In “Challengers” la moda c’è ma non si vede
Nel film sul tennis di Luca Guadagnino si vedono soprattutto vestiti “normali” che però raccontano molto dei personaggi e dei loro rapporti: a partire da una maglietta già famosa
Quando nel luglio 2023 uscì il film Barbie diretto da Greta Gerwig divenne improvvisamente di moda vestirsi di rosa, il colore identificato con la bambola: era spinto dal merchandising e dalla massiccia campagna stampa del film, e molte aziende ne approfittarono mettendo in vendita abiti, borsette, scarpe, portacellulari, tostapane, frigoriferi e qualsiasi oggetto possa venirvi in mente di colore rosa shocking: in tutto il mondo si diffuse il cosiddetto Barbiecore. Challengers, il film sul tennis diretto dal regista italiano Luca Guadagnino e uscito al cinema il 24 aprile, potrebbe replicare il fenomeno facendo appassionare molte persone al tennis e al modo di vestirsi che gli è associato, con tanto bianco, magliette polo, cardigan e gonnelline a pieghe.
Il cosiddetto tenniscore (la tendenza di abbigliamento ispirata al mondo del tennis) è in giro già da qualche anno ed è lo stile di tutti gli abiti indossati nella campagna promozionale del film da Zendaya, l’attrice che interpreta la protagonista Tashi; il suo stylist Law Roach (considerato l’artefice della sua immagine) ha anche invitato le persone ad andare a vedere Challengers indossando qualcosa a tema e a pubblicare la foto sui social media con l’hashtag #TashiMadeMeWearIt (“me l’ha fatto indossare Tashi”).
Se il tenniscore dovesse diffondersi, però, sarà merito di iniziative che ruotano attorno al film e non tanto all’abbigliamento che si vede nel film, dov’è quasi del tutto assente. In Challengers infatti lo stile più diffuso è il cosiddetto normcore, i vestiti “normali”: magliette senza logo o di marchi comuni, jeans, scarpe da tennis, niente che possa attirare l’attenzione e che dia l’idea di impegnarsi troppo nel vestirsi. Come ha riassunto il New York Times: «i vestiti del film sono ampiamente dimenticabili: e questo potrebbe essere il punto».
Anche se non sembra, quindi, in Challengers la moda è molto presente, come del resto in tutti i film di Guadagnino, che in passato ha collaborato con il famoso stilista belga Raf Simons per vestire l’attrice Tilda Swinton in Io sono l’amore e con l’azienda di moda Fendi. È, anzi, fondamentale nel raccontare il carattere e l’evoluzione dei personaggi e per ricreare fedelmente il mondo del tennis che, agli alti livelli descritti nel film, prevede sponsorizzazioni e intensi rapporti con marchi di lusso: Challengers infatti non parla solo del triangolo amoroso tra tre giocatori di tennis – Tashi, Art Donaldson e Patrick Zweig – ma racconta anche il tennis come espressione del capitalismo.
Guadagnino ha affidato la realizzazione e la scelta dei costumi allo stilista nordirlandese JW Anderson, di cui è amico da tempo: come ha raccontato a Vogue, la prima volta che vide una sua collezione fu «uno spartiacque»; da allora cercò di conoscerlo e provò a lavorarci insieme, riuscendoci prima per Challengers e poi per il suo prossimo film, Queer, ispirato all’omonimo libro dello scrittore statunitense William S. Burroughs.
Anderson ha 39 anni, è direttore creativo dell’azienda spagnola di lusso Loewe e del suo omonimo marchio ed è considerato tra gli stilisti più interessanti del momento per il suo stile sovversivo, sorprendente e pieno di umorismo (potreste averne sentito parlare per la borsa a forma di piccione che compare anche in And just like that, la serie tv sequel di Sex and the City).
Anderson ha raccontato alla giornalista di moda Dana Thomas di aver disegnato «tutto» nel film: i vestiti inizio anni Duemila, il completo Adidas di Tashi e quello del marchio giapponese Uniqlo indossato da Art, quindi anche capi di marchi diversi da quelli per cui lavora, da cui non è stato «facilissimo» ottenere il permesso: «sono stati coinvolti molti avvocati». Come ha spiegato a W Magazine uno degli aspetti interessanti del film è «che sia una storia su come si diventi persone di successo attraverso i brand».
I marchi infatti sono molto presenti e Anderson ha spiegato a Bloomberg che «anziché farli passare sotto traccia mi sembrava interessante metterli in evidenza. Non si tratta di product placement ma è la realtà in cui viviamo: ci dimentichiamo che lo sfondo attorno a noi è fatto di brand». Amazon MGM, la casa di produzione del film, non ha fatto sapere se le aziende presenti abbiano pagato per esserlo o meno.
Quasi tutti i marchi, comunque, ruotano attorno al mondo creativo di Anderson: oltre a Loewe per cui lavora, ci sono Uniqlo con cui Anderson collabora da anni (l’ultima collezione è in vendita nei negozi) e il marchio svizzero On, che ha una collaborazione con Loewe. L’azienda automobilistica Aston Martin invece è un contatto di Guadagnino: nel film Tashi e Art sono protagonisti di una pubblicità che è stata realizzata in collaborazione con l’azienda perché fosse il più possibile credibile.
