Ma le scarpe da barca sono sfigate o no?
Quel che è certo è che sono tornate di moda, in modo nuovo, soprattutto tra le donne e – ancora una volta – grazie a Prada
Con la primavera riappaiono nelle strade e nei negozi scarpe che puntualmente riaprono un dibattito sulla loro eleganza e adeguatezza ai contesti più formali: sandali, mocassini, zoccoli (detti anche clogs o sabot) e anche scarpe da barca, quei mocassini in pelle, stringati e con suola di gomma prodotti da marchi statunitensi come Sperry, Timberland e Sebago.
C’è chi le definisce un «primato di uncoolness» – tra cui un redattore del Post – e le associa a uomini di mezza età, a “sanbabilini” o “pariolini” (cioè i fighetti milanesi e romani) o ai «laureandi che si vestono per la prima volta per la tesi» (sempre il suddetto redattore). E chi invece le considera un modo contemporaneo di essere eleganti senza troppi sforzi, in una «versione indie rilassata e noncurante che le prevede il più possibile distrutte con jeans slavati e t-shirt no logo», come ha scritto Jacopo Bedussi su GQ. Quest’anno il dibattito ha trovato una risposta, perlomeno negli Stati Uniti, dove da anni le cosiddette boat shoes sono considerate “da sfigati” e «il corrispettivo dei pantaloni cargo», come le ha definite il sito di moda Highsnobiety.
Vogue, per esempio, ha scritto che questo «è l’anno delle scarpe da barca» e anche il New York Times ha raccontato che sono di nuovo di moda, sulla scia del ritorno di tutto ciò che è preppy, il modo di vestire dei giovani “bene” americani, classico e casual insieme, con magliette polo e cardigan Ralph Lauren, gonne a pieghe, gilet a rombi e giri di perle. Quello, per capirci, che si vede anche in Saltburn, uno dei film con più successo degli ultimi mesi, ambientato nell’università britannica di Oxford.
La ragione principale, però, è che le scarpe da barca si sono viste nelle ultime passerelle delle sfilate di moda e non solo in quelle delle aziende più tradizionali che le presentano di solito, come gli italiani Loro Piana e Tod’s. Per esempio c’erano nella collezione maschile dell’azienda italiana Fendi per l’autunno/inverno 2024/25 e in quelle per la primavera/estate 2024 del marchio sempre italiano Marni e dello svizzero Bally, leggermente appuntite e con un piccolo tacco. Soprattutto sono state proposte da due marchi particolarmente cool: lo spagnolo Loewe, in una versione bulbosa per l’autunno/inverno 2024/25 disegnata dal direttore creativo J.W. Anderson, e da Miu Miu (il marchio di moda per le ragazze disegnato da Miuccia Prada) in quella che è considerata la collezione più riuscita degli ultimi anni, la primavera/estate 2024.
Tra l’altro era stata sempre Prada a far ripartire l’interesse verso le scarpe da barca con la sua collezione di abbigliamento maschile per la primavera/estate 2019. Miu Miu, intanto, ha reso le scarpe da barca molto di moda tra le giovani donne di tutto il mondo e sta contribuendo a farle uscire da quella che Highsnobiety definisce la «comoda ma angusta nicchia dell’abbigliamento maschile» in cui sono relegate da anni negli Stati Uniti. Qui, infatti, diventarono popolari negli anni Ottanta, l’epoca d’oro del preppy, quando venivano indossate dagli studenti di buona famiglia, ricchi e solitamente bianchi.
Come ricorda lo scrittore americano Bret Easton Ellis nel suo ultimo libro Le schegge (Einaudi, 2023), ambientato nel 1981:
«Era l’estate in cui la moda era cambiata: tutti i ragazzi della nostra classe mettevano camicie Polo Ralph Lauren in colori vivaci da uovo di Pasqua – rosa e azzurro e verde e viola –, una cosa a cui avevamo dato il via io e Tom Wright, ma ora portate con il colletto alzato, e shorts scozzesi, e cardigan, e indossavamo camicie eleganti con il logo dell’aquila di Armani come parte integrante della nostra uniforme della Buckley, e Topsider [le scarpe da barca della marca Sperry, ndr] e mocassini avevano sostituito le classiche scarpe allacciate e da tennis. Noi ragazzi puntavamo a uno stile vagamente sobrio, preppy, talvolta vagamente italiano, più Il giardino dei Finzi-Contini che Ragazzi perduti».
