Che rischi ci sono davvero alla centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia?
Dopo gli ultimi scontri tra ucraini e russi si è tornati a parlare di un possibile disastro atomico, ma più che un incidente o un attacco militare bisogna temere la cattiva manutenzione
di Davide Maria De Luca
Domenica, per la prima volta dal novembre 2022, la centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia, nel sud-est del paese, è stata al centro di un’operazione militare: un drone abbattuto è precipitato sull’edificio che ospita uno dei sei reattori della centrale. La notizia ha causato immediatamente le preoccupazioni dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), che ha ricordato che qualsiasi operazione militare nei pressi di una centrale nucleare può causare una grave fuga radioattiva.
I rischi di incidente in una centrale come quella di Zaporizhzhia sono tuttavia estremamente limitati, benché molto spesso si faccia il paragone con il disastro di Chernobyl, avvenuto proprio in Ucraina nel 1986. Le possibilità che anche a Zaporizhzhia si verifichi un disastro di una portata simile sono escluse praticamente da tutti gli esperti, ma non si può escludere la possibilità di un incidente minore.
La centrale nucleare di Zaporizhzhia (spesso abbreviata in ZNPP, acronimo inglese di Zaporizhzhia Nuclear Power Plant) è la più grande d’Europa. Possiede sei reattori nucleari, che prima della guerra producevano la metà di tutta l’energia nucleare ucraina e circa un quinto del fabbisogno elettrico dell’intero paese. La centrale è sulle rive del fiume Dnipro, vicino alla cittadina di Enerhodar e a 50 chilometri in linea d’aria dalla città di Zaporizhzhia, capitale dell’omonima regione. Tra la città e la centrale passa la linea del fronte che divide le truppe russe da quelle ucraine: la ZNPP dunque si trova sotto il controllo della Russia, ma è molto vicina alla linea del fronte.
Dal settembre del 2022, la centrale ha smesso di produrre elettricità, e gradualmente cinque dei suoi reattori sono stati messi in “cold shutdown”, uno stato in cui il numero di reazioni all’interno del combustibile radioattivo viene ridotto al minimo e la temperatura nel reattore scende sotto quella di ebollizione dell’acqua a pressione ambiente, tipicamente intorno ai 90°C.
Uno dei reattori, il numero 4, è stato invece mantenuto per tutto l’inverno in “hot shutdown”, per garantire il riscaldamento alla vicina cittadina di Enerhodar. Quando un reattore si trova in questo stato, le reazioni nucleari che avvengono al suo interno sono ancora tali da riscaldare l’acqua fino alla temperatura di ebollizione: di conseguenza è più importante che il sistema di raffreddamento resti in funzione.
Nel suo ultimo rapporto, pubblicato il 4 aprile, l’AIEA ha detto che con la fine della stagione fredda anche il reattore numero 4 potrebbe essere presto messo in cold shutdown. «È una scelta favorevole dal punto di vista della sicurezza, ma non elimina il fatto che la ZNPP rimane in una situazione altamente precaria», ha detto il direttore dell’AIEA Rafael Grossi.
Uno dei principali punti deboli della sicurezza nella centrale è il sistema di raffreddamento. Senza l’energia elettrica necessaria a far circolare l’acqua negli impianti, potrebbe verificarsi una produzione incontrollata di vapore e quindi un’esplosione. Visto che la centrale non produce più elettricità, il sistema di raffreddamento è alimentato da due linee elettriche esterne, a loro volta collegate alla rete elettrica ucraina (questo perché, benché la centrale sia controllata dalla Russia, collegare la centrale al sistema russo attivo in Crimea richiederebbe prima uno spegnimento completo dell’impianto, operazione lunga e complessa).
Dall’inizio della guerra, la centrale ha subìto otto blackout parziali o completi a causa dell’interruzione di queste linee nel corso dei combattimenti al fronte o dei bombardamenti russi. Il risultato è stato provocare ogni volta un nuovo allarme tra le autorità ucraine e internazionali. La centrale è comunque dotata di moderni impianti di sicurezza, compresi generatori diesel di emergenza, che rendono remoto il rischio di un’esplosione. Anche la permanenza dei reattori in “cold shutdown” limita molto i pericoli.
