La Polonia ha fatto un primo passo verso la reintroduzione del diritto all’aborto
La camera bassa del parlamento ha votato per proseguire i lavori su quattro disegni di legge che puntano a liberalizzarlo, dopo che il precedente governo lo aveva quasi del tutto vietato
Venerdì la camera bassa del parlamento polacco ha votato a favore della prosecuzione dei lavori parlamentari su quattro differenti proposte di legge per liberalizzare almeno in parte l’aborto e superare il divieto quasi totale che era stato introdotto dal precedente governo, quello guidato dal partito di estrema destra Diritto e Giustizia (PiS) uscito sconfitto alle ultime elezioni. Il dibattito era cominciato giovedì, e venerdì i parlamentari dovevano votare: potevano decidere di respingere i disegni di legge in prima lettura, oppure inviarli a una commissione che dovrà esaminarli, portando quindi avanti l’iter legislativo. È stata scelta quest’ultima strada.
In campagna elettorale l’attuale primo ministro Donald Tusk, che guida l’alleanza centrista Coalizione civica (KO), aveva promesso la reintroduzione del diritto all’aborto, ma le cose si stanno dimostrando più complicate di quello che Tusk probabilmente auspicava e non sarà facile raggiungere un accordo definitivo per una riforma. La legge oggi in vigore in Polonia permette di abortire legalmente solo in caso di stupro o incesto.
Coalizione civica ha presentato un progetto di legge che prevede la liberalizzazione dell’aborto fino alla 12esima settimana di gravidanza, ma prevede anche che l’aborto venga consentito oltre il limite temporale delle 12 settimane se la gravidanza mette a rischio la vita o la salute della donna, compresa quella mentale: se esiste cioè il «fondato sospetto» che la gravidanza sia la conseguenza di un reato, o se al feto vengono diagnosticate delle malformazioni. Il termine ultimo consentito, in questi tre casi, varierebbe a seconda delle circostanze.
I partiti alleati di Tusk hanno presentato a loro volta altri tre progetti di legge. La sinistra al governo, Lewica, più vicina ai movimenti femministi, ha presentato una proposta per l’aborto su richiesta e senza condizioni fino alla 12esima settimana di gravidanza. Inoltre ha presentato un’altra proposta che cancella il reato di assistenza all’aborto, che prevede il carcere fino a tre anni per chiunque aiuti una donna a interrompere una gravidanza.
Infine il quarto progetto di legge è stato firmato da Terza Via, partito più conservatore degli altri due gruppi che compongono l’attuale coalizione di governo (cioè la sinistra e KO di Tusk) e prevede il ritorno alla legge del 1993. Quella legge, nota in Polonia come “Compromesso sull’aborto”, consentiva l’aborto solo in alcuni casi: pericolo di vita per la donna incinta, gravissima malformazione del feto, stupro o incesto.
La discussione sulle quattro proposte è stata piuttosto concitata, sia dentro che fuori dal parlamento. Giovedì alcuni manifestanti contrari all’aborto hanno esposto uno striscione che paragonava la ministra per l’Uguaglianza, Katarzyna Kotula, ad Adolf Hitler e hanno suonato la campana di una chiesa trasmettendo da un megafono i pianti registrati di un neonato. All’interno dell’aula invece il deputato conservatore Dariusz Matecki ha mostrato un cartello con un feto e ha fatto sentire al microfono la registrazione di un battito cardiaco. Durante il dibattito la deputata di sinistra Katarzyna Ueberhan ha detto invece: «Il divieto di aborto non funziona. Una donna su tre in Polonia ha abortito. Una su tre. Io sono una di loro e penso di non essere sola qui, oggi».
Il divieto quasi totale di aborto era stata una delle decisioni più discusse e criticate del PiS, condannata nel dicembre 2023 anche dalla Corte europea dei diritti umani (Cedu). Il divieto era stato introdotto da una sentenza della Corte costituzionale (assai influenzata dal PiS) che rendeva ancora più rigida una legge che era già considerata tra le più restrittive in Europa. La sentenza era dipesa dalle pressioni esercitate sulla Corte dal governo guidato dall’ex primo ministro Mateusz Morawiecki (dopo aver perso le elezioni, Morawiecki aveva sostenuto come quella pressione fosse stata un errore che aveva contribuito alla perdita dei consensi da parte del suo partito, il PiS).
Nel 2022 in Polonia sono stati eseguiti legalmente solo 161 aborti. Secondo i movimenti femministi ogni anno circa 120mila donne interrompono la gravidanza usando le pillole abortive, comunque vietate, o andando all’estero.
Dentro al governo di Tusk le posizioni sull’aborto sono diverse e non sarà semplice per il primo ministro ottenere il sostegno degli alleati più conservatori, senza i quali però non ha la maggioranza necessaria ad approvare le leggi. Ulteriori ostacoli a qualsiasi tentativo di liberalizzare l’interruzione di gravidanza a livello legislativo sono poi rappresentati dal presidente della Polonia, Andrzej Duda, e dalla Corte costituzionale controllata dal PiS.
Duda, conservatore e esponente del PiS, potrebbe decidere di porre il veto alla riforma una volta approvata dal parlamento, come ha già fatto a fine marzo sulla proposta approvata a febbraio che prevedeva di ripristinare la contraccezione d’emergenza senza prescrizione medica per renderla così più accessibile. La Corte potrebbe a sua volta dichiarare incostituzionale una legge meno restrittiva di quella attuale.
I movimenti femministi polacchi e le associazioni che sostengono l’aborto avevano parlato del dibattito terminato venerdì come di un «test enorme» per l’attuale parlamento: «Le donne hanno eletto questo governo e le nostre richieste sono chiare: vogliamo l’aborto legale, sicuro e accessibile», avevano scritto sui social media.