Più di cento studenti che manifestavano per il popolo palestinese sono stati arrestati alla Columbia University di New York
Giovedì sera sono stati arrestati oltre cento studenti che da due giorni avevano iniziato ad accamparsi all’interno del campus della Columbia University di New York per manifestare a favore del popolo palestinese. A chiamare la polizia è stata la stessa rettrice dell’università statunitense, Nemat Shafik, dopo essersi consultata con il consiglio universitario. In una mail inviata a tutti gli studenti, Shafik ha detto di aver preso questa decisione «con profondo rammarico» e ha aggiunto: «Ho stabilito che l’accampamento e i relativi disordini rappresentano un chiaro e attuale pericolo per il regolare funzionamento dell’Università». Shafik ha inoltre fatto sapere alla polizia di New York che tutti gli studenti che hanno partecipato alla manifestazione saranno sospesi.
Quando la polizia è entrata nel campus, scrive il New York Times, ha circondato gli studenti che si trovavano nell’area dell’accampamento, in solidarietà alla popolazione della Striscia di Gaza, la “Gaza solidarity encampment”, mentre tutt’attorno centinaia di altri studenti filmavano la scena e urlavano “shame on you” (vergogna) ai poliziotti. In totale sono 108 gli studenti arrestati, tra quelli all’interno dell’accampamento e alcuni manifestanti. Gli studenti non hanno opposto resistenza e giovedì sera, durante la conferenza stampa con cui ha dato conto degli arresti, il sindaco Eric Adams ha detto che «durante i disordini non ci sono state violenze né feriti».
In seguito, scrive il Columbia Spectator, il giornale dell’università, l’accampamento è stato smantellato e quando gli studenti hanno cercato di fare un nuovo accampamento nel giardino di fronte, gli incaricati della sicurezza del campus sono intervenuti per impedirlo. Le proteste alla Columbia University, come in molte altre università statunitensi, sia pubbliche che private, sono cominciate dopo l’attacco di Hamas in Israele del 7 ottobre, quando diversi gruppi studenteschi hanno organizzato manifestazioni di solidarietà per le vittime dell’attacco, da una parte, e di protesta contro le politiche di Israele, dall’altra. Da allora l’ateneo aveva cercato in più modi di contenere le proteste, per esempio con la limitazione delle manifestazioni entro specifiche aree ed entro determinati orari.