Akebono Taro era un gigante anche tra i lottatori di sumo
Alto più di due metri, fu il primo non giapponese a ottenere il titolo di “grande campione”, ed è morto a 54 anni
Akebono Taro, «un gigante nel mondo del sumo» come l’ha definito l’ambasciatore degli Stati Uniti in Giappone, è morto a 54 anni, ha annunciato la sua famiglia. Era nato alle Hawaii e nel 1993 fu la prima persona non giapponese a ottenere il titolo di yokozuna, il massimo grado a cui può ambire chi pratica sumo. Alto 2,03 metri, all’apice della sua carriera, negli anni Novanta, pesava più di 230 chili: era considerato uno dei più grandi lottatori di sempre, nonché uno di quelli che contribuirono a ravvivare l’interesse per lo sport in Giappone.
Il nome di Akebono Taro alla nascita era Chad George Ha’aheo Rowan. Nato nel 1969 in un’area montuosa sull’isola di Oahu, quella in cui si trova Honolulu, si trasferì a Tokyo alla fine degli anni Ottanta seguendo Jesse Kuhaulua, un hawaiano come lui che nel frattempo era diventato allenatore in una palestra di sumo in Giappone. La tradizione del sumo è legata a una disciplina molto rigida e diventare lottatore può essere ancora più difficile per una persona non giapponese. Anche Akebono (che significa “Alba”) all’inizio ebbe molte difficoltà. Poi però le cose cambiarono.
Nel marzo del 1988 debuttò come professionista e due anni dopo fu promosso prima nella jūryō e poi nella makuuchi, che sono rispettivamente la seconda e la prima divisione del sumo professionistico. Nel 1992 vinse il suo primo torneo, conquistando il titolo di ozeki (campione), e l’anno successivo diventò il primo non giapponese a ottenere il titolo di grande campione, diventando appunto il 64esimo yokozuna nella storia.
A causa del suo peso e della sua statura subì frequenti infortuni, ma continuò a lottare, vincendo un totale di 654 incontri e undici tornei. La sua rivalità con giovani e promettenti lottatori giapponesi, come i fratelli Wakanohana e Takanohana, fu un fattore significativo per accrescere la popolarità del sumo sia dal vivo che in tv. Nonostante fosse statunitense, nel mondo del sumo in Giappone veniva apprezzato per la sua devozione allo sport.
Quando ottenne la cittadinanza giapponese, nel 1996, cambiò ufficialmente il suo nome in Akebono Taro. Due anni dopo rappresentò il Giappone nella cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali di Nagano. A causa dei problemi cronici al ginocchio si ritirò dal sumo nel gennaio del 2001, a 31 anni. Per un po’ fece l’allenatore, ma poi si dimise dall’Associazione giapponese di sumo per dedicarsi al K-1, uno sport di combattimento che mette insieme elementi di arti marziali, wrestling e kickboxing; in seguito diventò wrestler professionista sempre in Giappone.
Secondo i media giapponesi, Akebono aveva problemi di salute da sette anni, da quando aveva avuto un collasso a Kitakyushu, nella provincia di Fukuoka, nel sud del paese. La notizia della sua morte, dovuta a complicazioni cardiache, è stata comunicata dalla famiglia. È morto mentre era ricoverato in ospedale vicino a Tokyo.
Diversi ex lottatori di sumo hanno ricordato la sua carriera sui social network, mentre la lega giapponese di wrestling ha diffuso un comunicato in cui dice che «i suoi combattimenti e la sua personalità avevano conquistato molti fan». Rahm Emanuel, l’ambasciatore degli Stati Uniti in Giappone, ha scritto su X che Akebono era «un gigante nel mondo del sumo, un hawaiano orgoglioso e un ponte tra Stati Uniti e Giappone», aggiungendo che aveva «aperto la porta del successo in questo sport ad altri lottatori stranieri».
Il primo lottatore di sumo straniero ad aver vinto un campionato della prima divisione giapponese nel 1972 fu Takamiyama Daigoro, che era sempre hawaiano. Oggi in Giappone ci sono lottatori professionisti di diversi paesi, tra cui Stati Uniti, Canada e Brasile ma anche Mongolia, Cina, Corea del Sud, Bulgaria, Ungheria, Georgia ed Egitto. Tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta Akebono era uno dei tre lottatori di sumo hawaiani molto famosi in Giappone, assieme a Musashimaru, a sua volta yokozuna, e Konishiki, forse il più popolare. Erano soprannominati i “3B”, “big, buff, and beautiful”: qualcosa come grossi, robusti e belli.
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