Gli Stati Uniti hanno iniziato a costruire un molo temporaneo davanti a Gaza
Per distribuire aiuti umanitari alla popolazione palestinese, ma ci sono diversi dubbi su come la sicurezza sarà garantita dall'esercito israeliano
Giovedì 25 aprile il generale Patrick Ryder, portavoce del Pentagono (il ministero della Difesa statunitense), ha detto che gli Stati Uniti hanno iniziato la costruzione di un molo temporaneo davanti alle coste della Striscia di Gaza: il molo servirà a distribuire aiuti umanitari per la popolazione palestinese, per alleviare la crisi provocata da sei mesi di bombardamenti e operazioni militari di Israele.
Il generale ha annunciato che le navi militari hanno iniziato ad assemblare sia il molo temporaneo galleggiante che la passerella sul mare al largo della costa settentrionale di Gaza, e che la consegna degli aiuti potrebbe iniziare già all’inizio di maggio.
Secondo il Pentagono, l’operazione partirà da Cipro dove gli aiuti saranno ispezionati e poi trasferiti da navi commerciali su questa grande piattaforma galleggiante. Da lì, delle navi più piccole dell’esercito statunitense trasporteranno gli aiuti verso il molo ancorato alla riva e dei camion provenienti da un paese terzo li preleveranno e depositeranno nei centri di distribuzione per farli arrivare, probabilmente grazie alle ONG, alla popolazione. L’operazione sarà protetta dalle forze armate israeliane e da quelle statunitensi. Il Pentagono ha precisato che nessun soldato statunitense entrerà a Gaza: le consegne riempirebbero inizialmente circa 90 camion al giorno e potrebbero rapidamente aumentare fino a circa 150 camion al giorno.
I funzionari statunitensi hanno comunque anticipato che non si aspettano che il molo sostituisca le consegne attraverso i confini terrestri di Gaza, che secondo le Nazioni Unite restano il modo più efficiente per portare aiuti umanitari nella Striscia. Ora la maggior parte degli aiuti entra attraverso due varchi di frontiera nel sud di Gaza: sono comunque limitati e insufficienti anche a causa dell’ostruzionismo israeliano. La costruzione del molo temporaneo, dunque, aggiungerebbe sì un nuovo punto di ingresso degli aiuti (via mare, oltre che via terra come già avviene), ma non risolverebbe il problema principale: quello della logistica e della distribuzione in sicurezza dei generi di prima necessità alla popolazione.
Il piano degli Stati Uniti ha alcuni aspetti critici piuttosto evidenti che erano già emersi quando ne aveva parlato il presidente Joe Biden all’inizio di marzo. Il primo e più significativo riguarda come le forze israeliane gestiranno la sicurezza del personale che si occuperà della consegna degli aiuti: proprio giovedì, peraltro, durante un’ispezione delle Nazioni Unite, c’è stata un’esplosione vicino all’area dove il molo toccherà terra. Tutta l’operazione potrebbe poi essere complicata se Israele, come ha già annunciato, lanciasse un’operazione militare nella città di Rafah, nel sud di Gaza.
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