L’esito dell’ispezione al Careggi di Firenze sui farmaci per minorenni con disforia di genere
Secondo il ministero della Salute ci sarebbero «elementi di criticità» su come vengono usati e sul sostegno psicologico ai pazienti
Il ministero della Salute ha reso noto l’esito dell’ispezione fatta a gennaio all’ospedale Careggi di Firenze per verificare le modalità di prescrizione di un farmaco per minorenni con disforia di genere: secondo la commissione ispettiva del ministero della Salute, dall’ispezione sono emersi «elementi di criticità molto significativi».
L’ispezione riguardava nello specifico la triptorelina, un farmaco bloccante di alcuni aspetti dello sviluppo puberale utilizzato per accompagnare le esperienze di varianza di genere durante l’infanzia e l’adolescenza (serve cioè ad accompagnare chi non si sente a suo agio nel genere assegnato socialmente alla nascita sulla base degli organi genitali, oppure non si conforma alle regole sociali che quell’assegnazione implica).
L’ispezione era stata avviata dopo un’interrogazione parlamentare del capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri, secondo cui nell’ospedale Careggi la triptorelina sarebbe stata somministrata senza rispettare le procedure individuate dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA). Il testo del ministero della Salute con l’esito dell’ispezione è stato comunicato dallo stesso Gasparri ai giornalisti domenica, durante un evento di partito, e non pubblicato direttamente dal ministero.
Le criticità emerse riguarderebbero il «percorso di presa in carico e gestione» dei pazienti in età evolutiva con disforia di genere, «anche per quanto concerne l’utilizzo della terapia farmacologica con triptorelina». L’ispezione si è basata sui documenti degli 85 casi trattati dall’ospedale negli ultimi anni. Nell’esito dell’ispezione viene inoltre comunicato l’avvio di una istruttoria da parte della procura di Firenze sulla base di un esposto. Il ministero della Salute ha invitato la Regione Toscana a procedere con «una serie di azioni correttive».
L’ispezione ha rilevato il «non corretto recepimento della determina AIFA n. 21756/2019, con particolare riguardo all’obbligo di esigere necessariamente il supporto psichiatrico per l’avviamento al trattamento con triptorelina», la mancata trasmissione dei dati all’AIFA, e «ulteriori criticità, anche di carattere organizzativo» sul «ruolo del neuropsichiatra infantile nell’ambito del percorso di presa in carico e gestione del paziente». Sono i rilievi di cui aveva già parlato Gasparri nell’interrogazione parlamentare.
I problemi, secondo gli ispettori, riguardano quindi soprattutto il sostegno psicologico che dovrebbe essere fornito ai minori prima che inizino un trattamento con la triptorelina. In breve, è un trattamento che si fa in età puberale (cioè durante la transizione dall’infanzia all’età adulta che porta al conseguimento della maturazione sessuale) quando non si ha ancora certezza della propria identità di genere. Farmaci come la triptorelina sono detti bloccanti della pubertà e agiscono sul sistema endocrino: fermano lo sviluppo delle mestruazioni, la crescita delle tette e dei peli, lo sviluppo dei testicoli e l’abbassamento della voce.
Sono già ampiamente utilizzati per il trattamento della pubertà precoce, che avviene prima degli otto o nove anni, e anche contro il tumore al seno e alla prostata. La terapia con i bloccanti non è, insomma, una riassegnazione di genere: non modifica il corpo, ma lo lascia neutrale, e può essere sospesa dopo al massimo quattro anni consentendo la ripresa dello sviluppo puberale nella direzione guidata dagli ormoni prodotti spontaneamente dal corpo in base ai suoi organi sessuali.
La loro azione è considerata generalmente temporanea e reversibile sulla base degli studi scientifici, che però non sono ancora così estesi. Proprio per questo il mese scorso il servizio sanitario nazionale inglese (NHS) ha deciso che non saranno più prescritti ai bambini e ai ragazzi coinvolti in percorsi di trattamento per la disforia di genere, ritenendo che «non ci sono ancora abbastanza prove a sostegno della loro sicurezza e della loro efficacia clinica». Faranno eccezione solo bambini e ragazzi che saranno coinvolti all’interno di studi sperimentali pensati proprio per ampliare le conoscenze sulla materia – uno dovrebbe cominciare entro la fine di quest’anno.
Fino al 2018 in Italia la triptorelina era utilizzata per la sospensione della pubertà in modalità off-label, cioè in modalità diverse dalle indicazioni di utilizzo di quel farmaco, e per questo era pagata dalle famiglie. Nell’aprile del 2018, a seguito della richiesta di alcune società scientifiche, l’AIFA aveva chiesto al Comitato nazionale per la bioetica (CNB) un parere sull’uso della triptorelina per il trattamento di adolescenti con disforia di genere.
Nel luglio del 2018 il CNB aveva pubblicato un documento concludendo che fosse opportuno giustificare l’utilizzo del farmaco «ispirandosi ad un approccio di prudenza, in situazioni accuratamente selezionate da valutare caso per caso» e tenendo conto di una serie di raccomandazioni: che la diagnosi e la proposta di trattamento provenissero da un’équipe multidisciplinare e specialistica, che il trattamento fosse limitato a casi dove gli altri interventi psichiatrici e psicoterapeutici erano risultati inefficaci, e che il trattamento prevedesse un consenso espresso in modo libero e volontario, con la consapevolezza delle informazioni ricevute.
In seguito al parere, nel febbraio del 2019 l’AIFA aveva inserito la triptorelina nell’elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, suscitando molte critiche soprattutto da parte dei cattolici più conservatori. Nella determina dell’AIFA si parlava della triptorelina per «l’impiego in casi selezionati in cui la pubertà sia incongruente con l’identità di genere (disforia di genere), con diagnosi confermata da una équipe multidisciplinare e specialistica e in cui l’assistenza psicologica, psicoterapeutica e psichiatrica non sia risolutiva».
Sarebbero queste le indicazioni che, secondo Gasparri, Careggi non rispetterebbe. Nella sua interrogazione Gasparri scrive che «ai bambini di età media di 11 anni» che si rivolgono alla struttura non viene «fornita assistenza psicoterapeutica e psichiatrica e che nello stesso ospedale il reparto di neuropsichiatria infantile proprio non esiste».
Gasparri ha commentato l’esito dell’ispezione dicendo che «a Careggi non si sono rispettate le regole, non si è garantita l’adeguata assistenza neuropsichiatrica specializzata per l’infanzia a chi ha dovuto assumere questo farmaco che blocca la pubertà. La Regione ha sbagliato, Careggi ha violato le regole».
Il fatto che i risultati dell’ispezione siano stati comunicati da Gasparri e non dal ministero è stato però molto contestato dalla Regione Toscana, governata dal Partito Democratico. Il presidente Eugenio Giani e l’assessore regionale al Diritto alla salute Simone Bezzini hanno commentato la notizia sostenendo che sia «inquietante che su una materia così delicata vengano anticipati pubblicamente alcuni contenuti, con modalità da campagna elettorale, relativamente a una relazione ispettiva che non è stata ancora consegnata alla Regione Toscana». Hanno aggiunto che «si tratta di un grave vulnus istituzionale. Quando la relazione ci verrà messa a disposizione faremo un approfondimento di merito e risponderemo al ministero della Salute».