Gli alberi «morti in piedi» di Roma
Così i tecnici del comune hanno definito le 35mila piante ammalorate dall’inquinamento o scavate da parassiti, e che sono da abbattere per prevenire gravi incidenti
Nel quartiere di Roma Nomentano, non lontano dal centro storico, l’ultimo albero abbattuto due settimane fa era un cedro alto diversi metri che si trovava all’interno di un terrapieno all’angolo tra via di Santa Costanza e via Nomentana. «Si vedeva da diversi mesi però che dentro era vuoto, nero e malato. Infatti il giorno prima che venissero gli operatori è pure crollato un pezzo. Per fortuna non passava nessuno in quel momento», dice il titolare dell’edicola lì a fianco.
Negli ultimi mesi a Roma sono caduti centinaia di grossi rami e interi alberi in zone molto frequentate sia da residenti che da turisti. A fine marzo, in piazza Bologna, un alloro si è spezzato nei giardini Vincenzo Parisi, finendo su un passaggio pedonale che in quel momento non era affollato. Il 19 marzo nel quartiere Eur, sulla trafficata via Cristoforo Colombo che collega il centro a Ostia, sul mare, un pino si è schiantato su due automobili in movimento. Una persona è rimasta leggermente ferita e per giorni i giornali locali e nazionali hanno parlato di «tragedia sfiorata». Si era detto lo stesso anche lo scorso luglio, quando due pini alti più di 20 metri crollarono a distanza di una settimana l’uno dall’altro vicino al centralissimo monumento dell’Altare della Patria, il primo in piazza San Marco e il secondo in piazza d’Aracoeli. Pochi giorni dopo un platano cadde sul lungotevere di Tor di Nona, sul lato opposto del fiume rispetto a Castel Sant’Angelo, ferendo due persone e danneggiando dieci auto.
Nell’estate e nell’autunno del 2023 gli episodi di questo tipo furono decine, tra alberi completamenti divelti e distacchi di grossi rami. Il 25 novembre una donna di 82 anni morì in via Donna Olimpia, nel quartiere Monteverde, colpita da un ramo che si era staccato dalla pianta a causa del forte vento di quei giorni.
Il crollo degli alberi a Roma è un problema con cui i cittadini convivono da tempo e che a lungo è stato trascurato o gestito in modo inadeguato. I fattori che contribuiscono ai cedimenti totali o parziali degli alberi sono molteplici: c’entrano la scarsa manutenzione del verde pubblico, i lavori stradali che danneggiano le radici degli alberi, l’attacco di funghi e insetti parassiti e gli eventi meteo estremi come forti piogge, raffiche di vento e siccità. C’è anche un problema istituzionale, nel senso che i 15 Municipi in cui è suddivisa la città e che dovrebbero occuparsi nel dettaglio di tenere alta la frequenza delle manutenzioni hanno poca autonomia e scarsissima capacità di spesa.
Ognuno di questi problemi necessita di interventi specifici, che richiedono soldi e controlli frequenti per evitare incidenti a volte mortali, e in ogni caso dannosi. L’amministrazione comunale di centrosinistra guidata dal sindaco Roberto Gualtieri, eletto nel 2021, ha stanziato più risorse economiche rispetto al passato per la gestione ordinaria del verde pubblico e sta cercando di rendere più efficiente il monitoraggio degli alberi. Ma serviranno ancora alcuni mesi prima che il piano entri a regime, e nel frattempo residenti e turisti continuano a dover fare i conti con eventuali cadute di rami o alberi.
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Con i suoi grandi parchi urbani e le ville storiche – Villa Doria Pamphilj, Villa Ada, Villa Borghese – Roma ha un verde pubblico tra i più estesi d’Europa, che solo in città copre una superficie di oltre 42,6 chilometri quadrati. Secondo le ultime stime fornite dall’assessorato all’Ambiente (l’ultimo censimento ufficiale è del 2016, uno nuovo è in corso e sarà presentato a giugno), gli alberi lungo le strade e sul lungotevere sono circa 350mila. I tecnici del dipartimento di Tutela ambientale stimano che entro il 2026 ne vadano abbattuti circa 35mila: si tratta di piante etichettate come «morte in piedi» perché arrivate a fine vita oppure troppo compromesse da malattie, e che quindi rischiano di cadere all’improvviso.
Flavio Pezzoli, presidente dell’Ordine degli Agronomi e dei Forestali di Roma, spiega che a impattare sullo stato di salute delle piante è innanzitutto il contesto urbano. «In città la vecchiaia di un albero dipende molto dall’interazione con l’uomo», dice. «Qui le piante raggiungono la fine del loro ciclo di vita prima che in natura. In più, gli alberi che subiscono azioni antropiche come il taglio eccessivo delle radici durante i lavori stradali o potature sconsiderate, come è accaduto spesso in passato, sono indeboliti ed esposti ai parassiti e al rischio di cedimenti». Da alcuni anni si sta cercando di contrastare in particolare l’attacco della cocciniglia tartaruga (Toumeyella parvicornis), un insetto parassita proveniente dal Nord America, visto per la prima volta a Roma nel 2018. Attacca soprattutto i pini domestici (Pinus pinea). Nel 2021 il ministero della Salute ha autorizzato l’uso estensivo di un insetticida chiamato Vargas con l’endoterapia, cioè iniettando la sostanza nei tronchi, come misura emergenziale. Da allora sono stati trattati con endoterapia oltre 48.500 pini su un totale di circa 51 mila.
