Come fa Nove a competere con la Rai
Il canale tv di Warner Bros. Discovery sta crescendo rapidamente grazie al successo dell'operazione con cui ha ingaggiato Fabio Fazio e ora ha convinto anche Amadeus: i soldi c'entrano solo in parte
Lunedì il conduttore televisivo Amadeus ha annunciato che dopo 25 anni lascerà la Rai e giovedì è stata ufficializzata la notizia che andrà a lavorare per il canale Nove, del gruppo multinazionale Warner Bros. Discovery. Se ne parlava da una settimana e non è una novità per Nove, che meno di un anno fa era già riuscito a sottrarre alla Rai il celebre presentatore Fabio Fazio. Questo passaggio avrà però certamente un grosso impatto sulla generale economia della televisione italiana.
Dopo cinque conduzioni di enorme successo del festival di Sanremo e share altissimi nella fascia preserale, Amadeus infatti è oggi il presentatore di maggior successo in Italia, mentre Nove è un canale televisivo ancora tutto sommato piccolo, che fino a un anno fa non era neanche considerato un concorrente da Rai e Mediaset.
Discovery Italia comprò il canale Nove nel 2015 dal Gruppo Editoriale L’Espresso (quello che è oggi GEDI): allora si chiamava Deejay TV e impiegò un anno a cambiare definitivamente nome. Nel 2021 Discovery Italia diventò la divisione italiana di Warner Bros. Discovery, il gruppo nato dalla fusione tra le multinazionali Discovery e WarnerMedia, uno dei più grandi al mondo nell’industria dell’intrattenimento, del cinema, dell’editoria e del digitale. Oltre a Nove, Warner Bros. Discovery possiede altri 16 canali in Italia (tra cui Real Time, Eurosport, Giallo e DMAX) e una piattaforma di streaming: Discovery+. Sui canali a pagamento dedicati allo sport di Discovery, e inclusi nel pacchetto di Sky, quest’estate verranno trasmesse peraltro le gare delle Olimpiadi che non andranno in onda sulla Rai.
Pur facendo parte di un’azienda internazionale così grande ed economicamente potente, comunque, all’interno dell’offerta televisiva italiana, da sempre dominata da Rai (Rai 1, Rai 2 e Rai 3) e Mediaset (Rete 4, Canale 5 e Italia 1), Nove è finora stato percepito come un canale televisivo piccolo e “indipendente”. Lo si nota anche guardando la gran parte della sua programmazione, molto diversa da quella dei grandi canali tradizionali italiani e più vicina a quella di canali che funzionano bene all’estero, con programmi ispirati a format di successo internazionale come Hotel da incubo e Top Chef.
I programmi più seguiti sono attualmente Che tempo che fa di Fazio, Don’t Forget the Lyrics! di Gabriele Corsi del Trio Medusa, e Fratelli di Crozza, dell’autore e attore comico Maurizio Crozza. Crozza passò a Nove nel 2017 in un momento in cui era all’apice della popolarità, dopo aver lavorato per anni per La7, il canale televisivo del gruppo Cairo che inizialmente sembrava puntare a diventare un concorrente per i primi canali, come sta facendo ora Nove. Altri nomi importanti che sono passati da Nove negli ultimi anni sono Daria Bignardi, con il programma L’Assedio che riprendeva il format di La7 Le invasioni barbariche, Peter Gomez, Roberto Saviano e Antonino Cannavacciuolo, lo chef diventato molto popolare in tv grazie alla conduzione di Masterchef Italia su Sky.
La vera svolta per Nove è avvenuta però l’anno scorso, quando ha annunciato il contratto con Fazio, che era stato in Rai per quasi quarant’anni, e che avrebbe riproposto su Nove il suo storico e seguitissimo programma Che tempo che fa, portando con sé anche l’attrice comica Luciana Littizzetto che lo aveva affiancato per anni. In un’intervista al Sole 24 Ore Alessandro Araimo, l’amministratore delegato della divisione di Warner Bros. Discovery che si occupa del Sud Europa, raccontò che il contratto di Fazio fu il «più grande investimento free-to-air (cioè in chiaro, ndr) al di fuori degli Usa per il nostro gruppo».
