Dovremmo cambiare i cani col muso schiacciato, per il loro bene
Molti veterinari e organizzazioni per il benessere animale propongono di selezionarli in modo diverso, o non allevarli proprio, perché hanno gravi problemi respiratori
Qualche settimana fa in Germania c’è stata una piccola polemica riguardo a una proposta di legge che, secondo alcuni articoli sensazionalistici, avrebbe vietato l’allevamento dei bassotti. In realtà il disegno di legge, promosso dai Verdi tedeschi – uno dei partiti di governo – non prevede nulla di così prescrittivo: semplicemente se fosse approvato proibirebbe di far riprodurre cani con caratteristiche fisiche che causano sofferenza agli animali, problemi di salute e una bassa aspettativa di vita. Nessuna specifica razza canina verrebbe vietata, si cercherebbe solo di evitare la diffusione di certi tratti estremi, come zampe eccessivamente corte o musi eccezionalmente schiacciati.
Negli ultimi anni i problemi di salute particolarmente sofferti dai cani di certe razze sono stati una questione abbastanza discussa in diversi paesi, europei e no, anche con orientamenti ben più rigidi di quello tedesco. Nei Paesi Bassi ad esempio è in discussione da più di un anno una proposta di legge per vietare veramente il possesso di certi tipi di cani (non dei bassotti), oltre alla diffusione delle loro immagini nelle pubblicità e sui social network. È invece più permissiva la proposta di regolamento della Commissione Europea a proposito del benessere di cani e gatti presentata lo scorso dicembre, che dice solo che gli allevatori devono provvedere a evitare che «le strategie di riproduzione» causino la trasmissione di caratteristiche «nocive».
In particolare la proposta di regolamento europeo «non osta alla selezione e alla riproduzione di cani e gatti brachicefali», cioè con il cranio schiacciato, come carlini, bouledogue francesi e Cavalier King Charles spaniel. Sono tra le razze di cani che secondo i veterinari hanno più problemi sanitari gravi dovuti alla loro conformazione fisica. Nella sua versione attuale la proposta di regolamento impone solo che i «programmi di selezione o riproduzione riducano al minimo le conseguenze negative che i tratti brachicefali hanno sul benessere».
Nel mondo esistono più di 300 diverse razze di cani. Appartengono tutte alla stessa specie, ma possono avere tratti fisici diversissimi che sono stati selezionati artificialmente nei secoli dalle persone, facendo accoppiare cani simili tra loro. «L’obiettivo della selezione era specializzare i cani in base a determinate caratteristiche: ci sono cani da difesa, cani da caccia, cani da compagnia e via dicendo», spiega Marco Melosi, presidente dell’Associazione nazionale medici veterinari italiani (ANMVI), «ma non si è mai fatta tanta attenzione a quelle che erano le conseguenze negative della selezione».
Nel caso delle razze brachicefaliche è stata selezionata una forma del muso che si ritiene piaccia a molte persone perché ricorda le facce dei bambini. Il primo a ipotizzarlo fu l’etologo e psicologo austriaco Konrad Lorenz, premio Nobel per la medicina nel 1973, noto soprattutto per i suoi studi sul comportamento di cani e uccelli. Nel 1943 Lorenz teorizzò che l’aspetto che ricorda quello dei bambini piccoli, il cosiddetto Kindchenschema, porta gli esseri umani a provare affetto per gli animali non umani che lo mostrano, oltre all’impulso di prendersene cura.
Quale che sia la ragione per cui piacciono molto a tante persone, carlini e bouledogue francesi sono razze molto popolari in questi anni, tanto che le proposte legislative pensate per i loro problemi di salute a volte prevedono divieti di diffonderne le immagini sui social network. Sono anche molti gli influencer che hanno cani di queste razze – in Italia era piuttosto conosciuta la bouledogue francese di Chiara Ferragni, morta nell’estate del 2023 per un tumore.
I problemi legati alla brachicefalia non sono gli unici legati alla selezione delle razze, ma sono particolarmente dannosi e senza interventi chirurgici possono causare la morte prematura degli individui in cui sono più gravi. Il fatto di avere il cranio più largo che lungo fa sì che in questi cani i tessuti molli dell’apparato respiratorio, cioè quelli di naso, laringe e trachea, siano compressi e ostruiscano parzialmente le vie aeree. Per questo sono anche detti cani che vivono “con un filo d’aria”. Il loro disagio legato alla respirazione si aggrava quando le temperature sono più alte perché i cani disperdono il calore corporeo ansimando: i brachicefali possono espirare poca aria alla volta e per questo patiscono molto il caldo.
