Un film su una guerra civile finta, scambiata per una guerra civile vera
“Civil War” di Alex Garland racconta una nuova secessione negli Stati Uniti contemporanei, e ha imbaldanzito alcuni gruppi complottisti
È uscito al cinema anche in Italia Civil War, un film che racconta uno scenario ipotetico in cui negli Stati Uniti contemporanei scoppia una seconda guerra civile che contrappone le forze leali al presidente a due stati che si sono separati dall’unione, il Texas e la California. È una storia di fantasia con diversi agganci alla realtà americana che, proprio per questo, fin dalla comparsa del primo trailer a dicembre è stata considerata da alcuni gruppi conservatori cospirazionisti come parte di una strategia per il controllo della popolazione, strategia che loro chiamano “predictive programming”.
In Civil War un presidente che è riuscito a farsi eleggere per un terzo mandato (cosa in realtà non consentita a partire dal 1951, con un apposito emendamento della Costituzione) ha diviso il paese e provocato una guerra che ha devastato gli Stati Uniti. L’effettiva causa scatenante non è mai menzionata ma solo suggerita (si parla di un “massacro di antifa”, riferendosi al collettivo internazionale antifascista di estrema sinistra). Nel film infatti è più importante lo scenario, simile a quello dei film post-apocalittici, cioè con le grandi città devastate, la legge assente e i servizi primari interrotti in molte parti del paese. Tre giornalisti (un reporter di Reuters, una fotografa di guerra e una giovanissima aspirante fotografa) attraversano una parte del paese diviso in fazioni e cercano di raggiungere Washington D.C. per intervistare e fotografare il presidente.
Il film è di Alex Garland (già regista di Ex Machina e Annientamento, ma anche sceneggiatore di un paio di film realmente post apocalittici come Sunshine e 28 giorni dopo) e contiene diversi indizi che, se fosse necessario, enfatizzano le somiglianze tra questo scenario di fantasia e il presente americano.
Il presidente in questione (interpretato da Nick Offerman) ha una cravatta dai colori vistosi come Trump, identifica la stampa come il suo principale nemico e ha sciolto l’FBI. Tuttavia il film è anche molto attento ad attribuire le cause del conflitto sanguinario a entrambi gli schieramenti. Nonostante sia molto spettacolare e contenga sequenze di guerra e momenti estremamente drammatici, raccontando la storia dal punto di vista di due giornalisti il film parla anche della ricerca della verità, dell’importanza di documentare la realtà, ma pure delle implicazioni contraddittorie di tutto questo: e mette in scena la disperazione per ciò che è accaduto in un momento in cui è troppo tardi per fermarlo.
Ad aver attirato l’attenzione di diversi attivisti di estrema destra e di quelli che si autodefiniscono come appartenenti al movimento MAGA (Make America Great Again), ispirato da Donald Trump, è stata, oltre alla trama, anche la presenza di immagini di guerriglieri con la divisa dei Boogaloo Boys, un movimento di estrema destra associato a una milizia, e dell’attacco al Congresso del 6 gennaio 2021. Sono stati proprio i Boogaloo Boys ad aver cominciato a parlare di “predictive programming”, assecondando la teoria seconda la quale le élite del potere americano collaborano con Hollywood nella creazione di serie tv, show e film che mettono in scena eventi di fantasia con il fine di abituare il pubblico all’idea che questi possano accadere. In questo modo potranno essere meglio accettati quando verranno messi in pratica.
È una teoria che non ha nessuna base e viene usata per spaventare e per rafforzare le convinzioni di parte dell’elettorato di destra. In realtà film e storie di fantasia su una seconda guerra civile americana sono un classico di Hollywood. Nel 1997 Joe Dante diresse La seconda guerra civile americana (una satira sull’Iowa che dichiara guerra all’unione per ragioni di immigrazione), nel 2006 la serie Jericho aveva raccontato di una guerra civile nucleare americana e due anni fa su HBO è andato in onda DMZ, serie su alcuni sopravvissuti a una guerra civile a Manhattan. Tutto senza destare allarmismi.
Nel caso di Civil War un altro elemento ha giocato un ruolo importante, il fatto che il trailer del film sia uscito quando era da poco disponibile su Netflix Il mondo dietro di te, film con Julia Roberts e Ethan Hawke che, similmente, racconta di un non ben precisato conflitto interno agli Stati Uniti, capace di paralizzare il paese. Il mondo dietro di te è coprodotto dalla società di Barack e Michelle Obama, e i due sono un bersaglio molto frequente dei complottisti americani. La combinazione dell’uscita di quel film e del trailer di Civil War hanno spinto molti a diffondere online discorsi sul “predictive programming”.
Il “predictive programming” non nasce adesso. Il termine fu coniato dal filosofo Alan Watt per descrivere le teorie di chi individua somiglianze tra eventi presenti e vecchi programmi di intrattenimento, attribuendo a questi ultimi intenti predittivi. Uno dei bersagli più frequenti delle teorie di “predictive programming” sono I Simpson. Scene e momenti da qualche episodio della serie animata sono stati spesso usati (o modificati apposta) per sostenere che il programma avesse predetto qualcosa poi verificatosi anni dopo. Altri film che nel passato sono stati usati come esempi sono la serie di Hunger Games e il film di Christopher Nolan Il cavaliere oscuro – Il ritorno, accusati di aver predetto il massacro di Sandy Hook del 2012, solo perché il primo racconta di ragazzi mandati a morire e il secondo menziona a un certo punto la città di Sandy Hook.
Il fatto che Alex Garland abbia inserito nel film molti riferimenti alle vere divisioni e ai veri scontri vissuti in questi anni negli Stati Uniti ha solo agevolato il proliferare delle teorie. Wired ha notato come nei crediti del film sia indicato che sono stati usati filmati di Andy Ngo, un noto influencer (per molti un troll) di estrema destra che usa immagini delle proteste di antifa, da lui manipolate, per creare e diffondere teorie cospirazioniste su di loro. Un dettaglio divisivo del mondo vero inserito nella finzione. Inoltre Civil War esce durante una campagna elettorale presidenziale che coinvolge un candidato, Trump, simile al presidente del film.
Il mensile di cinema Total Film ha chiesto a Garland un’opinione su queste teorie e la risposta è stata più che altro di sconforto: «Penso possiate immaginare come la penso. Sono concetti che non…. [sospira] non è roba su cui BBC fa molti servizi ecco. Ma immagino che chi ci crede a questo punto mi risponderebbe “Beh è ovvio che avresti risposto così. Bella copertura, amico!”».
Più in generale la stampa, come anche l’opinione pubblica americana, ha preso il film in modi differenti. Un regista e assiduo commentatore di cinema sui social come Paul Schrader si è detto spaventato dal film e la critica del New York Times Manohla Dargis ne ha lodato la capacità di inserirsi in un discorso e dentro questioni reali: «Garland ha realizzato il film che da molto tempo viene preparato nel discorso politico americano e nella cultura di massa, uno che è entrato in circolazione davvero il 6 gennaio».
Invece un critico che non è rimasto impressionato dall’allegoria del film (ma semmai dal film in quanto prodotto di finzione) è Justin Chang, precedentemente critico a Variety e al Los Angeles Times e ora al New Yorker, decisamente scettico su quanto il film possa rispecchiare, anche metaforicamente, ciò che accade nel paese: «Anche quando si forma un nodo nello stomaco, questo viene dalla tensione creata dalle capacità e dal mestiere di Garland, l’abilità con la quale dosa la suspense e l’angoscia, e non dalla sua comprensione di come una simile immensa catastrofe possa davvero avvenire».