A Roma è però diffuso anche un altro insetto parassita: il cerambice della quercia, il cui nome scientifico è Cerambyx cerdo, un coleottero nero che allo stato di larva scava gallerie nel tronco, svuotandolo dall’interno. Il risultato è una pianta cava e dunque estremamente fragile, come erano risultati essere nel 2020 decine di lecci a Villa Borghese e di recente anche diversi esemplari in viale Somalia. Per evitare schianti improvvisi di questi alberi ammalorati, dice Pezzoli, serve una verifica puntuale delle alberature da parte di tecnici competenti, che possano così segnalare per tempo se è necessario abbatterle. Il controllo è fondamentale anche per individuare in anticipo le piante che potrebbero cadere o da cui potrebbero staccarsi grossi rami a causa di piogge e violente raffiche di vento, come successo più volte anche negli ultimi mesi.
Nel 2022, ultimo dato disponibile, ci sono state 36 cadute di alberi a Roma, cioè crolli completi di piante, ai quali vanno aggiunte le centinaia di rami caduti, anche di grandi dimensioni. Sul sito del comune di Roma c’è una pagina da cui i residenti possono chiedere un risarcimento dei danni causati dal verde pubblico compilando un modulo: nel 2023 le richieste sono state 712, in aumento rispetto al 2022, quando erano state 440, ma in generale in calo rispetto a cinque anni prima (nel 2018 erano state 1.710, nel 2019 1.176, nel 2020 735 e nel 2021 698).
Da qualche anno il crollo degli alberi è diventato anche un caso giudiziario. La procura di Roma ha aperto diversi fascicoli per disastro colposo, e per cercare di individuare eventuali inadempienze da parte di chi avrebbe dovuto occuparsi dei controlli degli alberi caduti. La prima inchiesta è stata aperta a dicembre del 2020, quando sette funzionari comunali sono stati indagati con l’accusa di lesioni gravissime e disastro colposo per non aver prevenuto il rischio del crollo di un pino alto 30 metri, che il 25 febbraio 2019 si abbatté su viale Mazzini, all’ingresso della Corte dei Conti, schiacciando quattro auto e ferendo due persone. Una è paralizzata da allora. Secondo l’accusa si sapeva dal 2018 che quel pino andava tagliato. Tra il 23 e il 25 febbraio del 2019, inoltre, caddero 164 alberi, interi o parti di essi.
La scorsa estate è stata aperta un’altra inchiesta contro ignoti e sono state introdotte nuove misure da adottare in questi casi. Ogni volta che cade un albero o un ramo di grandi dimensioni si spezza, la polizia locale deve contattare l’Ufficio giardini del comune di Roma e inviare un’informativa in procura. Prima di agosto, questa procedura veniva seguita solo se il crollo aveva ferito qualcuno. L’inchiesta ha così innescato una nuova verifica degli alberi della città e del sistema di vigilanza e manutenzione, e ha portato al sequestro di centinaia fra arbusti, rami e piante cadute. A novembre 346 alberi e rami caduti sono stati dissequestrati e gli operatori del comune hanno potuto iniziare a rimuoverli dalle strade. Per diversi mesi molti di questi tronchi, fusti e fronde sono però rimasti sulle strade dove erano crollati, circondati da recinti di plastica arancione o da nastri gialli con un avviso del sequestro, perché dovevano essere fotografati come documentazione per l’inchiesta. Non è ancora finita: al momento devono ancora essere rimossi circa settanta cumuli sotto sequestro in diversi quartieri.
Il comune di Roma sta cercando di intensificare l’attività del dipartimento che si occupa del verde pubblico. Nel 2023 sono stati stanziati circa 34 milioni di euro a fronte di 6,7 milioni di euro nel 2020. Secondo l’assessorato all’Ambiente, dal 2021 sono stati monitorati oltre 80mila alberi pubblici: 70mila sono stati potati, circa settemila sono stati abbattuti e su tremila esemplari non è stato necessario intervenire. Altre tredicimila piante sono state “messe a dimora”, cioè piantate, e l’obiettivo è arrivare a 20mila entro la fine dell’anno.
Un anno fa, inoltre, il comune ha avviato un bando triennale da 100 milioni di euro per affidare a ditte esterne la manutenzione ordinaria del verde pubblico nei 15 municipi in cui è suddivisa la città, ville storiche incluse. Sono in corso le verifiche dei requisiti delle imprese che hanno presentato un’offerta e che dovranno occuparsi, sotto la supervisione dell’assessorato all’Ambiente, di tutti gli interventi del caso, dalle potature (almeno una volta per albero ogni cinque anni) ai trattamenti endoterapici fino alle prove di trazione, che permettono di verificare la stabilità della pianta. L’assegnazione dei lavori è prevista entro la fine di maggio. Oltre agli interventi di cura, l’obiettivo è anche realizzare una sorta di cartella clinica di ogni albero di Roma in modo tale da avere agilmente a disposizione le informazioni che lo riguardano e uno storico degli interventi fatti.
Per alcune associazioni ambientaliste e comitati cittadini però l’operato del comune è ancora molto carente. Italia Nostra, per esempio, ha più volte denunciato il ritardo dei trattamenti di endoterapia contro la cocciniglia tartaruga e le continue perdite di pinete e pini secolari. A febbraio due residenti hanno organizzato una petizione, che ha raccolto quasi 24mila firme, per chiedere di fermare gli abbattimenti e di rendere più chiari i criteri con cui vengono decisi gli interventi sulle piante. La preoccupazione generale è che i nuovi alberi piantati dopo gli abbattimenti di antichi pini, platani e lecci siano troppo giovani e piccoli per resistere all’inquinamento e alle temperature elevate in estate, che invece dovrebbero contribuire a mitigare.