Il racconto di una prigioniera politica bielorussa, scritto su un pezzo di carta igienica
Katsiaryna Novikava ha descritto le pessime condizioni della sua detenzione, in una lettera inviata dal carcere con mezzi di fortuna
Nei giorni scorsi i media bielorussi indipendenti hanno pubblicato una lettera in cui una prigioniera politica, Katsiaryna Novikava, descrive le pessime condizioni della propria detenzione e di quella di molti altri prigionieri politici nelle prigioni bielorusse. Vista la difficoltà nel far uscire le informazioni dal carcere, Novikava ha dovuto inviarla di nascosto, scrivendola su un pezzo di carta igienica.
La Bielorussia è un paese dell’Europa orientale governato da trent’anni in modo autoritario dal dittatore Alexander Lukashenko. Nel 2020 la sua vittoria in elezioni caratterizzate da gravi brogli, che gli aveva fatto ottenere un sesto mandato consecutivo, aveva provocato grandi e partecipate proteste: nella successiva repressione più di 35mila persone sono state arrestate e imprigionate per accuse politiche, per essersi opposte a Lukashenko. Attualmente in Bielorussia, un paese di circa 9 milioni di abitanti, ci sono quasi 1.400 prigionieri politici, secondo l’associazione per i diritti umani Viasna.
Novikava partecipò alle proteste. Fu arrestata nel giugno del 2023 e accusata di sette reati diversi, fra cui “incitamento all’odio” e “interferenza nell’attività di un dipendente del ministero dell’Interno”. È stata condannata a sei anni e sei mesi di carcere.
Nella sua lettera, consegnata al canale indipendente bielorusso Belsat, Novikava parla dei pestaggi subiti in vari centri di detenzione. Dice di essere stata picchiata «dall’intera caserma» a causa della sua attività di opposizione al regime. Descrive inoltre la carenza di cure mediche: dice che dopo essere caduta da un letto a castello la ferita alla testa che si era procurata sarebbe stata fotografata dagli agenti, che però non avrebbero fatto nulla per medicarla.
Novikava ha scritto anche delle ingiustizie del sistema giudiziario: sia la giudice che l’ha condannata sia l’avvocato che avrebbe dovuto difenderla sarebbero, secondo Novikava, chiaramente sostenitori di Lukashenko e l’avrebbero umiliata ripetutamente. Ha detto poi che la maggior parte delle lettere che le vengono inviate non le verrebbe recapitata in carcere, e che «anche i disegni sono vietati». La donna dice anche di essere stata arrestata in camicia da notte e di non essersi potuta cambiare fino a che ai suoi familiari è stato concesso di consegnarle degli altri vestiti.
Pavel Sapelka, un avvocato che lavora con Viasna, ha detto ad Associated Press che la lettera di Novikava dimostra «la situazione catastrofica dei prigionieri politici nelle prigioni bielorusse». Secondo Sapelka le autorità bielorusse sarebbero al corrente che gli abusi, i pestaggi, il diniego di cure mediche e l’isolamento informativo, sistematici nel sistema penitenziario del paese, sono una forma di tortura nei confronti dei prigionieri.
Tra i prigionieri politici ci sono lo stesso fondatore di Viasna, Ales Bialiatski, che nel 2022 fu tra i vincitori del premio Nobel per la Pace. Alcuni oppositori sono stati fatti sparire, al punto che si teme per la loro vita. Per esempio di Maria Kolesnikova, una delle tre leader dell’opposizione, arrestata nel 2020, non si hanno notizie da oltre un anno: i suoi avvocati hanno ricevuto una sua lettera per l’ultima volta il 14 febbraio del 2023, e da allora non ci sono più stati contatti. Nessuno sa dove si trovi, né quale sia il suo stato di salute.
Altri dissidenti sono morti in carcere: tra questi Igor Lednik, un celebre giornalista e politico arrestato nel 2020 perché avrebbe «diffamato» Lukashenko in uno dei suoi articoli. È morto a febbraio, in carcere, e le autorità non vogliono rivelare la causa del decesso.
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