. La decisione aveva portato a polemiche e proteste e a una politicizzazione esplicita della questione che era già iniziata nel 2012 quando nella comunità autonoma della Catalogna era stato avviato il processo per ottenere l’autodeterminazione e l’indipendenza della regione rispetto al resto della Spagna, un periodo che nel paese viene chiamato, appunto, “el procés”.
Secondo molti l’insistenza sulla difesa del catalano in Catalogna è stata vissuta come una sorta di imposizione linguistica che ha generato conseguenze opposte a quelle che si intendevano raggiungere, disincentivandone l’uso. Secondo altri non esistono invece dati che confermino questa tesi dato che l’uso abituale del catalano, tra il 2008 e il 2018 e dunque al culmine del movimento indipendentista, era rimasto diffuso tra il 35 e il 36 per cento della popolazione.
Che il dibattito intorno al catalano e al castigliano sia stato politicizzato è però innegabile ed è arrivato anche al Parlamento europeo dopo che il governo spagnolo, nel 2023, aveva avanzato la proposta di fare del catalano, del galiziano (lingua co-ufficiale in Galizia) e del basco (lingua co-ufficiale nei Paesi Baschi) lingue ufficiali dell’Unione Europea, causando una forte opposizione da parte dei partiti della destra o del centrodestra come Vox e il Partito Popolare, contrari innanzitutto all’indipendentismo stesso. Durante le varie campagne elettorali, inoltre, i candidati indipendentisti e quelli contro l’indipendentismo avevano utilizzato in modo esplicito la questione del linguaggio per ottenere voti o sottrarli.
Nel tempo i partiti politici spagnoli hanno fatto diverse proposte per incentivare o limitare l’uso del catalano. Oltre alla richiesta di riconoscimento ufficiale da parte dell’Unione Europea (richiesta ancora in corso), alcuni hanno proposto di sottotitolare in catalano tutti i film trasmessi in Catalogna, mentre il Partito Popolare (destra), Ciudadanos (centrodestra) e Vox (estrema destra) hanno proposto il trilinguismo nelle scuole con l’obiettivo di disincentivarne l’uso: diversi esperti considerano questa misura un rischio per la sopravvivenza del catalano stesso.