Il controverso santuario di Tokyo che fa protestare la Corea del Sud
A Yasukuni sono venerati 14 criminali di guerra responsabili di atrocità durante le occupazioni della penisola coreana e della Cina, ma ciononostante la politica giapponese continua a frequentarlo
Domenica il ministero degli Esteri della Corea del Sud ha diffuso un messaggio di rammarico e critica nei confronti del governo del Giappone dovuto al fatto che il primo ministro giapponese Fumio Kishida ha fatto un’offerta al santuario shintoista di Yasukuni, a Tokyo. Non è una cosa nuova: ogni volta che esponenti del governo giapponese hanno un qualche tipo di rapporto con questo controverso luogo di culto religioso, infatti, il governo sudcoreano protesta.
A Yasukuni sono venerati quasi 2,5 milioni di militari e civili giapponesi morti in guerra: nello shintoismo gli spiriti dei morti possono essere venerati come entità da onorare e a cui chiedere protezione e il santuario è dedicato a loro. Dal 1978 però tra questi militari ci sono 14 criminali di guerra della Seconda guerra mondiale condannati a morte da un tribunale degli Alleati nel 1948, tra cui il primo ministro degli anni della guerra Hideki Tojo e il generale Iwane Matsui, comandante delle truppe durante il massacro di Nanchino, in Cina, durante il quale vennero uccisi circa 250mila civili cinesi e violentate circa 20mila donne. Per questo la Corea del Sud e la Cina, che nei primi decenni del Novecento furono occupate e colonizzate dal Giappone (parzialmente, nel caso cinese), considerano il santuario il simbolo del nazionalismo e imperialismo militarista giapponese.
La dominazione giapponese in Asia e le conquiste per espanderne i territori furono particolarmente brutali e portarono alla morte di milioni di persone e alla riduzione in sostanziale schiavitù di centinaia di migliaia di cinesi e coreani. Per questo in passato, per spiegare agli europei come si sentissero relativamente al santuario di Yasukuni, alcuni parlamentari della Corea del Sud lo paragonarono a un “santuario nazista”.
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Il governo sudcoreano ha invitato i leader giapponesi a «dimostrare un sincero pentimento» rispetto alle responsabilità storiche del Giappone. Negli ultimi due anni le relazioni diplomatiche tra i due paesi sono migliorate per l’iniziativa del presidente conservatore sudcoreano Yoon Suk-yeol, ma le divergenze sulla memoria storica continuano a essere un tema discusso.
Il santuario di Yasukuni si trova nel quartiere di Chiyoda di Tokyo, poco distante dal Palazzo Imperiale. Venne costruito dall’imperatore Mutsuhito (a cui ci si riferisce come Meiji in Giappone) nel 1869 e oltre che ai caduti della Seconda guerra mondiale è dedicato ai militari morti nella guerra Boshin, un conflitto civile avvenuto tra il 1868 e il 1869, nelle due guerre tra Cina e Giappone del 1894-1895 e 1937-1945, e la cosiddetta Prima guerra d’Indocina, tra il 1946 e il 1954.
Fino al 1945 era un’istituzione finanziata dallo stato giapponese, che all’epoca non era separato dallo shintoismo, la religione politeista giapponese (l’imperatore era peraltro considerato di natura divina anche prima della morte). Dalla fine della Seconda guerra mondiale invece è indipendente e non è nemmeno affiliato all’Associazione dei santuari shintoisti (Jinja Honcho), la principale organizzazione dello shintoismo.
L’imperatore Hirohito (1901-1989), quello sotto il quale il Giappone partecipò alla Seconda guerra mondiale, continuò a visitare il santuario fino al 1975, smettendo dopo che su iniziativa del clero del santuario cominciarono a esservi venerati i criminali di guerra. Suo figlio Akihito e l’attuale imperatore Naruhito invece non lo hanno mai visitato. Per quanto riguarda i primi ministri, molti negli anni sono andati nel santuario ma quasi mai in veste ufficiale: in quelle rare occasioni, ad esempio nel 2013 con Shinzo Abe, i governi cinese e sudcoreano espressero dure critiche.
Per quanto riguarda Kishida, da quando è diventato primo ministro nel 2021 ha più volte mandato delle offerte al santuario di Yasukuni in occasione delle festività primaverili (una è in corso) e autunnali, e nella ricorrenza del 15 agosto, anniversario della resa del Giappone nella Seconda guerra mondiale. Di persona non lo ha mai visitato come primo ministro, ma domenica è andato nel luogo di culto uno dei ministri del suo governo, Yoshitaka Shindo.
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