[Traduzione di Giuseppe Culicchia]
Le Top-Sider sono indicate come il modello giusto anche in The Official Preppy Handbook (“Manuale ufficiale del preppy”), scritto da Lisa Birnbach e pubblicato nel 1980 con intento satirico, ma diventato presto un testo canonico sullo stile preppy insieme a Take Ivy, una raccolta di fotografie del 1965 scattate a studenti della Ivy League, otto università private considerate tra le più prestigiose ed elitarie negli Stati Uniti. Birnbach, che oggi ha 65 anni, ha detto al New York Times che il rinnovato interesse per le scarpe da barca potrebbe essere dovuto a «un nuovo rivenditore di Top-Siders, uno stilista che le scopre, qualcuno famoso su Instagram o su TikTok che si veste usandole in un modo interessante».
Sempre il New York Times ricorda che le scarpe da barca sono nate per essere comode e funzionali e questo rende l’annoso dibattito sul loro essere o meno alla moda quasi paradossale.
Il primo modello, infatti, venne inventato nel 1935 da Paul Sperry, un appassionato di barche a vela. Si racconta – e lui confermò – che una volta scivolò sul ponte della sua barca, cadde nel canale del Long Island Sound, vicino a New York, e decise di trovare una soluzione alla mancanza di scarpe adatte ad andare per mare. Fece vari tentativi finché osservò il suo cane correre sul ghiaccio del Connecticut senza scivolare: così ebbe l’idea di replicare sulla suola della scarpa la superficie rugosa dei cuscinetti delle zampe, che le rendevano aderenti al suolo. Intagliò con un temperino delle scanalature sulla suola e funzionò.
Sperry mise in produzione le nuove scarpe, che chiamò Top-Sider: la prima versione aveva la tomaia in cotone, quella in pelle arrivò nel 1937, nel 1939 brevettò anche la tecnica di scanalatura. Durante la Seconda guerra mondiale le Top-Sider ebbero una grande diffusione perché furono tra i modelli adottati ufficialmente dalla Marina americana.
Negli anni Sessanta le Top-Sider in cotone erano indossate dai surfisti della West Coast e dagli studenti per andare in spiaggia direttamente dalla scuola; negli anni Settanta la versione in pelle diventò la scarpa casual più comune, prima di essere sostituita dalle sneakers. Secondo alcuni il recente ritorno delle scarpe da barca è anche dovuto a un certo declino delle sneakers e al tentativo di trovare un’alternativa. Fu negli anni Settanta che vennero prodotte anche da altre grosse aziende: Sebago, del New England, introdusse le Docksides nel 1970 e Timberland le 3-Eye Lug Handsewn nel 1978, montando la tomaia in pelle sulla suola carro armato del suo famoso stivaletto impermeabile.
In Italia la storia delle scarpe da barca è un po’ diversa perché fin dall’inizio non furono funzionali ma modaiole. Arrivarono dagli Stati Uniti negli anni Ottanta ed erano indossate con piumino Moncler, calzini Burlington, jeans Levi’s 501, zaini Invicta, occhiali Ray-Ban e cinture El Charro dai cosiddetti paninari, i ragazzi milanesi che si trovavano a San Babila, credevano nel fare soldi, nella bella vita, amavano l’America e andavano in vacanza a “Curma” (Courmayeur) e a “Santa” (per Santa Margherita Ligure). Tra i paninari il modello più diffuso erano le Timberland con la suola a carro armato, che ancora oggi è considerato il modello più alla moda, mentre quelli con le suole piatte e soprattutto bianche restano più controverse.
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