Gli influencer hanno rovinato il Coachella
Da diversi anni la musica è sempre meno rilevante in uno dei festival musicali più importanti e influenti al mondo, diventato soprattutto una costosissima vetrina
Domenica scorsa è finito il primo dei due weekend del Coachella Valley Music and Arts Festival, o semplicemente Coachella, festival musicale che si svolge ogni anno a Indio, una città della California a circa 200 chilometri da Los Angeles, e che è probabilmente il più famoso al mondo insieme a quello inglese di Glastonbury. Per anni il Coachella è stato un ritrovo sognato dagli appassionati di musica pop di tutto il mondo, ma da tempo la sua fama sta peggiorando, ed è sempre più noto come un luogo sfruttato da migliaia di influencer o aspiranti tali per produrre contenuti e accrescere il proprio seguito, senza nessun vero interesse per la musica suonata.
Questa tendenza ha reso le ultime edizioni del festival assai peggiori di un tempo, e la deriva sembra essere stata confermata dal weekend appena trascorso, che molti critici e addetti ai lavori hanno descritto come fallimentare, per vari motivi: il costo dei biglietti, l’impreparazione degli steward, la difficoltà di trovare parcheggio e di spostarsi all’interno della struttura che ospita il festival, per esempio.
La critica largamente più diffusa ha però riguardato proprio la sempre più folta presenza di influencer, che negli ultimi anni sono diventati delle figure sempre più centrali per l’economia del Coachella. Secondo molte persone, l’apporto economico che garantiscono avrebbe contribuito a snaturare lo spirito originario del festival, spingendo anche l’organizzazione a progettare un evento che attrae un tipo di pubblico sostanzialmente disinteressato alle esibizioni dei gruppi e dei musicisti, e quindi molto diverso rispetto a quello di una decina d’anni fa. La giornalista Mary Carreón ha scritto su Business Insider che le esibizioni dei musicisti e dei gruppi sono diventate una specie di contorno, e il pubblico che fino a una decina d’anni fa considerava il Coachella il festival più importante del mondo ha iniziato ad allontanarsi e a sentirsi escluso da un evento a cui era molto legato dal punto di vista emotivo.
Il disinteresse di una gran parte delle persone che frequentano il Coachella è un tema che le riviste musicali approfondiscono già da qualche anno: in questi giorni si è tornati a parlarne soprattutto per via delle lamentele di Damon Albarn, il cantante dei Blur, che durante l’esibizione della band domenica ha criticato il pubblico per il suo scarso coinvolgimento. Albarn aveva provato a far cantare la parte vocale di “Girls & Boys”, una delle canzoni più famose del gruppo, senza però ottenere risposta. «Non ci vedrete mai più, quindi potreste anche cantarla, cazzo», aveva detto alla fine, visibilmente scocciato.
Molte aziende allestiscono degli spazi propri nel festival – Aperol, American Express, Google, Coca-Cola, Adidas solo per dirne alcuni – o contattano gli influencer per pubblicizzare i loro prodotti durante gli eventi. Ma il Coachella è diventato un momento di aggregazione per gli influencer di tutto il mondo anche per via del Revolve Festival, un evento organizzato dall’e-commerce statunitense Revolve e dedicato interamente a queste figure: si svolge negli stessi spazi del Coachella, e si può partecipare solo su invito.
Come ha scritto la giornalista Ryma Chikhoune, Revolve ebbe l’intuizione di organizzare la prima edizione dell’evento nel 2015, un periodo in cui farsi pubblicità utilizzando gli influencer non era una pratica così sdoganata come oggi. Dedicare loro un intero evento era quindi un modo per «raccoglierli» tutti nello stesso posto, facilitando così la stipulazione di accordi di collaborazione.
Negli ultimi dieci anni il Revolve è diventato una specie di “festival dentro al festival”, con una propria line up diversa da quella del Coachella, a volte anche molto importante: lo scorso anno, per esempio, si erano esibiti cantanti alla moda come Ice Spice, le City Girls e 21 Savage. Anche per via dell’attrattività del Revolve Festival, il Coachella è diventato prima di altri un evento caratterizzato da un’altissima presenza di influencer.
Lo scorso anno la podcaster Linda Cuadros, che tra la metà degli anni Duemila e l’inizio degli anni Dieci ha partecipato stabilmente al Coachella, aveva raccontato a Time che, prima che venisse organizzata la prima edizione del Revolve Festival, il Coachella «riguardava soprattutto l’esperienza di scoprire musica di cui non avevi mai sentito parlare prima» e che le persone che ci andavano non prestavano così tanta attenzione all’immagine e all’abbigliamento. Oggi invece, sempre secondo Cuadros, il Coachella è diventato una specie di «Olimpiadi degli influencer», finendo per allontanare il pubblico che lo amava per davvero.
