L’eccidio di Civitella, 80 anni fa
Furono uccise 244 persone in una delle peggiori stragi di civili fatte dalle truppe naziste: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è in visita in occasione del 25 aprile
Giovedì 25 aprile, in occasione della Festa della Liberazione, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha visitato Civitella in Val di Chiana, un comune in provincia di Arezzo dove avvenne la strage ricordata come l’eccidio di Civitella. Il 29 giugno 1944 le truppe naziste uccisero almeno 244 persone nei comuni e nelle campagne intorno a Civitella, Cornia e San Pancrazio come ritorsione per l’uccisione di due soldati tedeschi da parte di alcuni partigiani. Fu una delle peggiori stragi compiute dall’esercito nazista in Italia nell’ultimo periodo della Seconda guerra mondiale.
A distanza di ottant’anni i familiari delle vittime non hanno ancora ricevuto nessun risarcimento: una sentenza della Corte di Cassazione del 2008 definì che spettava allo stato tedesco pagare i risarcimenti, aprendo un lungo contenzioso ancora non risolto definitivamente.
I fatti riguardano il periodo dell’occupazione tedesca dell’Italia centro-settentrionale, a cui si opponeva la Resistenza partigiana. Nella zona di Civitella in Val di Chiana si installò a metà del 1944 un comando tedesco, che ebbe numerosi scontri con le brigate partigiane dell’area: era la Divisione Hermann Göring, un’unità dell’aviazione nazista guidata dal generale Wilhelm Schmalz, che prima di arrivare in Toscana aveva già compiuto una lunga serie di rappresaglie contro la popolazione civile nell’Italia meridionale, e in particolare in Campania.
La sera del 18 giugno, mentre si trovavano al circolo ricreativo di Civitella, alcuni soldati tedeschi furono sorpresi da una brigata partigiana. Secondo racconti successivi l’obiettivo iniziale era di disarmarli e farli arrendere, ma fra i due gruppi iniziò una sparatoria, in cui due soldati vennero uccisi e uno venne gravemente ferito. Per timore di una rappresaglia gran parte dei civili lasciò il paese, per poi tornare qualche giorno dopo, dato che i tedeschi erano venuti a recuperare i corpi dei soldati uccisi, ma non avevano fatto niente per rispondere all’attacco.
All’alba del 29 giugno, quando ormai quasi tutta la popolazione era tornata in paese convinta che non ci sarebbe stata una rappresaglia, le truppe tedesche circondarono Civitella: secondo i racconti dei sopravvissuti i soldati tedeschi entrarono nelle case del paese, fecero uscire tutti e diedero fuoco alle abitazioni, uccidendo chi si era nascosto in cantina o in soffitta. Gli abitanti vennero portati nella piazza principale del paese, dove gli uomini vennero separati dalle donne e dai bambini e uccisi con colpi di pistola e mitragliatrice. Molte persone furono prelevate mentre partecipavano alla messa: il 29 giugno era la festa dei patroni Santi Pietro e Paolo, e molti non erano andati a lavorare nei campi per andare in chiesa. Secondo l’Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia, banca dati creata dall’Istituto nazionale Ferruccio Parri in collaborazione con l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, a Civitella furono uccise almeno 146 persone.
Contemporaneamente altri due squadroni nazisti si diressero verso le località vicine di Cornia e San Pancrazio, nel comune di Bucine, dove uccisero circa altre cento persone. Secondo le testimonianze a Cornia molte donne vennero stuprate prima di essere uccise con colpi di pistola e bombe a mano, o chiuse dentro le proprie case a cui i tedeschi diedero fuoco. È stato stimato che solo il 29 giugno vennero uccise almeno 244 persone, fra cui appunto alcune donne, tre sacerdoti e nove bambini. Nei giorni immediatamente successivi la stessa divisione dell’esercito tedesco uccise altri 192 civili, tutti uomini, nel comune di Cavriglia, sempre in provincia di Arezzo.
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Nel 1963 a Civitella in Val di Chiana e Bucine fu conferita la medaglia d’oro al valore civile. Come per altre stragi compiute in quel periodo, anche per l’eccidio di Civitella le persone coinvolte e i loro eredi non hanno mai ricevuto un risarcimento.
Nel 2006 il tribunale militare di La Spezia condannò all’ergastolo il sergente Max Josef Milde, il tenente Siegfried Bottcher e il sottotenente Karl Stolleisen, membri della Divisione Hermann Göring, per il loro ruolo nell’eccidio di Civitella e in altre stragi. Nel 2008 la Corte di Cassazione confermò la sentenza per Max Josef Milde, l’unico dei tre imputati ancora vivo. Nella sentenza la Corte pretese che la Germania risarcisse alcuni familiari delle vittime dell’eccidio con un milione di euro: era la prima volta che una corte italiana stabiliva che fosse lo stato tedesco ad assumersi la responsabilità diretta di una strage nazista. Quest’ultima parte della sentenza fu però annullata dalla Corte internazionale di giustizia, il più importante tribunale delle Nazioni Unite, che nel 2012 decise che un tribunale nazionale non poteva condannare uno stato sovrano.
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Da allora nessuno dei superstiti e dei familiari delle vittime è stato ancora risarcito. Dato che la Germania si rifiutava di risarcire le vittime italiane, nel 2022 il governo guidato da Mario Draghi approvò un decreto-legge che stabilì una nuova disciplina per “il ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità, in danno di cittadini italiani dalle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945”. Con il decreto venne istituito un fondo per i risarcimenti di 61 milioni di euro gestito dal ministero dell’Economia e delle Finanze, attraverso cui in pratica il governo si è fatto carico dei risarcimenti. Per accedere a questo fondo a ottobre del 2022 170 familiari delle vittime dell’eccidio di Civitella presentarono una class action davanti al tribunale di Roma. La causa è ancora in corso. In questi anni l’Avvocatura dello Stato ha spesso contestato le richieste dei parenti delle vittime in casi simili.
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