All’inizio della storia, ambientata nei primi anni Duemila [da qui in poi ci sono SPOILER] Tashi è una giovane promessa del tennis e ha un contratto di sponsorizzazione con il marchio sportivo Adidas: gioca indossandone un completo bianco con la tipica gonna cortissima che mette in risalto le gambe e una lunga treccia, uno stile che ricorda molto quello della tennista russa Maria Sharapova. La sua immagine è ricercata anche fuori dal campo: alla festa per celebrare la sua vittoria ha un abito blu scuro con tulle nero ispirato alla collezione per l’autunno 2020 di JW Anderson. In hotel, lontano dagli occhi del pubblico, ha invece una qualunque felpa rosa del marchio Juicy Couture, che costa un centinaio d’euro.
Art e Patrick, interpretati rispettivamente da Mike Faist e Josh O’Connor, invece sono meno consapevoli della propria immagine e indossano quello che portavano i ragazzi allora: camicie polo, pantaloni color cachi, jeans, marchi sportivi come Nike, Adidas e New Balance.
Anni dopo, quando Art non è ancora diventato un campione e Tashi ha lasciato il tennis per un infortunio, lo stile dei personaggi è indistinto e conforme: lui indossa un rassicurante maglioncino blu con la zip, lei ha un banale abito azzurro dallo scollo drappeggiato, una giacca in pelle e un paio di zeppe di sughero «accettabili solo a fine anni zero», scrive il sito di moda Refinery29.
Le cose cambiano di nuovo nella parte finale della storia, ambientata nel 2019, quando Tashi e Art sono una coppia di potere nel tennis. Qui Tashi impersona il cosiddetto quiet luxury, il modo di vestirsi da ricchi: maglioni di cashmere color cammello, pantaloni sartoriali, tacchi a spillo, gioielli e orologi Cartier (anche se nella vita reale Zendaya è sponsor di Bulgari) e borse in pelle (il modello Flamenco di Loewe) mentre la crema corpo che si spalma addosso è di Augustinus Bader, marchio reso famoso da celebrità come la popstar Lady Gaga e la modella Irina Shayk.
Alla partita finale si presenta con uno chemisier (cioè un vestito-camicia) in cotone azzurro e bianco sempre di Loewe, che con le spalle larghe e la vita stretta ricorda quasi una regina rinascimentale, espadrillas di Chanel e un paio di occhiali da sole Persol: «alla fine il successo spinge le persone verso il conformismo. […] tutti hanno le stesse valigie e gli stessi gioielli», spiega Anderson.
Art invece, commenta sempre Anderson, è «un contenitore da riempire come vuoi» e il suo abbigliamento è interessante solo sul campo da gioco: i completi del suo sponsor Uniqlo – che in passato ha vestito il serbo Novak Djokovic e ora veste lo svizzero Roger Federer, due dei tennisti più forti di sempre – sneaker bianche di On, il marchio fondato da Federer, e la racchetta Wilson, di cui è anche testimonial, proprio come Federer, che chiaramente è un modello nella creazione del personaggio.
Patrick, che è oltre il duecentesimo posto della classifica dei tennisti professionisti, non ha alcun contratto con uno sponsor, gioca con un paio di pantaloncini spaiati e una canotta con scritto sopra Impatto, un marchio italiano che non esiste nella realtà. Il personaggio viene da una famiglia agiata e Anderson se ne serve per «ritrarre la ricchezza: c’è una sfrontatezza in lui, un modo di mettere insieme i vestiti che diventa seducente perché è così abituato al buongusto che anche se si è sistemato male, in qualche modo sta bene».
Essendo Challengers un film sul corpo e sul desiderio, anche «i vestiti, pur essendo normali, sono carichi di tensione sessuale» come scrive Vogue. Non solo perché Tashi indossa maglioni di cashmere senza reggiseno, Art resta a petto nudo tra un set e l’altro e Patrick gira con pantaloncini succinti e canotte che scoprono i muscoli. Anderson è estremamente abile a esaltare i corpi attraverso capi comuni grazie alla sua «presa davvero interessante sul “normcore”, che di solito sovverte o corrompe, cosa che qui non accade», ricorda il New York Times.
Anche il capo di abbigliamento del film di cui si è parlato di più è decisamente normcore: una maglietta grigia apparentemente molto banale con scritto sopra I Told Ya (“Te l’avevo detto”) indossata da Tashi e poi, anni dopo, da Patrick, in una scena cruciale del film. Come prevedibile è piaciuta molto – sia per il significato dello slogan sia per quello che la maglietta assume nella loro relazione – e Zendaya, O’Connor e Anderson l’hanno indossata nel tour promozionale del film. Loewe ne ha messe in vendita una versione bianca e una grigia al costo di 250 euro e una felpa, negli stessi colori, al costo di 520 euro, ma in giro se ne trovano di contraffatte a poche decine di euro.
La maglietta però ha un messaggio stratificato e riassume bene il modo in cui sono utilizzati anche gli altri abiti nel film. Anderson, infatti, l’ha disegnata ispirandosi a una simile indossata da John F. Kennedy Jr. in una foto scattata dai paparazzi mentre giocava a frisbee in giardino: era bianca e aveva la stessa scritta, ispirata a uno slogan del padre – I told you so – cioè il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy.
Inoltre JFK Jr e sua moglie Carolyn Bessette-Kennedy (che morirono in un incidente aereo nel 1999) furono una coppia simbolo di stile degli anni Novanta e sono tuttora molto presenti con articoli, meme, account Instagram dedicati su Internet, un mondo di cui Anderson conosce benissimo i meccanismi e le ossessioni. L’anonima maglietta di Challengers, insomma, allude a uno dei simboli degli Stati Uniti, i Kennedy, e a una delle fissazioni degli appassionati di moda sul web.