Pezzi di Brexit che devono ancora entrare in vigore, a tre anni di distanza
Martedì nel Regno Unito saranno introdotti nuovi controlli per la carne e le verdure europee: c'è ancora grande confusione su come verranno fatti
Il 30 aprile inizieranno ufficialmente nel Regno Unito i controlli sulle importazioni di prodotti alimentari freschi provenienti dall’Unione Europea, di cui il paese non fa più parte in seguito al referendum su Brexit del 2016. Questi controlli sono progettati per rispecchiare quelli introdotti dall’Unione per i prodotti britannici subito dopo l’uscita del Regno Unito dal mercato unico nel gennaio 2021 e sarebbero dovuti entrare in vigore nello stesso momento, ma da allora sono stati rimandati cinque volte.
Tuttavia, a poche ore dall’inizio di questa nuova fase, molti esperti e lavoratori del settore, sia in Unione Europea che nel Regno Unito, stanno criticando il governo per non aver fatto chiarezza su degli aspetti critici del nuovo sistema, che sostengono non sia ancora pronto per applicare le nuove norme: questo potrebbe causare notevoli ritardi e compromettere la sicurezza di prodotti, come la carne, che non possono rimanere bloccati alla frontiera per troppo tempo. A questo si aggiunge la grande quantità stessa di documenti necessari, e le tasse più alte che entreranno in vigore, che hanno già portato molte aziende europee specialmente di piccole e medie dimensioni ad aumentare i prezzi per la propria merce destinata al Regno Unito.
Lo stesso era successo quando erano stati attivati i controlli in entrata nell’Unione, ma si pensa che gli effetti per il Regno Unito potrebbero essere molto peggiori: il governo britannico prevede che le tasse aumenteranno i prezzi dei prodotti alimentari dello 0,2 per cento in tre anni, ma secondo altre stime la perdita di potere d’acquisto per i consumatori potrebbe essere molto più alta.
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Le criticità dei nuovi controlli riguardano la merce definita a medio o alto rischio: nel primo gruppo rientrano prodotti alimentari di derivazione animale, come la maggior parte della carne, il pesce e i formaggi, e vegetali, mentre del secondo fanno parte alcuni prodotti a base di carne, gli animali vivi e le piante e i semi destinati a essere piantati nei terreni britannici.
A partire da gennaio 2024, le aziende europee che esportavano prodotti freschi nel Regno Unito avevano già dovuto iniziare a presentare alla dogana britannica dei dettagliati certificati sanitari che attestavano l’assenza di malattie in ogni tipo di prodotto. Ogni certificato deve essere anche convalidato da un veterinario del paese di origine e il suo costo può variare: come spiegato in un articolo di Bloomberg che riguarda l’esportazione di carne di maiale dalla Danimarca, che è il maggiore esportatore di questo prodotto nel Regno Unito, ogni certificato costa all’incirca 16 euro e può essere necessario un certificato per ciascun camion.
Fino ad oggi presentare questi certificati bastava per far entrare la merce nel Regno Unito, ma dal 30 aprile si aggiungerà un ulteriore passaggio, che è quello che fa più preoccupare le associazioni per la tutela dei commercianti e dei consumatori: secondo il nuovo sistema di frontiera, la dogana britannica dovrà sottoporre i carichi considerati a medio e alto rischio a degli ulteriori controlli di qualità e sicurezza. Questi controlli verranno effettuati in strutture appositamente costruite dalle imprese che gestiscono i porti britannici, che sono quasi tutti di proprietà privata, che saranno divise in tre sezioni: una per il personale che controlla i prodotti a basso rischio, ossia quelli non destinati al consumo alimentare; una per le forze dell’ordine di frontiera incaricate di contrastare il contrabbando; l’ultima per i veterinari che dovranno ispezionare i prodotti agroalimentari a più alto rischio alla ricerca di eventuali parassiti e malattie. Controlli di questo tipo vengono già effettuati sulle merci che arrivano da paesi non europei, ma la quantità di merce proveniente dall’Unione è molto superiore, dato che finora era stato estremamente più vantaggioso importare merce europea che non aveva bisogno di passare attraverso nessun tipo di controllo.
Varie associazioni ed esperti hanno individuato in queste stazioni di controllo diversi problemi. Il primo è la distanza: le strutture del porto di Immingham, che si trova sul Mare del Nord all’altezza di Manchester e dove arriva moltissima della carne di maiale importata dall’Unione, sono per esempio state costruite a un chilometro e mezzo dalla costa, ma quelle del porto di Dover, davanti alla Francia e che gestisce un terzo degli scambi commerciali del Regno Unito con l’Unione, si trovano a circa 35 chilometri dal porto. L’Autorità sanitaria portuale di Dover ha avvertito che tutti questi controlli nell’entroterra potrebbero seriamente compromettere «l’intero sistema di biosicurezza e di frontiera del Regno Unito» con un elevato rischio di ritardi che potrebbero far marcire i prodotti deperibili (oltre che di frodi alimentari, per via di una gestione burocratica che almeno all’inizio sarà ancora farraginosa).
In più, questi controlli dovrebbero essere finanziati dalle aziende esportatrici europee attraverso il pagamento di una tassa che può raggiungere le 145 sterline a carico per la merce più ad alto rischio. Tuttavia, il governo britannico non ha ancora fornito ai porti un sistema informatico comune che permetta loro di riscuotere in tempi brevi queste tasse. In un incontro con gli operatori portuali avvenuto a metà aprile i funzionari del dipartimento per l’Ambiente hanno detto di star lavorando a questo database, ma che per renderlo operativo ci potrebbe volere ancora qualche mese. Le critiche sono particolarmente dure in questo campo perché alcuni porti hanno queste strutture pronte da anni, ma fino ad ora non le hanno potute utilizzare a causa dei continui ritardi del governo britannico.
Un ulteriore problema, riportato dal Financial Times dopo aver avuto accesso a dei documenti di una conferenza del dipartimento per l’Ambiente, è quello dei controlli in eccesso provocati dagli errori nella compilazione dei certificati da parte delle aziende europee. Il dipartimento ha segnalato che piccoli errori amministrativi di compilazione potrebbero portare ad una classificazione errata dei carichi di merci da parte dei sistemi informatici britannici usati per il controllo doganale, con il risultato che migliaia di camion verrebbero erroneamente mandati nelle strutture di controllo alla frontiera, sovraccaricandole e portando a grandi ritardi. Il tasso di errore sulla compilazione dei documenti sarebbe al momento del 33 per cento.
Per questo motivo, secondo quanto riportato dal Financial Times, il governo avrebbe deciso che a partire dal 30 aprile, qualora un porto si trovi sopraffatto dalla quantità di merce in attesa, questi controlli fisici dovranno riguardare solo le merci ad alto rischio, e che gradualmente verranno raggiunti «tassi di controllo completi e alti livelli di conformità».
Un modo per evitare questi ritardi sarebbe stipulare un accordo veterinario bilaterale fra l’Unione Europea e il Regno Unito, che armonizzerebbe le norme di allevamento e commercio di prodotti agroalimentari ed eliminerebbe molti di questi controlli fisici. L’Unione ha da tempo un accordo di questo tipo con la Svizzera, ma il governo di Rishi Sunak ha escluso di voler trattare con i paesi europei per raggiungerne uno. Questa opzione è sostenuta dal Partito Laburista, ora all’opposizione ma favorito nei sondaggi per le elezioni legislative che si terranno alla fine dell’anno, ma per raggiungere un accordo di questo tipo potrebbero volerci anni.