Ai Campi Flegrei non bisogna temere un’eruzione catastrofica
Lo ha ripetuto l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia dopo che un documentario della televisione svizzera aveva diffuso immagini allarmiste di uno scenario assai improbabile
Il 4 aprile la trasmissione Falò della RSI, la Radiotelevisione Svizzera di lingua italiana, ha mostrato un servizio sui Campi Flegrei che conteneva una rappresentazione grafica piuttosto allarmistica di cosa potrebbe succedere in caso di eruzione nella grande area vulcanica vicino a Napoli. Negli ultimi giorni alcune immagini del documentario o altre simili sono state mostrate sui media italiani spingendo l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV), l’ente di ricerca pubblico che si occupa dello studio dei vulcani, a ripetere che i dati sull’attività dei Campi Flegrei, raccolti costantemente, «non mostrano evidenze dell’imminenza di una eruzione vulcanica, tantomeno di grandi proporzioni».
Il documentario della RSI si intitola Napoli: il supervulcano che minaccia l’Europa. Comprende interviste a vari scienziati, tra cui il direttore dell’Osservatorio vesuviano dell’INGV Mauro Di Vito e l’autorevole vulcanologo francese Patrick Allard. Nessuno di loro preso singolarmente fa previsioni allarmistiche o particolarmente preoccupate, ma il montaggio, i toni enfatici usati dalla voce fuoricampo e la concitazione della musica usata come sottofondo trasmettono una sensazione di tutt’altro genere.
Sono state poi usate nel servizio rappresentazioni grafiche degli effetti di una possibile eruzione catastrofica su Napoli, montate tra le diverse interviste, di notevole impatto.
Le immagini mostrano colonne di cenere «alte decine di chilometri», «nuvole infuocate che scendono verso il mare», «aria satura di cenere» e Napoli scomparsa «sotto 30 metri di materiale vulcanico», come dice la voce fuoricampo. Sono state realizzate chiedendo agli scienziati di descrivere cosa succederebbe nel caso in cui avvenisse un’eruzione il più distruttiva possibile: sono basate su ciò che sappiamo delle due eruzioni più gravi mai avvenute ai Campi Flegrei, la cosiddetta “Ignimbrite campana”, avvenuta circa 40mila anni fa e considerata «l’eruzione esplosiva conosciuta più violenta avvenuta nel Mediterraneo», e l’eruzione del “Tufo giallo napoletano”, risalente a circa 15mila anni fa. Non dicono però nulla di accurato su ciò che ci si può aspettare che accada oggi.
Nei primi minuti del servizio di Falò viene detto che «la catastrofe potrebbe avvenire in qualsiasi momento», ma si tratta di un’affermazione falsa perché come ha spiegato l’INGV «la probabilità che la prossima eruzione sia del tipo Ignimbrite campana/Tufo giallo napoletano è bassissima» e comunque non avverrebbe senza poter essere prevista. Infatti un’eruzione di «grandissima scala» può essere causata solo dall’accumulo di una grande quantità di magma al di sotto del vulcano e un accumulo del genere avrebbe conseguenze molto evidenti, che dunque permetterebbero di prepararsi a un evento catastrofico.
Per provare ad avere una misura di quali sarebbero questi effetti ben visibili, l’INGV ha ricordato che il volume di magma emesso nelle 27 eruzioni degli ultimi 5.500 anni – l’ultima fu nel 1538 – è stato inferiore a 3 chilometri cubi: per confronto, si stima che in ciascuna delle due eruzioni più devastanti, la Ignimbrite campana e il Tufo giallo napoletano, sia stata eruttata una quantità di magma di decine se non centinaia di chilometri cubi. Prima del più recente periodo eruttivo il suolo in alcune zone dei Campi Flegrei si sollevò di circa 50 metri a causa della presenza sotterranea del magma: un’eruzione davvero catastrofica sarebbe preceduta da un sollevamento molto maggiore, che non sta avvenendo.
I recenti fenomeni di bradisismo, che è appunto l’innalzamento del terreno a causa dell’attività vulcanica, sono legati a un processo in corso dal 2004 che è piuttosto lento. Negli ultimi vent’anni il sollevamento maggiore è stato poco superiore a un metro.
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Lo studio dei Campi Flegrei che viene portato avanti costantemente dall’INGV dice che lo scenario eruttivo più probabile è quello di un’eruzione piccola simile a quella avvenuta nel 1538, l’eruzione di Monte Nuovo. Per una maggiore cautela, comunque, l’attuale piano di evacuazione della zona intorno al vulcano è stato definito considerando un’eruzione più grave, di scala media, come quella di Astroni di 4mila anni fa. È stata considerata infatti anche una caratteristica specifica del vulcano dei Campi Flegrei, cioè la difficoltà di prevedere in anticipo in quale punto potrebbe iniziare un’eruzione. È da questo che deriva l’incertezza nell’individuare le zone più esposte ai fenomeni vulcanici pericolosi: il piano di evacuazione ne tiene conto, considerando tutti i possibili punti da cui potrebbe fuoriuscire il magma.
In ogni caso visto il recente aumento di fenomeni sismici nella zona il piano di evacuazione è in corso di aggiornamento: a ottobre il governo aveva promesso che ce ne sarebbe stato uno nuovo entro tre mesi, ma non è ancora stato terminato. Il piano è molto complesso perché prevede lo spostamento di centinaia di migliaia di persone in poche ore, 72.
Nella versione attuale l’area dei Campi Flegrei è divisa in due zone: la zona rossa, dove abitano circa 500mila persone, comprende Bacoli, Pozzuoli, Monte di Procida e Quarto, parte di Giugliano e Marano e alcune aree di Napoli come Bagnoli, Fuorigrotta, Pianura, Soccavo, Posillipo e parte di Vomero, Chiaiano, Arenella e San Ferdinando. È la più esposta al rischio di colate piroclastiche, formate cioè da rocce e ceneri. La zona gialla, l’area esterna alla zona rossa dove potrebbero cadere ceneri vulcaniche, è abitata da circa 800mila persone e comprende i comuni di Villaricca, Calvizzano, Marano, Mugnano, Melito e Casavatore, oltre a 24 quartieri di Napoli.
L’INGV ha criticato la trasmissione svizzera usando toni particolarmente duri: «Sviluppare un racconto che mette insieme quanto avvenuto nelle due più devastanti eruzioni che hanno sconvolto i Campi Flegrei con quanto sta avvenendo in questa fase bradisismica è solo un esercizio di sfoggio di grandi effetti speciali per chi realizza documentari, e una cancellazione di anni e anni di condivisione di dati e informazioni da parte di chi ne scrive enfatizzando l’allarmismo. Tutto ciò non ha alcun senso scientifico e, soprattutto, è un’informazione dannosa che sfrutta il sensazionalismo e raccoglie l’attenzione dello spettatore-lettore terrorizzandolo».
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