Addirittura, alcuni influencer negli ultimi anni sono stati accusati dai loro follower di aver saltato del tutto i concerti del festival, per partecipare soltanto a eventi promozionali collaterali: per loro è stata coniata l’espressione “No-Chella”. In tutto questo, i prezzi dei biglietti sono molto alti – partono da intorno ai 500 dollari – e in generale partecipare, tra alloggio, parcheggio o spostamenti, e cibo, è un’esperienza sempre più elitaria. Per l’edizione di quest’anno è stato venduto soltanto l’80% dei biglietti. Il primo weekend è andato tutto esaurito in un mese, mentre soltanto l’anno scorso era bastata una settimana.
Anche dal punto di vista musicale, la proposta delle ultime edizioni è stata criticata e oggetto di polemiche. Nel 2022 uno degli headliner, i musicisti più importanti in cartellone, doveva essere il rapper Kanye West, da tempo in declino e controverso ma ancora molto popolare: pochi giorni prima, però, diede disdetta e non partecipò al festival. Nel 2023 era stato organizzato un monumentale ritorno ai concerti del famoso e amato cantante Frank Ocean, ma la sua esibizione fu un disastro, pieno di problemi tecnici e peggiorato dall’apparente poco impegno dello stesso Ocean. Quest’anno, oltre all’episodio di Albarn, ha attirato molta attenzione il dj set della cantante Grimes, che ha dovuto interrompere platealmente la musica lamentandosi di problemi tecnici. Anche prima che si svolgesse il weekend di concerti, poi, il cartellone del festival era stato giudicato da molti deludente e povero di musicisti importanti e di rilievo.
Il giornalista musicale Tom Taylor ha scritto su Far Out Magazine che, allo stato attuale, i valori originari del Coachella (la voglia di scoprire nuovi generi, la creazione di un momento di aggregazione pensato per una nicchia di appassionati di musica, seppur grossa) sono state quasi «abbandonate», e che il festival è stato ridotto a una vetrina di esposizione di prodotti commerciali, diventando sostanzialmente irrilevante dal punto di vista culturale.
Secondo Taylor, quello che è successo al Coachella è un esempio lampante di quanto sia diventato difficile, se non impossibile, organizzare un festival musicale che soddisfi una grande quantità di persone e che sia allo stesso tempo profittevole nel 2024. «Se dovessi chiedere all’appassionato medio di musica di mettere insieme il cartellone del festival del 1999 la maggior parte delle persone avrebbe fatto una lista simile di nomi dalla scena alternativa. Chiedi allo stesso gruppo di persone di farlo per il 2025, e avrai probabilmente una varietà di nomi molto più ampia. È indicativo semplicemente di come sia cambiata la musica in questo periodo. Gli ultimi vent’anni sono stati l’era dei micro-generi, e non c’è un unico suono che detta legge».
Fa l’esempio di tre degli headliner di quest’anno, i Blur, la rapper Ice Spice e il rapper Tyler, the Creator: tutti con milioni di fan e di ascoltatori su Spotify, e attraenti dal punto di vista commerciale, «ma non è detto che ci sia una sola persona tra le 100mila che partecipano al Coachella che sia fan di tutti e tre». A queste difficoltà, che interessano un po’ tutti i festival del mondo (anche il Primavera Sound di Barcellona, uno dei più importanti d’Europa, ha ricevuto critiche simili nelle ultime edizioni), nel caso del Coachella si è aggiunta una attenzione al marketing piuttosto spregiudicata, che secondo il fotografo Raph Pour-Hashemi, che per lavoro partecipa a tantissimi festival nel mondo ogni anno, ha privato l’evento «della sua anima: insegue soltanto il prossimo segmento demografico».
Una cosa peraltro difficile e rischiosa da fare, e che spesso aliena i segmenti demografici più vecchi, affezionati a un’altra idea di festival. È l’impressione che ha avuto Alaina Demopoulos, che è stata al primo weekend del Coachella per il Guardian e ha detto di aver notato «un passaggio generazionale. La Gen Z [quella dei nati tra la metà degli anni Novanta e i primi anni Dieci] ha ufficialmente preso il potere, provocando una certa crisi di identità per una tradizione che a lungo è stata modellata sui gusti dei Millennial».