Benjamin Netanyahu vs Yoav Gallant vs Benny Gantz
I tre più importanti membri del gabinetto di guerra israeliano, l'organo che prende decisioni sulla guerra a Gaza, sono tra loro rivali anziché alleati: come si metteranno d'accordo sulla ritorsione promessa contro l'Iran?
Nei prossimi giorni, forse nelle prossime ore, molto probabilmente il gabinetto di guerra israeliano prenderà una decisione che potrebbe avere conseguenze su Israele e su tutta la regione: come rispondere all’attacco iraniano di sabato notte, e se iniziare oppure no una serie di scontri diretti con l’Iran che potrebbero portare a una guerra o a un periodo di ulteriore e forte destabilizzazione in tutto il Medio Oriente.
Il gabinetto di guerra è l’organo israeliano in cui vengono prese le decisioni strategiche sulla guerra nella Striscia di Gaza. Il problema è che da qualche giorno, sul confronto con l’Iran, è fortemente diviso al suo interno, come ha raccontato il Wall Street Journal. In particolare i suoi tre membri più importanti sono divisi da rivalità politiche, differenze ideologiche e avversioni personali: sono il primo ministro Benjamin Netanyahu, il ministro della Difesa Yoav Gallant e Benny Gantz, ex capo di stato maggiore dell’esercito e capo dell’opposizione politica a Netanyahu.
Il gabinetto di guerra è stato creato l’11 ottobre dell’anno scorso, pochi giorni dopo l’attacco di Hamas contro Israele, ed è composto da sei membri: tre membri a pieno titolo, cioè Netanyahu, Gallant e Gantz, e tre osservatori che hanno funzioni di consiglieri. Gli osservatori sono Ron Dermer, un diplomatico confidente di Netanyahu, Gadi Eisenkot, un ex generale e alleato politico di Gantz, e Arye Deri, il leader del partito ultraortodosso Shas e figura piuttosto controversa nella politica israeliana. Alle riunioni, di volta in volta, partecipano poi altri ministri, membri dell’intelligence o diplomatici stranieri, come ha fatto più volte il segretario di Stato americano Antony Blinken.
In questi mesi, all’interno dell’organo, Netanyahu ha cercato di assumersi da solo la direzione della guerra, mentre Gallant e Gantz hanno cercato di tagliare fuori Netanyahu da alcune delle decisioni militari. I rapporti tra i tre sono conflittuali da anni, se non da decenni.
Netanyahu e Gantz sono avversari politici. Gantz è stato il capo delle forze armate israeliane tra il 2011 e il 2015 (nominato da Netanyahu stesso), periodo durante il quale diresse due grosse operazioni militari contro Hamas nella Striscia di Gaza. Nel 2019 entrò in politica come avversario di Netanyahu. Da allora si è candidato contro di lui in cinque elezioni (in Israele si è votato molte volte negli ultimi anni, a causa della frammentazione politica), senza però mai riuscire a ottenere la carica di primo ministro.
Dopo il 7 ottobre, Gantz e altri membri del suo partito sono entrati a fare parte di un governo di unità nazionale, ma le divisioni politiche sono rimaste. In particolare, ora che la popolarità di Netanyahu è crollata a causa dei numerosi errori commessi dalla sua politica di sicurezza, Gantz è diventato il politico più apprezzato del paese, che con ogni probabilità vincerebbe le elezioni se si tenessero domani. Questo rende la loro collaborazione molto complicata.
Teoricamente, Netanyahu e Gallant sono membri dello stesso partito di destra, il Likud, ma nonostante questo i loro rapporti sono complicati. Nel marzo del 2023 Gallant, che era già ministro della Difesa, criticò la contestata riforma del sistema giudiziario voluta da Netanyahu, sostenendo – come stavano facendo in quel periodo molti importanti membri dell’esercito e dell’intelligence – che avrebbe messo in pericolo la sicurezza del paese. Netanyahu lo licenziò, ma un paio di settimane dopo fu costretto a rimetterlo in carica a causa delle enormi proteste popolari a suo favore.
Per completare il giro, anche Gantz e Gallant sono stati rivali, ma dal punto di vista militare. Entrambi generali di prestigio, nel 2010 miravano tutti e due al ruolo di capo delle forze armate. Il governo scelse inizialmente Gallant, ma lo rimosse dall’incarico poco dopo quando il generale fu accusato di aver organizzato una campagna diffamatoria contro i suoi rivali (le accuse non sono mai state provate). Ganz fu allora scelto al suo posto. Lo scandalo pose fine alla carriera militare di Gallant, che qualche anno dopo entrò in politica e poi si unì al Likud, fino a essere nominato ministro della Difesa.
Insomma, tra le tre persone che hanno il compito di gestire la guerra nella Striscia di Gaza e di decidere la risposta israeliana all’attacco dell’Iran i rapporti sono disfunzionali. Ciascuno di loro ha obiettivi politici o militari propri, e in contrasto con quelli degli altri.
All’interno del gabinetto di guerra, in particolare, Gallant e Gantz sono riusciti a trovare una forma di accordo, e spesso hanno agito assieme opponendosi a Netanyahu. Questo benché Gantz sia il più moderato dei tre (sebbene sempre convinto della necessità della guerra a Gaza) e Gallant sia invece il più aggressivo dal punto di vista militare, al punto che sarebbe stato favorevole, all’inizio della guerra, ad attaccare preventivamente il gruppo armato Hezbollah in Libano (Hezbollah è un gruppo radicale alleato dell’Iran).
I tre poi si muovono molto spesso indipendentemente: Netanyahu e Gallant fanno raramente conferenze stampa congiunte e ciascuno parla con i giornalisti autonomamente. Gallant ha pubblicato il suo piano per il futuro della Striscia di Gaza dopo la guerra, che è differente da quello di Netanyahu. Mentre il primo ministro stava apertamente litigando con l’amministrazione statunitense sulla gestione della guerra, arrivando ad annullare la visita di alcuni funzionari israeliani, Gantz ha organizzato in autonomia un viaggio negli Stati Uniti, dove è stato accolto con tutti gli onori.
Le divisioni dentro al gabinetto di guerra riflettono l’equilibrio precario del governo di unità nazionale, in cui gran parte dell’opposizione è entrata dopo l’inizio della guerra. Da qualche settimana, tuttavia, alcuni membri dell’opposizione – e molti elettori – cominciano a sostenere che il governo di coalizione serva più a preservare la permanenza di Netanyahu al potere che a gestire le emergenze del paese, e per questo sono cominciate pressioni su Gantz affinché ritiri il suo sostegno.
È molto improbabile che questo avvenga mentre è ancora in corso la crisi attuale con l’Iran, perché sarebbe considerato irresponsabile aggiungere instabilità politica alla situazione di emergenza militare. Sotto questo punto di vista, alcuni sostengono che la crisi con l’Iran abbia rafforzato politicamente Netanyahu, stabilizzando il suo governo e obbligando gli alleati internazionali a sostenerlo nonostante le divisioni crescenti.