Il principale sindacato dei giornalisti della Rai contro le nuove regole sulla par condicio
In un comunicato molto duro letto durante tutti i telegiornali ha accusato il governo di voler trasformare il servizio pubblico nel proprio «megafono»
Il 10 aprile l’Usigrai, il principale sindacato dei giornalisti della Rai, ha diffuso un comunicato in cui ha criticato molto duramente il nuovo funzionamento della cosiddetta “par condicio”, cioè l’insieme di regole che garantisce la parità di accesso a determinati spazi nei mezzi di informazione ai vari partiti politici, che è stato approvato martedì dalla commissione bicamerale di vigilanza Rai, l’organo collegiale del parlamento che ha il compito di sorvegliare l’attività della tv pubblica.
Il comunicato è stato anche letto giovedì sera al termine di tutti e tre i principali telegiornali della Rai (Tg1, Tg2 e Tg3), come avviene sempre in questi casi. Nel testo si sostiene che le nuove regole sulla “par condicio” siano una violazione della libertà di stampa e si accusa la maggioranza di governo di voler ridurre il servizio pubblico a proprio «megafono».
«La maggioranza di governo ha deciso di trasformare la Rai nel proprio megafono. Lo ha fatto attraverso la Commissione di Vigilanza che ha approvato una norma che consente ai rappresentanti del governo di parlare nei talk senza vincoli di tempo e senza contraddittorio. Non solo, Rainews24 potrà trasmettere integralmente i comizi politici, senza alcuna mediazione giornalistica, preceduti solamente da una sigla. Questa non è la nostra idea di servizio pubblico, dove al centro c’è il lavoro delle giornaliste e dei giornalisti che fanno domande (anche scomode) verificano quanto viene detto, fanno notare incongruenze. Per questo gentili telespettatori vi informiamo che siamo pronti a mobilitarci per garantire a voi un’informazione indipendente, equilibrata e plurale»
Le nuove regole riguardano il periodo di campagna elettorale prima delle elezioni europee di giugno, e sono contenute in un emendamento proposto da alcuni partiti della maggioranza di governo. L’emendamento riguarda una delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), che prevedeva soprattutto di valutare le presenze dei politici nei programmi televisivi non solo dal punto di vista “quantitativo”, ma anche “qualitativo”: quindi considerando non solo la durata delle loro presenze, ma anche la rilevanza delle fasce orarie in cui appaiono, sulla base degli ascolti registrati dall’Auditel.
Il testo della delibera dell’AGCOM è stato riformulato grazie a un emendamento proposto da Fratelli d’Italia, Lega e Noi Moderati, che stabilisce che da qui alle elezioni europee i programmi di informazione «qualora in essi assuma carattere rilevante l’esposizione di opinioni e valutazioni politico-elettorali, sono tenuti a garantire la più ampia possibilità di espressione, facendo in ogni caso salvo il principio della “notiziabilità” giornalistica e la necessità di garantire ai cittadini una puntuale informazione sulle attività istituzionali e governative».
In sostanza durante la campagna elettorale per le europee nei programmi di informazione non ci sarà nessun vincolo di tempo per i politici candidati, purché nei loro interventi parlino della loro attività istituzionale. È un emendamento che favorisce naturalmente i politici della maggioranza candidati alle europee, e in particolare i membri del governo che dovessero candidarsi. Già prima del comunicato dell’Usigrai, l’emendamento era stato molto criticato dai partiti di opposizione, perché secondo loro favorirebbe i partiti della maggioranza e offrirebbe uno spazio troppo ampio agli esponenti di governo.