Come è fatta la centrale idroelettrica di Bargi
I suoi dieci piani si sviluppano per quasi 60 metri immersi nel lago di Suviana: prende l'acqua dal lago del Brasimone per produrre energia e poi la restituisce riempiendo di nuovo il bacino
Venerdì mattina i vigili del fuoco hanno trovato il corpo dell’ultimo operaio disperso in seguito all’esplosione di martedì pomeriggio nella centrale idroelettrica di Bargi, sull’Appennino bolognese. Giovedì erano stati trovati i corpi di tre dei quattro dispersi, martedì erano già stati trovati quelli di altri tre operai: in totale sono morte sette persone. Altre cinque persone sono ferite, alcune in gravi condizioni. Negli ultimi tre giorni le operazioni di soccorso sono state molto complicate per via dell’architettura della centrale, che si sviluppa per quasi 60 metri sotto il livello dell’acqua del lago di Suviana.
Bargi è una frazione di Camugnano, un paese di poco meno di duemila abitanti sull’Appennino, in provincia di Bologna. La centrale idroelettrica fu costruita nel 1975 dall’Enel e si trova nella parte sudorientale del lago di Suviana, un bacino artificiale stretto e lungo. La centrale dista circa due chilometri dalla diga di Suviana, che forma il lago, non interessata in alcun modo dalle conseguenze dell’esplosione. Per arrivare all’impianto bisogna percorrere una strada stretta costruita pochi metri sopra il livello del lago, in località Piderla. La strada, lunga circa due chilometri, è a fondo chiuso: si può arrivare fino al cancello della centrale, poi non ci sono altri passaggi.
La centrale idroelettrica di Bargi è gestita da Enel Green Power ed è la più potente installata in Emilia-Romagna: al suo interno ci sono due gruppi di produzione di energia da 165 megawatt per una potenza complessiva installata di 330 megawatt. Fa parte del piano di accensione della rete nazionale in caso di black-out, se dovesse esserci un’emergenza nazionale è in grado di erogare la sua massima potenza in 4 minuti.
Come tutti gli impianti idroelettrici, anche quello di Bargi è composto da un bacino idrico, da condotte forzate – cioè dove l’acqua è sottoposta a una certa pressione – e da generatori di energia. Il bacino idrico è formato dall’acqua immagazzinata grazie a uno sbarramento, nella maggior parte dei casi una diga. L’acqua proveniente dal bacino viene convogliata attraverso un ingresso grazie ad alcune paratie, che possono essere aperte e chiuse a comando, e poi fatta passare nelle condotte. Un sistema di filtraggio evita il passaggio di tronchi o detriti. L’acqua arriva poi alle turbine e le fa ruotare. Le turbine sono collegate a un alternatore che converte l’energia meccanica in elettrica.
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L’elettricità ottenuta deve poi essere trasformata per essere portata ovunque attraverso la rete nazionale. Prima di essere immessa nella rete, la corrente elettrica deve passare attraverso un trasformatore. Il trasporto infatti avviene su linee elettriche ad alta tensione (sopra i 30mila volt) per ridurre le perdite, e un trasformatore è essenziale per elevare la tensione rispetto a quella in uscita dal generatore. Dopo che è passata nella turbina, l’acqua finisce in un canale di scarico e viene restituita al lago: le centrali idroelettriche infatti non “consumano” acqua.
A differenza di molte centrali idroelettriche costruite in Italia, quella di Bargi viene definita di “generazione e pompaggio a ciclo giornaliero”. Significa che può produrre energia e ricaricare il bacino idrico grazie al pompaggio dell’acqua in senso opposto attraverso le turbine.
A Bargi, infatti, viene sfruttata l’acqua di due laghi artificiali collegati tra loro: il lago del Brasimone, più in alto rispetto alla centrale, e il lago di Suviana. L’acqua del lago del Brasimone passa in una galleria lunga 4.757 metri, con un diametro di 5,4 metri, costruita nella montagna. La galleria termina in località Stagno dove l’acqua viene immessa in due condotte forzate parallele da circa 4 metri di diametro, per una portata di 104,6 metri cubi al secondo, che arrivano fino alla centrale per azionare le turbine e produrre energia.
Quando la richiesta di energia elettrica dalla rete è minore – magari di giorno per effetto degli impianti fotovoltaici, o di notte quando alcune centrali ne producono comunque, non potendo essere spente – vengono azionate le turbine in modalità pompaggio: spingono l’acqua nelle condotte fino al lago del Brasimone con una portata di circa 47 metri cubi al secondo. Il lago raggiunge il livello di riempimento ottimale in circa 6 ore (è un’attività importante anche per il recupero dell’acqua, specialmente in periodi di scarsa piovosità e di siccità).
Per sfruttare la pressione del lago di Suviana, che spinge l’acqua naturalmente nella centrale favorendo la fase di pompaggio, la centrale è stata costruita “a pozzo”, cioè per 54 metri sotto il livello del lago. Le due turbine da 165 megawatt costruite dalle aziende Riva Calzoni e De Pretto Escher Wyss si trovano all’ottavo piano. Nei piani inferiori ci sono altri impianti. I dieci piani della centrale, tutti ampi circa mille metri quadrati, sono collegati da un pozzo verticale che arriva fino alla parte più bassa dell’impianto. In superficie c’è un carroponte, una macchina per spostare carichi molto pesanti, capace di sollevare fino a 250 tonnellate per le operazioni di manutenzione.
L’esplosione è avvenuta all’ottavo piano e ha in parte distrutto la soletta, uno degli elementi architettonici tra il settimo e l’ottavo piano. Il nono e il decimo piano si sono allagati e negli ultimi giorni l’acqua ha raggiunto anche l’ottavo piano, allagandolo completamente. Prima di calarsi fino all’ottavo piano i vigili del fuoco hanno dovuto capire da dove arrivava l’acqua: sono state chiuse le condutture principali e in seguito sono state installate idrovore, ossia delle pompe usate per aspirare e spostare grandi quantità d’acqua, per portare l’acqua accumulata in superficie.
A operazioni di soccorso appena concluse è difficile ricostruire le cause dell’esplosione, di cui si occuperanno i magistrati di Bologna nell’inchiesta aperta per disastro colposo e omicidio colposo. Secondo gli esperti interpellati negli ultimi giorni, il punto più a rischio di un’esplosione o comunque di un incendio è l’alternatore e non la turbina, che ha una funzione meccanica.