Un’altra possibilità di incidente è quella causata da un attacco intenzionale che porti a una breccia nella struttura di contenimento e quindi all’esposizione di un reattore e del materiale radioattivo che contiene. I reattori, così come parte dei depositi di carburante radioattivo esausto, sono protetti da imponenti strutture di cemento in grado di resistere anche allo schianto di un aereo di medie dimensioni.
Diversi esperti, però, dubitano che queste strutture possano resistere agli attacchi delle armi più moderne, come missili balistici e artiglieria di grosso calibro, soprattutto se questi attacchi fossero ripetuti. Ma anche nello scenario peggiore, è quasi impossibile che un attacco o un incidente alla centrale possano generare effetti di portata continentale, come avvenne a Chernobyl.
Nel caso di Chernobyl, una serie di errori umani e di difetti di progettazione causò la completa distruzione del reattore e dell’edificio che lo conteneva e produsse un incendio che durò per otto giorni, un fattore importante nella diffusione del materiale radioattivo a grande distanza.
Nel caso della ZNPP, l’esatta estensione della contaminazione dipenderebbe dalla tipologia di incidente, dalle dimensioni della breccia e dalle condizioni atmosferiche, come la presenza o meno di vento. In caso di un episodio particolarmente grave, potrebbe finire coinvolta anche la città di Zaporizhzhia, che prima della guerra aveva 750mila abitanti.
Mentre ucraini e russi si accusano reciprocamente riguardo agli ultimi attacchi, non è chiaro chi avrebbe un vantaggio nel causare volontariamente un incidente nucleare dalle conseguenze imprevedibili. Ma le possibilità di un errore non possono essere escluse.
La centrale è già stata al centro di combattimenti caotici. Il 4 marzo del 2022 il complesso fu occupato dalle truppe russe dopo uno scontro a fuoco che coinvolse soltanto gli edifici dell’amministrazione. Nell’estate successiva, gli ucraini provarono a liberare la centrale e la vicina città di Enerhodar iniziando diversi attacchi anfibi dall’altra sponda del fiume Dnipro.
Nell’autunno del 2022 diverse testimonianze riferirono della presenza di armamenti pesanti russi all’interno del perimetro della centrale. In quel periodo, si verificarono i più intensi bombardamenti della struttura, e ci furono gli ultimi episodi di danni agli edifici di contenimento dei reattori, come negli attacchi di domenica.
Da allora, la situazione sembra essere migliorata. Un gruppo di tecnici dell’AIEA è costantemente presente nella centrale e l’accesso che hanno ai vari edifici del complesso è costantemente aumentato nel corso dei mesi. Il direttore dell’agenzia, Grossi, va spesso personalmente a ispezionare la centrale, e nella sua ultima visita ha detto che non risulta la presenza di armamenti pesanti nel complesso.
Ma Grossi ricorda anche che la situazione rimane precaria e può facilmente peggiorare. Uno dei timori più diffusi tra gli esperti è quello di un incidente causato dalle precarie condizioni in cui opera la centrale. Non solo a causa degli allarmi aerei, dei bombardamenti e dei frequenti blackout, ma anche per via della pressione a cui gli occupanti russi hanno sottoposto il personale della centrale. Solo una parte dei lavoratori ucraini che lavoravano nella centrale al momento dell’occupazione ha conservato il suo posto di lavoro. Molti sono fuggiti a causa degli interrogatori, delle minacce e dell’obbligo di accettare un passaporto russo. I tecnici che hanno lasciato la centrale e alcuni di coloro che ci lavorano ancora descrivono un clima di costante pressione che complica il lavoro.
La società per l’energia nucleare russa, Rosatom, ha inviato numerosi dipendenti per riempire i vuoti nell’organico della ZNPP. Ma secondo la società omologa ucraina, Energoatom, il personale che si occupa della centrale è insufficiente e non ha la formazione adeguata per gestire i moderni sistemi di sicurezza installati negli ultimi anni.
In questo contesto, alcuni esperti sono più preoccupati da un lento degrado della centrale provocato dalla cattiva manutenzione, con conseguenze imprevedibili a lungo termine, che da un incidente nell’immediato che, deliberato o meno, sembra per il momento relativamente improbabile.