Zoran Milanović, il presidente croato che vuole diventare primo ministro
Sta mettendo in discussione l'esito di un'elezione che fino a poche settimane fa sembrava scontata a favore del governo di centrodestra uscente: si vota oggi per rinnovare il parlamento
Mercoledì in Croazia si vota per rinnovare il parlamento unicamerale del paese, in croato Sabor, che una volta eletto dovrà trovare una maggioranza che voti la fiducia a un nuovo primo ministro. Il parlamento croato ha 151 seggi, la maggioranza è quindi fissata a 76. A queste elezioni si è arrivati in una situazione politica piuttosto turbolenta: a marzo era stato sciolto il parlamento in modo da poter anticipare le elezioni, dopo che per alcuni mesi erano andate avanti ampie proteste contro il governo conservatore del primo ministro Andrej Plenković, che diversi partiti di opposizione avevano accusato di corruzione.
Plenković, 54 anni, è il leader dell’Unione democratica croata (HDZ), il principale partito croato di centrodestra, e governa dal 2017. Fino a poche settimane fa l’HDZ era considerato ampiamente favorito e l’esito delle elezioni sembrava scontato, ma la campagna elettorale si è improvvisamente animata quando in modo un po’ inaspettato si è proposto come candidato al ruolo di primo ministro Zoran Milanović, popolare presidente del paese e uno dei leader del Partito socialdemocratico, il principale partito di centrosinistra croato. Milanović ha 57 anni ed era già stato primo ministro tra il 2011 e il 2016. In queste settimane ha usato una retorica particolarmente aggressiva e populista contro il governo, accusandolo di essere il più corrotto della storia della Croazia.
Sembra stia funzionando: i sondaggi stimano che la sua presenza abbia ridotto le distanze tra l’HDZ e la coalizione di partiti di centrosinistra che fa riferimento ai Socialdemocratici. L’HDZ ha comunque un elettorato molto fedele e per ora sembra rimanere saldamente il primo partito.
Per la legge croata Milanović non potrebbe fare il primo ministro, dato che è già presidente. Ha detto però che se la sua coalizione dovesse ottenere la maggioranza in parlamento si dimetterà da presidente per diventare primo ministro. È una forzatura costituzionale: Milanović infatti aveva annunciato il 15 marzo che si sarebbe candidato alle elezioni come capolista del Partito socialdemocratico, proponendosi come primo ministro in caso di vittoria della sua coalizione. Solo due giorni dopo il presidente della Corte Costituzionale croata, Miroslav Separović, aveva tenuto una conferenza stampa per dire che Milanović non poteva, in quanto presidente, partecipare alle elezioni in alcun modo: né per diventare parlamentare, né presentandosi in campagna elettorale come candidato primo ministro, e che se avesse voluto farlo avrebbe dovuto immediatamente dimettersi dal suo attuale incarico.
Milanović si è rifiutato di dimettersi e nel frattempo ha accusato anche i giudici della Corte di collaborare al sistema di potere e corruzione insieme al governo dell’HDZ. Il suo partito ha accettato almeno formalmente di non presentarlo come candidato primo ministro finché non si saprà l’esito delle elezioni, ma di fatto in queste settimane Milanović ha continuato a fare campagna elettorale. Separović aveva detto che se Milanović si fosse comportato entro i limiti costituzionali fino alle elezioni, dopo il voto si sarebbe potuto legittimamente dimettere per farsi nominare primo ministro.
In Croazia il presidente è il capo di Stato e ha un ruolo perlopiù cerimoniale. Anche se viene eletto direttamente dalla popolazione, per la Costituzione croata deve essere una figura sopra le parti e non può imporre veti sulle leggi. Nonostante questo Milanović negli ultimi anni è stato molto presente nella vita politica del paese e ha acquisito grande popolarità. È un politico dallo stile decisamente populista, usa spesso toni volgari verso gli avversari politici, si presenta come un candidato anti élite (nonostante sia presidente) e ha posizioni poco consuete per un leader di centrosinistra europeo: ha per esempio criticato duramente l’immigrazione illegale, con toni più simili a quelli di diversi leader europei conservatori, e ha definito l’invio di armi all’Ucraina un modo «profondamente immorale» per prolungare la guerra con la Russia.
In generale Milanović ha assunto in diverse occasioni posizioni filorusse o contrarie alla NATO, l’alleanza militare che comprende gran parte dei paesi occidentali, e sta cercando di porsi come punto di riferimento di una parte non trascurabile di elettorato croato favorevole all’influenza russa.
Su questo aspetto Milanović è particolarmente distante dal suo principale avversario politico, il primo ministro uscente Plenković, a capo di un governo di centrodestra europeista. Negli ultimi anni Plenković ha anche consolidato la posizione della Croazia all’interno dell’Unione Europea, adottando l’euro come moneta dall’inizio del 2023 ed entrando nell’area Schengen, lo spazio di libera circolazione delle persone. La sua campagna elettorale si è concentrata molto sullo scontro con Milanović: ha sostenuto più volte che non dovrebbe neanche poter partecipare ai dibattiti sulle elezioni e che con lui la Croazia rischierebbe di allontanarsi dall’Unione Europea, finendo per subire molti condizionamenti dalla Russia.
Per Plenković e il suo partito, però, la questione della corruzione è un problema molto concreto, al di là delle accuse di Milanović: durante il suo primo mandato al governo, tra il 2017 e il 2021, si erano dimessi 7 ministri per questioni legate a casi di corruzione, diversi dei quali coinvolti in indagini giudiziarie. Lo scorso febbraio in Croazia erano cominciate grosse proteste antigovernative dopo che la maggioranza parlamentare che sostiene Plenković aveva nominato come procuratore generale l’ex giudice Ivan Turudic, considerato vicino a varie persone accusate di corruzione. Undici partiti di opposizione guidati dai Socialdemocratici avevano quindi presentato una richiesta formale per sciogliere il parlamento e andare a elezioni, com’è poi successo.
Un’altra delle questioni recenti che hanno attirato più critiche al governo è l’approvazione all’inizio di quest’anno di una legge che punisce la diffusione sui giornali di notizie sulle indagini di polizia coperte da segreto: Plenković ha sostenuto che serva ad adeguare la Croazia agli standard europei sul tema, mentre Milanović ha detto che il governo sta cercando di reprimere i giornalisti e la stampa perché li vede come una minaccia.
In un’intercettazione di una riunione dell’HDZ pubblicata sui giornali negli ultimi giorni, Plenković si lamentava che i giornali trattassero con eccessiva benevolenza Milanović, presentandolo come «un candidato scelto da Dio».
Nonostante tutte queste polemiche, è comunque molto probabile che alle elezioni l’HDZ di Plenković si confermi primo partito, ma l’impatto della campagna elettorale aggressiva di Milanović potrebbe costringerlo a dover trovare alleati per governare: con ogni probabilità dovrà farlo a destra, dove ci si aspetta una crescita dei partiti dell’area. In queste settimane si è parlato della possibilità che l’HDZ per governare si allei con il Domovinski pokret, il Movimento Patriottico, con cui formerebbe il governo più a destra della storia del paese.
La candidatura e la presenza politica di Milanović potrebbero inoltre avere conseguenze sulle elezioni europee di giugno, dove ci si aspetta una crescita del partito Socialdemocratico. A dicembre inoltre ci saranno le presidenziali per scegliere il successore di Milanović.