Una faida tra rapper, con l’intelligenza artificiale
Il rapper canadese Drake nel corso di un litigio con il collega Kendrick Lamar ha clonato la voce di Tupac Shakur, uno dei musicisti hip hop più famosi di sempre, facendone arrabbiare gli eredi
Mercoledì Howard King, l’avvocato che rappresenta gli eredi di Tupac Shakur, uno dei più grandi e influenti musicisti hip hop di sempre, ha inviato al famoso rapper canadese Drake una lettera di cease-and-desist (un documento che viene inviato a un individuo o a un’impresa per invitare a cessare una determinata attività ritenuta illegale), chiedendogli di eliminare da tutte le piattaforme di streaming la canzone “Taylor Made Freestyle”. King ha scritto che, se la canzone non sarà rimossa entro 24 ore (e quindi entro giovedì), gli eredi di Tupac intraprenderanno un’azione legale nei confronti di Drake.
La canzone era stata pubblicata sabato scorso, come parte di un beef (lo scontro che due rapper ingaggiano insultandosi in rima, spesso in modi molto originali) che coinvolge Kendrick Lamar, probabilmente il rapper più acclamato degli ultimi dieci anni, e lo stesso Drake. Nella canzone è stata inserita una strofa cantata da una voce sintetizzata molto simile a quella di Tupac, creata utilizzando l’intelligenza artificiale. Oltre a Tupac, nella canzone è stata clonata la voce di Snoop Dogg, un altro popolarissimo rapper statunitense.
L’utilizzo dei software di intelligenza artificiale per replicare le voci dei cantanti è un tema parecchio dibattuto negli Stati Uniti, e negli ultimi anni ha sollevato alcune questioni etiche e legali: da un lato quella legata al consenso da parte della persona la cui voce viene simulata, dall’altro quella della responsabilità da parte di chi sceglie di utilizzare queste tecnologie, che implica il dovere di renderlo noto al pubblico o comunque di chiarire con che scopo lo si fa.
King ha scritto di essere «profondamente costernato» dall’utilizzo non autorizzato «della voce e della personalità di Tupac», e ha definito “Taylor Made Freestyle” un «palese abuso» dell’eredità artistica di uno dei più importanti musicisti hip hop di tutti i tempi (Tupac morì nel 1996). Ha anche aggiunto che, anche se fossero stati interpellati, gli eredi non avrebbero dato il loro assenso a un’operazione del genere.
Nella prima strofa della canzone, cantata proprio dalla voce clonata di Tupac, Lamar viene preso in giro per non avere risposto a “Push Ups”, una canzone che Drake aveva pubblicato due settimane fa per provocarlo e dare inizio al beef.
“Push Ups” è a sua volta una risposta a una rima che Lamar aveva scritto a marzo per “Like That”, canzone scritta in collaborazione con il rapper statunitense Future, in cui sosteneva che Drake e il rapper statunitense J. Cole (che avevano da poco registrato una canzone in cui, insieme a Lamar, si definivano i tre grandi del genere) non fossero al suo livello.
Dopo l’uscita di “Like That” J.Cole aveva risposto a Lamar con la canzone “7 Minute Drill”, in cui tra le altre cose aveva definito gli ultimi dischi di Lamar «noiosi» da far addormentare, e «tragici» («Your first shit was classic, your last shit was tragic»). Pochi giorni dopo si era però scusato pubblicamente con Lamar durante un concerto in North Carolina, generando un certo scalpore nelle testate specializzate più attente alle cose che succedono nell’hip hop, una sottocultura in cui chiedere scusa durante un beef è una pratica piuttosto irrituale. Si attendeva invece la risposta di Drake, che alla fine è arrivata proprio in “Push Ups”.
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Si era parlato dell’utilizzo dei software di intelligenza artificiale per clonare le voci dei cantanti anche nell’aprile dello scorso anno, quando un utente aveva pubblicato su TikTok “Heart On My Sleeve”, una canzone che imitava lo stile vocale di Drake e del famosissimo cantante canadese The Weeknd.
Dopo l’uscita della canzone Universal, la casa discografica dei due artisti clonati, aveva pubblicato un duro comunicato in cui aveva scritto che «addestrare l’intelligenza artificiale per usare la musica dei suoi artisti» non solo «è una violazione della legge sul copyright», ma pone anche una questione più ampia che riguarda l’intera industria discografica: se stare «dalla parte dei musicisti, del pubblico e della creatività umana» o da quella dei deepfake, negando ai musicisti il loro dovuto compenso. Universal era poi riuscita a fare rimuovere la canzone dalle piattaforme su cui era stata caricata, ossia Apple e Spotify, TikTok, YouTube, Deezer e Tidal.
In alcuni stati americani sono state presentate delle proposte per provare a tutelare cantanti e etichette discografiche da questo tipo di utilizzo dell’intelligenza artificiale: a marzo per esempio il Congresso dello stato del Tennessee ha approvato l’Ensuring Likeness, Voice, and Image Security Act, una legge che vieta l’uso dell’intelligenza artificiale per replicare la voce di un cantante senza il suo consenso.
È un tema parecchio sentito anche dagli addetti ai lavori: a inizio aprile circa duecento artisti e musicisti di fama mondiale avevano sottoscritto una petizione promossa dall’organizzazione non profit Artist Rights Alliance (ARA) per protestare contro l’uso delle intelligenze artificiali nella musica, non soltanto per clonare le voci dei cantanti, ma anche per comporre canzoni. Tra i molti che avevano firmato la petizione c’erano anche Billie Eilish, i R.E.M., Elvis Costello, Nicki Minaj, Mac DeMarco, Jon Bon Jovi, gli Imagine Dragons, Katy Perry e i Pearl Jam.
L’Artist Rights Alliance, che si occupa di tutelare i diritti e i compensi degli artisti sulle piattaforme digitali, chiede che gli sviluppatori, le aziende tecnologiche e i servizi di musica digitale si impegnino a non sviluppare tecnologie o strumenti per la creazione di musica tramite intelligenze artificiali «che minino o sostituiscano l’arte umana di cantanti e artisti o ci neghino un equo compenso per il nostro lavoro».
«Crediamo che, se usata in modo responsabile, l’intelligenza artificiale abbia un enorme potenziale per far progredire la creatività umana. […] Ma alcune delle più grandi e potenti aziende stanno usando, senza autorizzazione, il nostro lavoro per addestrare i sistemi di intelligenza artificiale» con l’obiettivo di sostituire il lavoro umano con “suoni” e “immagini” creati artificialmente, avevano scritto nella lettera.