Il sistema cinese che penalizza chi non paga i debiti
Lo racconta il Wall Street Journal, secondo cui la mancanza di un sistema fallimentare moderno in Cina esclude i debitori insolventi dalla società
A differenza delle grandi economie occidentali la Cina non prevede per i debitori la possibilità di dichiarare fallimento, circostanza che si chiama comunemente bancarotta e che è uno dei pilastri del capitalismo da sempre. In questi casi i debitori dichiarano di non essere più in grado di pagare i loro debiti e, dopo che il tribunale accerta la mancanza di un disegno fraudolento o intenzionale, tipicamente fanno un accordo con i creditori per restituire almeno una parte di quanto dovuto sulla base delle loro possibilità. Finita la procedura per fallimento, nella maggior parte dei casi possono ricominciare le loro vite dal punto di vista economico.
In Cina, secondo quanto raccontato dal Wall Street Journal, esiste invece un sistema punitivo di tutela dei creditori, spesso grosse banche statali, a scapito dei debitori, che non sono solo grandi investitori e impresari, ma anche famiglie e persone comuni che talvolta non riescono a pagare il mutuo.
Questo sistema, secondo quanto ricostruisce il Wall Street Journal, prevederebbe una specie di lista nera per i debitori inadempienti volta proprio a limitarli in molti aspetti delle loro vite, dal lavoro ai viaggi. I tribunali possono richiedere l’iscrizione dei debitori inadempienti alla lista nera dei criminali governativi: il numero di iscritti è aumentato di quasi il 50 per cento dalla fine del 2019, e ha raggiunto gli 8,3 milioni di persone.
I funzionari cinesi non hanno risposto sull’esistenza di un sistema ufficiale di misure punitive, ma il Wall Street Journal racconta di una certa sistematicità con cui ai debitori inadempienti vengono negati servizi o possibilità di lavoro. Capita per esempio che si ritrovino esclusi dai posti di lavoro pubblici, che non possano comprare biglietti aerei o dei treni ad alta velocità, che le loro prenotazioni in albergo non siano accettate. Vengono respinte le loro richieste di sottoscrivere delle polizze assicurative per qualsiasi evenienza, e anche sequestrata parte dello stipendio.
Tanto che ci sarebbe un mercato nero per le persone sulla lista nera, persone a cui i debitori possono chiedere di comprare per esempio i biglietti dei treni che a loro sono negati, o di fare prenotazioni al posto loro.
L’assenza di un sistema fallimentare moderno in Cina è un tema discusso da tempo. Dal punto di vista delle dottrine economiche occidentali, è controproducente perché le misure punitive non aumentano le probabilità che il debitore ripaghi quanto dovuto, ma anzi nella maggior parte dei casi gli impediscono di rimettere in sesto le sue finanze.
Il Wall Street Journal racconta per esempio la storia di Qin Huangsheng, una donna di poco più di 40 anni che vive a Canton, una delle più grandi città cinesi. Faceva la manager e ha contratto decine di migliaia di euro di debiti per pagare le spese di una start up in cui aveva investito e che stava andando in crisi. La società è poi fallita e lei si è cercata un nuovo lavoro, ma senza la possibilità di viaggiare coi treni ad alta velocità ha dovuto lasciarlo. Oggi lavora in un negozio di medicine tradizionali cinesi, dove guadagna uno stipendio di circa 400 dollari al mese, con cui deve trovare il modo di ripagare 40mila dollari che le restano ancora di debiti.
La sua è una storia che probabilmente accomuna molte persone che vivono in Cina, anche a causa della recente crisi del settore immobiliare, la cui crescita negli ultimi decenni era stata “drogata” dal debito facile che era concesso dalle banche. Uno dei fenomeni più notevoli è stato per esempio alla fine del 2021 la crisi di Evergrande, un enorme gruppo cinese che si è rivelato essere la società di sviluppo immobiliare più indebitata al mondo.
Il tracollo finanziario di questa società ha contribuito a rendere chiaro quanto fosse profonda la crisi di tutto il settore: nonostante gli interventi pubblici per evitare una serie di fallimenti a catena con enormi conseguenze sulla società, il settore immobiliare è risultato talmente indebitato che in moltissimi casi faceva fatica a finire i progetti. Chi investiva in un progetto immobiliare, o l’aveva fatto di recente, non era più sicuro che sarebbe stato effettivamente realizzato, col risultato che sono diventati molto frequenti i casi in cui le case non venivano consegnate, e le famiglie si ritrovavano comunque con il mutuo da pagare.
A questo si è unito anche il credito facile che veniva erogato dalle banche per incentivare le spese personali: il Wall Street Journal riporta che le banche cinesi hanno emesso decine di milioni di nuove carte di credito ogni anno, con saldi da pagare che sono aumentati del 50 per cento tra il 2018 e il 2023, fino a raggiungere oltre mille miliardi di dollari. Hanno incentivato il sovraindebitamento anche le app tecnologiche che consentono i pagamenti rateali, quelli che si chiamano buy now pay later (compra ora e paga dopo).
Negli ultimi dieci anni il debito delle famiglie cinesi è quasi raddoppiato, dal 36 per cento del Prodotto Interno Lordo al 61 per cento; rimane inferiore a quello delle famiglie statunitensi, il cui debito vale il 74,4 per cento del PIL. Sono comunque 11mila miliardi di dollari, una cifra enorme per un paese in cui il reddito annuale procapite, quindi quello che le persone usano per ripagare i debiti, è molto basso: poco più di 13mila dollari in Cina, contro gli 85mila negli Stati Uniti.
– Ascolta Globo: La fine del miracolo cinese?, con Francesca Spigarelli