Le copie delle città europee in Cina
Le imitazioni di Parigi, Londra o Firenze erano pensate per attirare abitanti che in qualche caso non sono mai arrivati, e sono frequentate perlopiù da curiosi
Più di novemila chilometri a est della Tour Eiffel, il monumento simbolo di Parigi, c’è una delle sue copie più grandi: è alta 108 metri e si trova a Tianducheng, fuori Hangzhou, una città della Cina orientale completamente ispirata alla capitale francese. Commentando l’inaugurazione di una cittadina cinese che riproduceva nei minimi dettagli le caratteristiche del paesino austriaco di Hallstatt, nel 2012, Reuters scrisse che «in un paese conosciuto per la sua abilità di produrre falsi che vanno dagli iPhone alle borse Birkin di Hermès», quello di copiare una città era «probabilmente il tentativo più ambizioso di imitazione» fatto dalla Cina fino a quel momento.
Quartieri, città o centri commerciali che imitano Londra, Firenze o Parigi in Cina sono il risultato di un piano del governo cinese del 2001 che mirava a risolvere il problema del sovraffollamento, cercando di attirare le classi più agiate proprio verso aree residenziali ispirate all’Europa: con risultati non sempre positivi.
Tra questi posti ci sono i Florentia Village, una serie di outlet ispirata all’architettura e all’urbanistica italiana, in particolare quella di Firenze. Il primo fu inaugurato nel 2011 vicino a Tientsin, a sud-est di Pechino: occupa circa 200mila metri quadrati e ospita oltre 200 negozi, ma soprattutto ha tanto di porticati, canali e fontane, un edificio che ricorda il Colosseo e la copia di un ponte veneziano. Camminando tra ristoranti e negozi a tema, come quelli di Gucci, Prada e Fendi, si possono notare i simboli di Roma o Venezia, ma anche icone della Madonna con Gesù.
Da allora sono spuntati Florentia Village anche in altre parti della Cina, tutti costruiti in stile italiano da Rdm, il ramo immobiliare del grosso gruppo Fingen: complessivamente occupano 300mila metri quadrati, per un totale di 1.200 negozi, 21 milioni di visitatori ogni anno e un fatturato annuo di circa 2 miliardi di dollari, aveva scritto Milano Finanza nel 2021.
Sempre a sud di Shanghai lo studio di architettura Gregotti Associati invece ha progettato quella che è nota come Breeza Città di Pujiang, un grosso quartiere ispirato in parte all’architettura moderna italiana: avrebbe dovuto ospitare 80mila abitanti, ma al momento sembra più una città fantasma.
A Tianducheng, “la Parigi cinese”, vivono circa 30mila persone e ci sono edifici che ricordano quelli del tipico stile del centro di Parigi, ma anche viali e statue che si potrebbero trovare in Europa. Sempre vicino a Shanghai ci sono Gaoqiao, o Holland Town, che oltre a canali e ponti ha un tradizionale mulino olandese, e Thames Town, una città ispirata a Londra, con i pub e le tipiche cabine telefoniche rosse (Thames è il nome inglese del Tamigi).
Una delle imitazioni più discusse fu appunto quella di Hallstatt, che ha circa mille abitanti, è patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 1997 e si trova sull’omonimo lago, una cinquantina di chilometri a sud-est di Salisburgo, nella parte centrale dell’Austria. La gente di Hallstatt non aveva idea che l’immobiliare di una importante società di estrazione mineraria cinese stesse costruendo una copia esatta del paesino lungo la foce di un fiume nella provincia di Guangdong, non lontano da Hong Kong. Alla fine però il sindaco se ne disse «orgoglioso» e anche visitò la “Hallstatt cinese” durante la sua inaugurazione ufficiale con una delegazione austriaca.
Attorno a Pechino, ma non solo, ci sono edifici con la tipica architettura scandinava, come quelli ispirati alla città svedese di Sigtuna, una copia del Campidoglio degli Stati Uniti e un ponte decorato con illustrazioni del Don Chisciotte. In un quartiere sul mare sempre vicino a Tientsin un antico villaggio di pescatori è stato raso al suolo per fare una specie di Manhattan.
Questa zona, nota come Yujiapu Financial District, doveva appunto essere un grande centro finanziario, ma «può essere vista più che altro come un monumento al fallimento del modello di crescita cinese», aveva osservato qualche anno fa il New York Times: nonostante ci abbia aperto una sede della Juilliard di New York, una delle scuole di arti, musica e spettacolo più prestigiose al mondo, la gran parte dei suoi grattacieli è deserta, molti cantieri sono fermi da tempo e mancano anche le centinaia di migliaia di abitanti che sarebbero dovute arrivare.
Come ha detto a National Geographic Bianca Bosker, autrice di un libro dedicato alle imitazioni cinesi nell’architettura contemporanea, «mentre una volta si considerava il centro del mondo, adesso la Cina si è trasformata nel centro che di fatto contiene il mondo». Il programma avviato nel 2001, chiamato “Una città, nove centri”, prevedeva la creazione di dieci nuove città-satellite sperimentali ispirate al mondo occidentale. Più che città abitate e vissute, però, sembrano affascinare più che altro turisti o curiosi in cerca di qualche foto scenografica, in un contesto piuttosto kitsch.
Negli ultimi tempi comunque il governo cinese ha cercato di limitare la proliferazione di quelli che sempre National Geographic definisce «facsimili occidentali». Nel 2016 il ministro cinese per gli Affari civili, Li Liguo, disse peraltro che il paese avrebbe cominciato a impedire «l’uso arbitrario di nomi stranieri e bizzarri per indicare strade, ponti, edifici e complessi residenziali». Disse che le misure erano rivolte a «nomi che danneggiano la sovranità e la dignità nazionale, che violano i valori cardine del socialismo e la morale convenzionale».
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