Svuotare la centrale idroelettrica di Bargi non sarà facile
Dall'incidente in cui sono morti 7 lavoratori non ha smesso di riempirsi d'acqua, e per rimuoverla serviranno probabilmente almeno tre mesi
La centrale idroelettrica di Bargi, dove la scorsa settimana è avvenuto l’incidente che ha causato la morte di sette lavoratori, è ancora in gran parte allagata. In realtà dall’esplosione del 9 aprile, le cui cause non sono ancora state comprese, non ha mai smesso di riempirsi d’acqua. Venerdì il prefetto di Bologna Attilio Visconti ha spiegato quali sono i piani per svuotare dall’acqua l’impianto e procedere con le indagini durante una conferenza stampa: non sarà un’operazione semplice, e probabilmente ci vorranno almeno tre mesi.
La centrale, che si trova nell’Appennino bolognese nel territorio del comune di Camugnano, è costruita “a pozzo”, cioè per 54 metri sotto il livello del lago di Suviana. Ha dieci piani, tutti ampi circa mille metri quadrati, che sono collegati da un pozzo verticale. L’esplosione è avvenuta all’ottavo piano, il -8, e ha subito causato l’allagamento del -10 e del -9 e successivamente anche del -8 e del -7. Negli ultimi giorni si è capito che l’acqua è entrata all’interno della struttura da due diversi punti: una fonte sorgiva e una paratia mobile che è rimasta parzialmente aperta dopo l’esplosione. È soprattutto da questo secondo punto, al piano -8, che entra una gran quantità d’acqua.
Finora non sono cominciate delle vere e proprie operazioni per rimuovere l’acqua penetrata dentro l’edificio della centrale, che si è mescolata a idrocarburi e detriti a causa dell’esplosione, perché non è ancora stato possibile interrompere il flusso in ingresso. Per farlo bisogna chiudere la paratia, un’operazione per cui è necessario un intervento manuale di una squadra di sommozzatori dei vigili del fuoco: il sistema per aprirla e chiuderla in modo automatico è stato danneggiato dall’esplosione e non funziona.
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Prima che i sommozzatori possano intervenire sarà necessario portare avanti ancora un po’ il prelievo delle sostanze oleose presenti nell’acqua che ha allagato la centrale, e contemporaneamente aspettare che si riempia quasi del tutto. Per motivi di sicurezza, l’ingresso dei sommozzatori potrà avvenire quando il livello dell’acqua nella centrale sarà tra 80 centimetri e un metro più in basso rispetto a quello del lago. Al termine di una riunione con i sindaci dei comuni interessati e Salvatore Bernabei, l’amministratore delegato di Enel Green Power, la società che gestisce la centrale, Visconti ha detto ai giornalisti che secondo le previsioni dei tecnici si arriverà a questa situazione tra il 4 e il 5 maggio.
Se i sommozzatori riusciranno effettivamente a chiudere la paratia potranno iniziare le operazioni per svuotare la centrale. La loro durata dipenderà dal metodo scelto. Quello più rapido ma più costoso prevederebbe l’utilizzo di un complesso macchinario che preleverebbe l’acqua nella centrale, la pulirebbe con un sistema di filtri e poi la rimetterebbe direttamente nel lago. Al di là dei costi elevati, non è detto che sarà possibile reperire uno di questi macchinari in tempi brevi, perciò può darsi che alla fine si opti per il metodo più lungo (e «terribile secondo il mio punto di vista», ha commentato Visconti), cioè il trasporto con autobotti.
In questo secondo scenario, l’acqua mescolata a idrocarburi verrebbe prelevata dalla centrale attraverso semplici idrovore, poi stoccata all’interno di autocisterne e da queste portata in una struttura per la depurazione. Secondo le stime tecniche ogni giorno si potrebbero usare fino a 75 autobotti per portare avanti l’operazione e servirebbero almeno tre mesi per concluderla. Al di là di tempi e costi, l’uso delle autocisterne è malvisto dal prefetto per le conseguenze sulla viabilità, che sarebbero particolarmente sentite nei mesi estivi dato che l’Appennino è una meta turistica.
Se comunque i sommozzatori non dovessero riuscire a chiudere la paratia rimasta aperta manualmente, l’intero piano dovrà essere rimandato in attesa di riuscire a farlo in un modo alternativo. In ogni caso, ha detto ancora Visconti, il lago in cui si trova la centrale, formato dalla diga di Suviana (che non è stata minimamente danneggiata dall’incidente), non verrà svuotato.
Non è stata annunciata nessuna stima dei tempi necessari per riattivare la centrale perché fino a quando non saranno compiute le indagini sull’incidente non se ne parlerà. Per quelle bisogna prima rimuovere l’acqua.