Non si sa quale sia stata la portata del contratto di Fazio: i giornali parlarono di 10 milioni per quattro anni, un’offerta alta ma non così spropositata da giustificare da sola il passaggio da una rete all’altra. La scelta di Fazio fu senz’altro anche legata al fatto che, avendo notoriamente opinioni progressiste, in Rai aveva cominciato a essere sempre più spesso al centro di critiche da parte di politici che avevano poi ottenuto ruoli importanti nel governo di destra di Giorgia Meloni, e quindi con una rinnovata influenza sulla Rai in quanto televisione pubblica.
Non era scontato comunque che le persone abituate a guardare Fazio sulla Rai l’avrebbero seguito anche su Nove e anzi questa operazione fu inizialmente vista come molto rischiosa. Fin dalla prima puntata però Che tempo che fa fece uno share molto alto, del 10,47 per cento, che superò con la seconda puntata (11,26 per cento) e che si è mantenuto stabile anche dopo, toccando picchi del 15,5 per cento con l’intervista a Chiara Ferragni e del 14,2 per cento con quella a Papa Francesco. Lo share medio di Nove in prima serata è del 3,5 per cento.
È diventato evidente che la strategia di Warner Bros. Discovery con Nove è almeno in parte quella di provare a competere con i canali più seguiti proponendo esattamente quello che hanno sempre fatto, e con gli stessi nomi. Un’altra indiscrezione che è stata ripresa sui giornali in questi giorni è che Nove starebbe cercando di acquistare i diritti del programma da preserata Soliti ignoti, che esiste dal 2007 e di cui Amadeus è stato uno storico presentatore. Attualmente Amadeus è il conduttore che ha il maggior share (24%) nella fascia oraria che precede la prima serata, col programma di Rai 1 Affari tuoi.
Il successo di Che tempo che fa ha sancito in qualche modo l’efficacia dell’approccio “conservatore” di Nove, portandolo a competere, a livello di ascolti e introiti pubblicitari, con i canali meno seguiti di Rai e Mediaset (Rai 2 e Rete 4), ed è probabile che abbia influito sulla decisione di Amadeus di cui si discute in questi giorni. Il contratto di Amadeus con la Rai era in scadenza il prossimo 31 agosto: non è noto cosa lo abbia spinto a decidere di andarsene ma lui ha parlato di «sforzi importanti fatti da Rai per trattenermi», cosa che fa pensare che la decisione potrebbe avere motivi politici e personali più che economici.
Il Corriere della Sera ha sostenuto che la Rai avesse fatto alcune pressioni su Amadeus per coinvolgere nell’ultima edizione del festival di Sanremo personaggi che sono considerati vicini ai partiti che sostengono l’attuale governo, cosa che la Rai ha poi smentito. Amadeus ha comunque detto che per lui era «tempo di nuove sfide professionali e personali».
Oltre ad avere alle spalle una multinazionale abbastanza grossa e florida da poter competere con la Rai nelle proposte economiche, Nove è un’alternativa allettante soprattutto per il fatto di essere un canale giovane, con una struttura meno rigida, vecchia, burocratica e dipendente da dinamiche politiche e diplomatiche rispetto a quella della Rai, ma anche di Mediaset, i cui apparati sono notoriamente enormi e poco flessibili.
Inoltre, se questa rigidità un tempo sarebbe potuta essere compensata dal ruolo istituzionale e autorevole che la Rai ha sempre avuto a livello simbolico e identitario nel panorama culturale italiano (come punto di arrivo per una carriera televisiva), negli ultimi anni questo immaginario si è affievolito, per vari motivi legati ai profondi cambiamenti nel mondo dell’intrattenimento e dell’informazione. Per personaggi noti della televisione si sta rivelando molto allettante sapere di poter passare a un canale come Nove senza perdere il proprio seguito e guadagnando in libertà e flessibilità, anche al di là dell’eventuale vantaggio economico.
Resta comunque che per il momento i numeri di Mediaset e Rai sono difficili da raggiungere: sia di giorno che in prima serata lo share per i canali delle due aziende è attorno al 37 per cento, mentre per i canali di Warner Bros. Discovery è di poco sotto il 9 per cento. La crescita, soprattutto a livello di incassi pubblicitari, è stata però notevole per Warner Bros. Discovery: secondo i dati Nielsen riportati dal Sole 24 Ore, nel primo bimestre di quest’anno ha fatto il 22 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso per un totale di 41,9 milioni di euro.