Il padiglione di Israele alla Biennale di Venezia rimarrà chiuso
Fino a quando non sarà raggiunto un accordo sul cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e sulla liberazione degli ostaggi israeliani: lo hanno annunciato gli artisti e i curatori che rappresentano il paese alla mostra
Martedì gli artisti e i curatori che rappresentano Israele alla 60esima edizione della Biennale d’arte di Venezia, che inizierà il 20 aprile, hanno annunciato che il padiglione israeliano rimarrà chiuso fino a quando non sarà raggiunto un accordo sul cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e sulla liberazione delle persone israeliane tenute in ostaggio da Hamas. L’annuncio è stato comunicato martedì mattina con un cartello che è stato attaccato all’ingresso del padiglione. Per ora gli organizzatori della Biennale non hanno commentato la decisione degli artisti israeliani.
Ruth Patir, l’artista che rappresenta Israele alla Biennale, ha detto al Guardian che la decisione rappresenta «una scelta di solidarietà con le famiglie degli ostaggi e con la grande comunità di Israele che chiede un cambiamento».
Patir ha anche spiegato di essere contraria alle forme di boicottaggio culturale che vengono intraprese nei confronti di Israele, ma che allo stesso tempo prova una «notevole difficoltà» nel presentare il progetto israeliano della Biennale, perché «parla della vulnerabilità della vita in un momento di incredibile disprezzo per essa».
«L’arte può aspettare, le donne, i bambini e le persone che vivono l’inferno invece non possono», hanno detto Mira Lapidot e Tamar Margalit, altre due curatrici del padiglione israeliano. Margalit ha detto inoltre al New York Times che il governo israeliano, che ha pagato circa la metà dei costi del padiglione, non è stato informato in anticipo della protesta.
Nelle scorse settimane la presenza di Israele alla Biennale era stata molto criticata. A febbraio Art Not Genocide Alliance, un gruppo di attivisti, aveva pubblicato una lettera aperta firmata da più di 23mila artisti per chiedere l’esclusione del padiglione israeliano dalla mostra, citando in particolare il precedente del Sudafrica, a cui tra il 1968 e il 1993 fu vietato di partecipare all’evento per protesta contro l’apartheid allora in atto nel paese.