Molto spesso poi succede che sviluppino una polmonite legata al vomito, la cosiddetta polmonite ab ingestis. Ogni volta che rimettono, questi cani rischiano che un po’ di vomito finisca nella trachea, che è compressa vicino all’esofago, e da lì nei bronchi, dove può causare un’infezione.
Giulia Corsini, veterinaria specializzata in emergenze che lavora in un ospedale vicino a Cambridge, nel Regno Unito, dice che ogni settimana si trova ad avere a che fare con cani brachicefali che hanno problemi respiratori acuti e a cui deve essere fornito più ossigeno. Corsini ha descritto un caso tipo di polmonite ab ingestis in un libro pubblicato da poco, Salvare gli animali (Utet), e dice che «tra i cani che più di frequente arrivano nei reparti di emergenza ci sono carlini e Bulldog con problemi respiratori».
I veterinari possono sottoporre questi cani a interventi chirurgici correttivi al naso o al palato che li aiutino a respirare meglio, ma non è una cosa da poco né per i cani, né per i loro proprietari. Anche dal punto di vista economico: tra esami del sangue, radiografie, TAC e operazioni si possono spendere diverse migliaia di euro. A queste vanno aggiunte spesso altre spese per altri problemi legati alla brachicefalia come il sovrappeso causato dal fatto che faticando a respirare i cani non fanno molto moto. Possono poi esserci problemi secondari gastrointestinali dovuti all’aumento della pressione intratoracica come ernia iatale, e problemi legati agli occhi sporgenti, come le ulcere corneali. Anche avere uno spazio insufficiente per i denti può portare disagi.
«Nel Regno Unito i veterinari portano avanti una campagna educativa martellante sui rischi legati a queste razze», racconta Corsini, «si potrebbe dire che dal punto di vista economico vada contro il nostro interesse, visto che tutti i problemi di questi cani comportano grandi spese, ma, appunto perché ci importa molto del benessere dell’animale, suggeriamo di pensare ad altre razze o quantomeno di scegliere gli individui con una conformazioni anatomica più normale».
In Italia è stata fatta una proposta di legge pensata per vietare alcune pratiche relative alla selezione di certe caratteristiche fisiche dei cani, ma attualmente non esistono misure in vigore che impongano qualcosa di specifico agli allevatori.
Melosi spiega che si sta provando a risolvere i problemi di salute dei cani brachicefali con un altro approccio, meno radicale. Dal 2019 l’ANMVI sta portando avanti un progetto insieme all’Ente nazionale cinofilia italiana (ENCI), l’organizzazione che cataloga e fissa gli standard per le razze canine e gestisce le competizioni cinofile in Italia, per migliorare la salute di questi cani riducendo il numero di quelli che hanno le caratteristiche fisiche più estreme.
Da parte loro i veterinari hanno condotto un’indagine nazionale per stimare quale sia la frequenza di difficoltà respiratorie nei cani brachicefali italiani e classificare i diversi problemi in base alla gravità. Nel frattempo hanno adottato una campagna di comunicazione con volantini appesi negli studi e nelle cliniche veterinarie per informare sui problemi di salute frequenti nelle razze brachicefaliche.
Invece la commissione tecnica dell’ENCI sta lavorando per spingere gli allevatori a sottoporre i cani a due test studiati nel Regno Unito e in Francia per individuare i cani che possono sviluppare la sindrome ostruttiva delle vie aeree superiori (spesso chiamata BOAS dall’acronimo in inglese). È da circa sei mesi che si stanno portando avanti questi test, pensati per capire quali siano i cani più sani e sceglierli per la riproduzione, dunque per portare avanti le nuove generazioni delle razze in questione.
In passato era stato fatto qualcosa di simile per un altro problema di salute diffuso in varie razze di cani, cioè la displasia dell’anca, che riguarda ad esempio i pastori tedeschi e i golden retriever: negli ultimi quarant’anni i cani con questo problema sono via via diminuiti grazie alle verifiche fatte dagli allevatori prima di farli riprodurre. Ci vorrà del tempo però perché si vedano degli effetti su larga scala, più di qualche generazione molto probabilmente.
Sia Corsini che Melosi consigliano a chi proprio volesse avere un cane di una razza brachicefala di acquistarne uno col pedigree, cioè di cui si abbiano informazioni su genitori e altri ascendenti. «Bisogna evitare come la peste di acquistare cuccioli di cane o altri animali sui siti fatti per vendere oggetti di seconda mano», aggiunge Corsini. Poi può essere una buona idea consultare qualche veterinario per avere un parere su una razza e sugli allevamenti a cui affidarsi.