Il CPR di via Corelli a Milano sarà chiuso temporaneamente per lavori di ampliamento e ristrutturazione
Riccardo De Corato, deputato di Fratelli d’Italia, vicepresidente della Commissione Affari costituzionali alla Camera ed ex vicesindaco di Milano, ha detto che il Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) di via Corelli, a Milano, chiuderà per un breve periodo durante il quale sarà ristrutturato per aumentarne la capienza.
A metà febbraio erano stati pubblicati online video di proteste e testimonianze che denunciavano come le condizioni di vita delle persone migranti ospitate nel CPR di via Corelli fossero ancora molto critiche. Della problematica gestione del centro si parla infatti da diversi anni, e lo scorso dicembre nel corso di un’indagine la procura di Milano aveva disposto il sequestro preventivo dell’azienda che lo gestiva e l’assegnazione della gestione a una nuova direttrice.
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Commentando la notizia della chiusura temporanea del CPR il capogruppo del Partito Democratico in regione Lombardia Pierfrancesco Majorino ha detto che lui e il suo partito faranno «di tutto perché non riapra e perché quella chiusura sia definitiva». L’associazione Naga di Milano, che lavora con richiedenti asilo, rifugiati e vittime di tortura, ha detto che «con la chiusura del CPR di via Corelli, Milano si libera di un luogo di violenze, violazioni dei diritti fondamentali e razzismo istituzionale».
Nel frattempo, giovedì 11 aprile, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi al Senato ha fatto sapere che il governo ha «già messo in campo diverse misure per ampliare la capacità ricettiva dei CPR e per renderli più adeguati alle loro funzioni, anche in ragione della forte correlazione, in senso positivo, tra numero dei rimpatri e posti disponibili nelle strutture». L’obiettivo, ha aggiunto, sarà non solo di aumentare la capienza dei centri già esistenti, ma anche quello di aprirne di nuovi. I CPR in realtà finora si sono dimostrati piuttosto inefficaci per il loro scopo, cioè quello dei rimpatri, e inutilmente costosi per lo Stato. Da anni inoltre sono documentate condizioni di detenzione disumane e degradanti per le persone ospitate al loro interno.
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