Una piccola ma importante vittoria per il clima alla Corte europea dei diritti dell’uomo
La Svizzera è stata condannata per non aver fatto abbastanza nel contrasto al cambiamento climatico, ed è la prima volta per uno Stato, mentre è stato respinto per inammissibilità un ricorso contro 33 Stati
Martedì la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), un tribunale internazionale che non rientra fra le istituzioni dell’Unione Europea, si è espressa su tre diversi casi contro alcuni governi europei presentati da cittadini che chiedevano loro maggiori impegni per contrastare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici. La Corte ha soprattutto stabilito che la Svizzera ha violato la convenzione europea dei diritti dell’uomo perché non ha fatto abbastanza sul cambiamento climatico: è una sentenza perlopiù simbolica ma importante e storica, perché è la prima volta che uno stato viene condannato in una causa sul clima e perché potrebbe spingere altri cittadini in futuro a rivolgersi alla Corte per chiedere conto ai governi delle loro politiche sul clima.
Allo stesso tempo la Corte ha respinto altri due ricorsi simili: nel primo, quello più significativo, sei giovani portoghesi avevano denunciato i governi dell’Unione Europea e di alcuni Stati vicini; nell’altro un europarlamentare francese dei Verdi aveva denunciato il governo francese. Entrambi sono stati respinti non nel merito ma per inammissibilità, cioè perché mancavano i presupposti legali per una decisione della CEDU.
È la prima volta che un tribunale di livello così alto prende una decisione su un caso riguardante i cambiamenti climatici. Nel caso svizzero il ricorso era stato presentato da un gruppo di anziane signore svizzere riunite in un’associazione, Anziane per il clima, che sostenevano che la Svizzera avesse violato i loro diritti venendo meno agli impegni presi per contrastare il cambiamento climatico.
L’Ufficio federale di giustizia svizzero ha detto che studierà la sentenza per stabilire quali azioni debbano essere prese dalla Svizzera per il futuro. Intanto la Corte ha ordinato allo stato svizzero di pagare 80mila euro per coprire le spese legali dell’associazione. I paesi che riconoscono la Corte europea per i diritti dell’uomo sono impegnati a dare esecuzione alle sue decisioni, ma il tribunale non ha concretamente modo di obbligarli a rispettarle. Il caso potrebbe comunque diventare un precedente importante in altri procedimenti di giustizia climatica.
L’associazione delle Anziane per il clima è nata nel 2016, e oggi ha 2.500 socie con più di 65 anni: l’età media è 73. Sostengono che le donne anziane siano una delle fasce della popolazione più esposte ai rischi legati alle ondate di calore, che negli ultimi anni si sono fatte più frequenti in Svizzera. Si erano rivolte alla CEDU dopo che un tribunale svizzero aveva respinto il loro ricorso, in cui accusavano il governo svizzero di non aver fatto abbastanza per mitigare gli effetti del cambiamento climatico.
Il ricorso presentato dai giovani portoghesi invece era di portata molto più ampia e coinvolgeva molti Stati, per questo è considerato una sconfitta significativa per i gruppi ecologisti. I giovani portoghesi in questione hanno età comprese tra gli 11 e i 24 anni,e si erano rivolti alla CEDU nel 2020. Accusavano 33 Stati di aver violato i diritti umani per non aver preso sufficienti misure per mantenere l’aumento delle temperature medie globali sotto 1,5 °C, la richiesta preferenziale dell’accordo sul clima di Parigi. I paesi coinvolti erano i 27 membri dell’Unione Europea (Italia compresa), la Norvegia, il Regno Unito, la Russia, la Svizzera, la Turchia e l’Ucraina.
La Corte ha giudicato il ricorso inammissibile perché ha stabilito che i giovani non avessero esaurito tutte le loro possibilità di azione legale in Portogallo, una condizione considerata necessaria a livello procedurale prima di poter coinvolgere gli altri paesi inclusi nel ricorso.
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Il terzo caso, contro il governo francese, era stato presentato nel 2021 da Damien Carême, europarlamentare francese dei Verdi e sindaco della città francese di Grande-Synthe dal 2001 al 2019. Secondo Carême la vita degli abitanti del paese sarebbe messa particolarmente a rischio dal cambiamento climatico, per l’aumento della probabilità di inondazioni nella cittadina, che si trova sulla costa. Il suo caso è stato giudicato inammissibile in quanto Carême non vive più né a Grande-Synthe e né in Francia, e quindi non può dimostrare alla Corte di essere danneggiato da eventuali violazioni dei diritti umani, com’era richiesto per poter presentare un ricorso di questo genere.
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